Serva
di Dio
Maria Cecilia Baij O.S.B. (1694-1766)
VITA DI SAN GIUSEPPE
Libro I – Capitolo VIII
Affetto e particolare compassione di S. Giuseppe
verso i moribondi
Sua compassione per
i moribondi – Oltre ai molti doni che Dio si compiacque di dare al nostro Giuseppe,
uno singolare fu quello verso i poveri moribondi. Era tanta la compassione che egli
ne aveva, che aveva quiete quando sapeva che qualcuno si trovava in questo stato,
perché il Santo capiva bene quanto grandi siano i pericoli che si incontrano
in quegli ultimi momenti di vita e come i demoni allora fanno ogni sforzo per guadagnare
e condurre le anime alle pene eterne. Una volta fu avvisato nel sonno dal suo angelo,
che gli manifestò il pericolo grande in cui si trovano i moribondi, e la necessità
che hanno di essere aiutati in quell’ultimo conflitto; e mentre l’Angelo gli manifestava
tutto questo, Dio infuse nel suo cuore una compassione ed una carità ben grande
verso i moribondi. Fece questo con somma provvidenza, perché, avendolo Dio
destinato come avvocato dei moribondi, volle che anche in vita si esercitasse in
quest’opera di tanta carità, e gli diede un grande amore e una grande compassione
verso gli agonizzanti, facendogli anche intendere i grandi bisogni che essi hanno
in quegli ultimi momenti, dai quali dipende un’eternità, o di eterna beatitudine,
o di eterna infelicità e miseria. Per questo, il nostro Giuseppe, acceso di
un vivo desiderio di giovare ai moribondi, si struggeva tutto quando sapeva che qualcuno
si trovava in agonia, e stava ore intere in ginocchio a supplicare il suo Dio per
il felice passaggio di quell’anima, perché andasse a riposarsi nel seno di
Abramo.
Sua assistenza – Quando sapeva questo, non c’era per lui né cibo, né
riposo, ma era tutto applicato a supplicare Dio per i bisogni del moribondo, e quando
aveva la fortuna di trovarsi presente, non lo lasciava mai fin quando non era giunto
al termine della vita, animandolo a confidare nella divina misericordia e a superare
gli assalti dei nemici infernali. I moribondi provavano un grande conforto per l’assistenza
del Santo e i demoni restavano molto abbattuti per le preghiere che faceva; e Dio
gli concesse questa grazia che tutti coloro a cui il Santo si trovava presente alla
loro morte non perissero, ma andassero, in parte al Limbo e in parte in Purgatorio.
Il Santo lo conosceva con grande chiarezza, e di questo si consolava molto e ne rendeva
grazie a Dio.
Sforzi del demonio – Il demonio si infuriò molto per quest’ufficio
di grande carità che il Santo praticava, ed una notte, fra le altre, che aveva
perso un’anima per l’assistenza del Santo, gli apparve con un aspetto spaventoso
e orribile e lo minacciò di volerlo precipitare, se non avesse desistito da
un tale ufficio. Il Santo si intimorì nel vedere quell’orribilissimo mostro
e fece ricorso a Dio domandandogli il suo aiuto; per questa preghiera il dragone
infernale scomparve e il nostro Giuseppe restò in orazione, dove udì
la voce del suo Dio che l’animava a non temere, ma a continuare a fare la carità
ai moribondi, di cui egli ne aveva un sommo compiacimento. Il Santo, animato e tutto
consolato dalla voce interiore, si infiammò molto di più di carità
verso i moribondi, e continuava ad aiutarli con le sue ferventi orazioni, e si stimava
felice colui che poteva averlo presente alla sua morte. Infatti era felice non solo
perché era liberato dagli assalti furiosi dei nemici infernali, ma perché
la sua anima, per le preghiere del Santo, andava in un luogo di salvezza.
Persecuzioni dei malvagi – Anche per questa carità, che il nostro Giuseppe
esercitava, passò molti travagli e persecuzioni da parte di gente malvagia
e istigata dal demonio, ma non per questo desistette mai dal fare quest’ufficio tanto
gradito a Dio e tanto utile al prossimo, e spesso il suo Angelo gli parlava per animarlo.
Una volta, fra le altre, quando il Santo Giovane era molto afflitto per le persecuzioni,
l’Angelo gli parlò nel sonno e gli disse da parte del suo Dio che stesse di
buon animo e che continuasse a fare quell’opera di grande carità, perché
Lui gli prometteva di fargli una grazia grande e specialissima alla sua morte. Non
gli manifestò che grazia fosse, ma fu ben grande, perché ebbe la sorte
di morire in mezzo a Gesù e Maria, con la loro amorosa assistenza. Giuseppe,
animato dall’avviso dell’Angelo, continuò l’opera di carità, e non
desistette mai, per quanto gli fosse impedito o per una parte o per l’altra, perché
il demonio si affaticava molto per distoglierlo, ma non gli riuscì mai poiché
il Santo Giovane era animato e fortificato dalla grazia divina e quando si trattava
di fare qualcosa che fosse gradita al suo Dio, si impegnava tutto e non c’era chi
lo potesse distogliere dall’opera intrapresa per gloria di Dio e profitto del suo
prossimo.
Preghiere e lacrime per i moribondi – Alle volte veniva avvisato dal suo Angelo