Serva
di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I – Capitolo X
Comportamento di S. Giuseppe alla morte dei suoi genitori
Assiste la madre morente – Quando il nostro Giuseppe arrivò all’età
di diciotto anni, piacque al Signore, di togliere dal mondo i suoi genitori. Prima
sua madre, la quale ammalatasi gravemente, ebbe una lunga e penosa infermità,
volendo Dio, con questo, purificarla da tutte le sue mancanze per poterla poi mandare
al Limbo. Dio le fece questa grazia per le suppliche che continuamente gli porgeva
il figlio, e cioè, che si degnasse di mandare i suoi genitori a riposare nel
seno di Abramo. Fu mirabile l’assistenza e la servitù che il nostro Giuseppe
fece a sua madre, consolandola e confortandola nei suoi dolori, e porgendo continue
suppliche a Dio affinché le avesse dato pazienza nella sua penosa infermità.
Il Santo Giovane vegliava le notti intere, in parte assistendo la madre, e in parte
pregando per lei; e siccome le aveva sempre mostrato una somma gratitudine per quello
che aveva ricevuto da lei, in quest’ultimo istante della sua vita gliela mostrò
in un modo singolarissimo, non abbandonandola mai, e non stancandosi mai di servirla
ed assisterla con amore veramente filiale e santo. L’assistenza del figlio era di
molta consolazione all’inferma, e continuamente lo benediceva e pregava Dio di ricolmarlo
delle sue benedizioni. Alla fine della sua vita, Giuseppe si prostrò inginocchiato
davanti a lei, e la supplicò di benedirlo e di perdonargli tutto quello in
cui l’avesse disgustata. La buona madre lo benedisse, e lo esortò a non tralasciare
il modo in cui egli aveva vissuto fino ad allora, e a crescere sempre più
nell’amore e nel servizio del suo Dio; lo ringraziò dell’assistenza e della
servitù prestatale, e lo stesso fece il figlio verso di lei. Le disse anche
che morisse volentieri perché egli sperava di certo che la sua anima sarebbe
andata al Limbo, fra i Santi Padri. La madre si consolò molto per le parole
che le disse il figlio, e supplicò Dio affinché lo benedicesse, e confermasse
con la sua benedizione, quella che lei gli aveva dato; e Dio per mostrare che esaudiva
la sua domanda, le fece vedere una chiarissima luce risplendere sul volto di Giuseppe,
della quale restò molto consolata, e unita al figlio, rese grazie a Dio del
favore mostratole.
Poi l’inferma si aggravò molto, e quando entrò in agonia, il figlio
non la lasciò mai, assistendola fino all’ultimo respiro con grande generosità
e fortezza d’animo; e non solo assisteva la madre, ma confortava anche suo padre,
che era molto afflitto per la perdita di una così buona compagna.
Prega e consola il padre – Morta la madre, il nostro Giuseppe si trattenne
a consolare un po’ suo padre, e poi si ritirò nella sua stanza a dare sfogo
al dolore col solito tributo delle lacrime, poi si mise in preghiera supplicando
il suo Dio di volerlo consolare in tanta sua afflizione. In questa preghiera Dio
non mancò di consolarlo, facendogli sentire la voce interiore che gli diceva
che erano stati adempiti i suoi desideri e le sue giuste domande circa sua madre;
per cui, tutto consolato il Santo Giovane, rese grazie a Dio, poi uscito dalla sua
stanza, andò di nuovo a consolare suo padre, che si consolò e confortò
molto per le parole che gli disse il figlio.
Sua conformità al volere di Dio – La notte seguente mentre Giuseppe
dormiva, l’Angelo gli parlò e gli disse che sua madre si trovava già
al Limbo, e che in breve sarebbe rimasto privo anche di suo padre, perciò
che si uniformasse alla volontà divina, e che non avesse alcun timore, perché
Dio lo avrebbe sempre protetto e difeso in tutte le sue vie. Il Santo restò
molto consolato per la notizia avuta della sua buona madre, ma insieme afflitto per
dover perdere anche il padre. Si uniformò però alla volontà
divina, e si animò a soffrire i molti travagli che gli sovrastavano per la
perdita del padre, dando fede a quanto l’Angelo gli aveva detto, e cioè che
Dio l’avrebbe sempre protetto in tutte le sue vie. L’umanità, peraltro, sentiva
al vivo tutto quello che prevedeva dover soffrire, ma lo spirito si mostrò
prontissimo a soffrire tutto e a ricevere tutto con pazienza ed allegrezza dalle
mani di Dio. Essendo rimasto il nostro Giuseppe privo della madre, e vedendo suo
padre in grande afflizione, l’andava confortando continuamente, e non l’abbandonò
mai in questa sua afflizione, facendo le parti di buon figlio verso l’amato genitore.
Al letto del padre morente – Non passò molto tempo, che il padre di
Giuseppe cadde malato di una malattia mortale, e siccome il nostro Giuseppe era molto
indebolito di forze corporali per i travagli e i patimenti sofferti nella penosa
infermità della madre, sentì molta pena e si raccomandò molto
a Dio affinché l’avesse assistito con la sua grazia, e dato la forza e lo
spirito per poter assistere suo padre nella sua ultima infermità. Dio lo consolò
accrescendogli le forze, ed egli si impiegò tutto ad assistere suo padre;
non l’abbandonò mai giorno e notte, servendolo ed assistendolo con grande
carità ed amore, animandolo a soffrire con pazienza i dolori e le angustie
che suole apportare il male, che fu sofferto dall’infermo con grande generosità
e pazienza; e solo gli portava afflizione il pensiero che aveva per il suo figliolo,
e che rimanendo solo e abbandonato, avrebbe dovuto soffrire grandi travagli. Ma il
figlio lo consolava, dicendogli che morisse pure tranquillo e che non pensasse a
lui, perché sperava che Dio l’avrebbe protetto e aiutato in tutti i suoi bisogni;
e cosi l’infermo si acquietava, e si confidava tutto in Dio, sicurissimo che avrebbe
avuto tutta la cura del suo Giuseppe, perché conosceva che l’amava molto.
Lasciò poi il figlio erede di tutte le sue facoltà, affinché
se ne fosse servito come a lui fosse piaciuto, perché già sapeva che
il figlio le avrebbe bene impiegate; e come buon padre, gli ricordò molte
cose, raccomandandogli il timore e l’amore di Dio e l’amore verso il suo prossimo.
Giuseppe stava ad ascoltare le parole di suo padre con grande umiltà e sottomissione,
e dopo lo ringraziò di quanto gli aveva detto, e gli promise di fare quel
tanto che gli diceva per il suo bene e per la gloria del suo Dio. Di questo il padre
rimaneva sempre più consolato, e diceva al figlio: «Figlio mio, io
muoio contento, perché vedo che tu sei bene impiegato nell’esercizio delle
virtù e che ami e temi Dio, ed anche perché ti lascio erede di molti
beni con i quali ti puoi mantenere nel tuo stato e puoi fare delle elemosine secondo
il vostro desiderio. Ti raccomando perciò la mia anima; sia tua cura impetrarmi
da Dio la remissione dei miei peccati trascorsi e la grazia di andare in un luogo
di salvezza; non ti scordare mai di me e di tua madre, perché hai già
conosciuto quanto ti abbiamo amato, e la cura particolare che abbiamo avuto di te.
Ora, altro non mi resta, che darti la mia paterna benedizione e supplicare il nostro
Dio che la confermi con le sue benedizioni ti ricolmi sempre più delle sue
grazie». A queste parole, l’umile Giuseppe si prostrò a terra, e
domandando la benedizione a suo padre, e molto più al suo Dio, ricevette la
benedizione dal padre e da Dio insieme; poi con le lacrime agli occhi ringraziò
il padre di tutto il bene che gli aveva fatto, della buona educazione, dei buoni
esempi che gli aveva dato, e gli domandò perdono di tutto quello che aveva
fatto contro il suo volere e di quanto l’avesse potuto disgustare. Ma suo padre,
non avendo ricevuto mai alcun disgusto dal figlio, anzi avendone ricevuto piuttosto
gusto e consolazione, gli disse che non aveva di che perdonargli, perché mai
l’aveva disgustato; ma il santo Figliolo, non contento di questo, non si volle alzare
da terra se prima il padre non gli avesse assicurato il perdono. Il padre per compiacerlo
e per non privarlo di quella soddisfazione, gli disse che lo perdonava di tutto di
buon cuore; di questo il figlio rimase molto contento e soddisfatto, e fece al padre
affettuosi ringraziamenti. Poi gli domandò il permesso di dare ai poveri e
al Tempio le facoltà che gli lasciava, e suo padre mise il tutto in sua libertà,
affinché ne disponesse come a lui fosse piaciuto, e come fosse stato di volontà
di Dio. Tutto contento di ciò, Giuseppe ringraziò di nuovo il padre
e l’assicurò che lui non si sarebbe scordato né della madre, né
del padre, che perciò andasse pure sicuro e quieto.
Ultima assistenza – L’infermo si andava aggravando, e Giuseppe accresceva
la servitù e l’assistenza, e molto più le preghiere e le suppliche
al suo Dio per la salvezza eterna del suo buon padre, e Dio gliene diede una stabile
sicurezza; rallegratosi di ciò, il Santo ne rendeva continue grazie a Dio.
Poi, il nostro Giuseppe si offrì a Dio, e lo supplicò di volersi degnare
di far soffrire alla sua propria persona quel tanto che conveniva soffrire a suo
padre, in sconto di quei debiti che avesse contratto con la divina giustizia, affinché
l’anima di suo padre fosse andata addirittura al Limbo dei Santi Padri. Dio l’esaudì,
per cui il nostro Giuseppe soffrì per più ore gravissimi dolori, con
grande rassegnazione, godendo di scontare con questo, le pene dovute a suo padre;
perciò ne ringraziava Dio affettuosamente, e rimanendo molto più sicuro,
che il suo genitore sarebbe andato a riposare, dopo la morte, con la sua anima nel
seno di Abramo, alzando le mani al cielo con giubilo di cuore, lodava e ringraziava
la divina bontà.
Morte del padre – Arrivato agli ultimi estremi della vita, il padre fu assistito
dal figlio con grande carità ed amore, animandolo sempre ed esortandolo a
confidare nella bontà e misericordia del suo Dio e ad andare allegro, mentre
era certo che sarebbe andato in un luogo sicuro. Il moribondo ebbe molta consolazione
per l’assistenza del figlio, e morì con grande rassegnazione e sicurezza della
sua salvezza eterna. Quando l’infermo spirò, il nostro Giuseppe si ritirò
a pagare alla natura il solito tributo delle lacrime, e ne aveva ben ragione, mentre
restava privo di un padre tanto a lui benefico ed amorevole, e che gli aveva dato
una così buona educazione. Dato che ebbe qualche sfogo al dolore, si mise
genuflesso al cospetto del suo Dio, e qui con lacrime lo supplicò del suo
aiuto dicendogli: «Dio di Abramo, d’Isacco e di Giacobbe! Dio mio! Ecco
che sono rimasto privo del padre e della madre, che a Te è già piaciuto
levare dalle miserie di questa fragile vita. Ora io ti supplico di volerti degnare
di ricevermi tutto sotto la tua protezione, mentre io di nuovo tutto a Te mi dono
e sacrifico. Io sono sempre stato protetto e difeso da Te e sono sempre stato tuo
schiavo, ma ora di nuovo a Te mi dedico, e ti supplico di avere di me tutta la cura
e sopra di me tutto il dominio. Ora io non sono soggetto ad altri che a Te. Dio mio!
fammi dunque la grazia che anch’io possa dirti col Real Profeta: Mio padre
e mia madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha raccolto (Salmo 26,
10). Da ora innanzi Tu sarai mio Padre, il mio protettore, mia madre e tutto il
mio sostegno e rifugio; fa’ di me e di ciò che mi appartiene quello che ti
piace, e si adempia in me la tua divina volontà in tutte le cose; fammela
intendere, perché io sono prontissimo ad eseguirla in tutto e per tutto».
Mentre Giuseppe diceva questo al suo Dio, restò molto consolato, mentre Dio
gli fece udire la sua voce interiore, e gli disse che stesse pur sicuro perché
Lui aveva udito la sua preghiera, e che sarebbe stato sempre protetto e rimirato
da lui con paterno amore. Il nostro Giuseppe rese grazie a Dio per il sublime favore
che gli faceva e, tutto consolato, si levò dall’orazione.
Prove penose e sua pazienza – Il Santo Giovane passò poi molti travagli
perché, conoscendo tutti la sua bontà, ognuno si faceva lecito di togliergli
chi una cosa, chi un’altra, e specialmente le persone di servizio di casa prendevano
la roba e quello che a loro piaceva. Giuseppe si accorgeva di tutto, e non faceva
altro risentimento, solo che ammonirli di non fare quelle offese a Dio, e a non aggravare
la propria anima, ma siccome il Santo era di sua natura piacevole, benigno e caritatevole,
non lo stimavano, e abusavano della sua bontà. Giuseppe, vedendo che non desistevano
dal danneggiarlo, affinché non offendessero Dio, si decise di dare loro licenza
e di donare loro quel tanto che si erano usurpati, e così fece. Da ciò
presero motivo di oltraggiarlo con parole ingiuriose: e siccome il demonio li istigava
molto per sfogare la sua rabbia contro il Santo, faceva sì che fosse maltrattato
ed offeso da quelli stessi che lui aveva tanto beneficato. Il Santo soffrì
con grande pazienza tutte le ingiurie senza affatto alterarsi. Gli furono anche tolti
i beni dai parenti del padre, con la condizione di volere Giuseppe in casa loro,
ma il Santo lasciò loro tutto in pace, e non volle mai accordarsi di andare
a stare con i parenti, perché aveva già stabilito di andare ad abitare
a Gerusalemme per poter frequentare il Tempio; questi si adirarono molto contro il
Santo Giovane, e non potendolo rimuovere dal suo proposito con le lusinghe, lo fecero
con le minacce. Molte volte fu maltrattato e offeso da loro con fatti e con parole,
e il Santo soffriva tutto con ilarità di spirito, e non si vide mai adirato
o inquieto. Tanto si inoltrarono, che spogliarono il Santo Giovane di tutte le sue
molte facoltà; e trovandosi in questa afflizione si rivolse al suo Dio domandandogli
aiuto in tanta sua necessità, e che si fosse degnato di manifestargli la sua
volontà e che cosa doveva fare. Dio non tardò a consolarlo, mentre
nella notte l’Angelo gli parlò nel sonno, e gli disse che avesse venduto quello
che gli era rimasto, e che ne avesse dato in parte ai poveri, e in parte ne avesse
portata ad offrire al Tempio; e che per sé si fosse lasciata poca porzione,
perché Dio lo voleva povero; che fosse andato ad abitare a Gerusalemme e qui
avesse imparato l’arte del falegname per guadagnarsi il vitto quotidiano e che in
tal modo fosse vissuto fin tanto che Dio avesse voluto disporre altro di lui; che
si fosse conservato vergine come già aveva promesso prima a Dio e che fosse
vissuto lontano più che poteva dal commercio degli uomini, affinché
il suo candore e la sua innocenza non avessero patito detrimento alcuno, e che stesse
certo che Dio l’avrebbe sempre protetto e difeso e ricolmato delle sue benedizioni.
Tanto disse l’Angelo a Giuseppe, e tanto bastò perché Giuseppe eseguisse
il tutto con prontezza.
Vendette tutto quello che gli era rimasto, e nel fare questo dovette soffrire grandi
rimproveri e persecuzioni. Non era padrone di uscire di casa, che chiunque lo vedeva,
lo prendeva in giro e lo maltrattava, dicendogli dissipatore delle paterne sostanze,
e che tutto sprecava; chiamandolo chi insensato e pazzo, chi uomo da niente, e chi
vagabondo ed ozioso; infatti ognuno si permetteva di maltrattarlo. Il Santo Giovane
soffriva il tutto con grande pazienza senza mai rispondere ad alcuno; e nonostante
si potesse giustamente lamentare dei suoi congiunti che l’avevano spogliato delle
sue facoltà, non lo fece mai; ma soffrì tutto con silenzio e pazienza.
Avendo poi venduto quello che gli era rimasto, per eseguire quel tanto che l’Angelo
gli aveva detto, e saputosi questo dai suoi congiunti, costoro presero il Santo Giovane,
lo percossero malamente e lo maltrattarono come dissipatore della roba a loro dovuta.
Il nostro Giuseppe soffrì le ingiurie e le percosse con grande tolleranza,
e non fece di questo risentimento alcuno, ma prostrato in orazione davanti al suo
Dio, lo supplicò di volersi degnare di difenderlo e liberarlo dalle mani dei
suoi avversari, così come aveva liberato il santo Davide dalle mani dei suoi
nemici e tanti altri, che la sua bontà aveva protetto e difeso.
Consolato da Dio – Stando così afflitto, Dio non tardò a consolare
il suo fedelissimo servo, e gli parlò interiormente assicurandolo della sua
protezione e del suo aiuto, ed animandolo a soffrire con pazienza quel travaglio,
perché gliene avrebbe data un’abbondante ricompensa. Giuseppe rimase molto
consolato per le promesse del suo Dio, e animato a soffrire molto più quando
gli fosse occorso; ma Dio non permise che fosse più molestato e travagliato,
avendo per allora sperimentato abbastanza la sua fedeltà e la sua grande pazienza.
Per cui tutti lo lasciarono in pace, ed il santo Giovane. quando ebbe venduto tutto
e raccolto il denaro insieme, ne fece un’offerta a Dio supplicandolo di ricevere
quell’offerta, e che per se stesso non voleva cosa alcuna se così a Lui fosse
piaciuto. La notte l’Angelo gli parlò di nuovo, e gli disse che partisse subito
dalla sua patria e se ne andasse a Gerusalemme, che qui giunto al Tempio gli avrebbe
detto di nuovo quello che doveva fare; e la mattina subito parti.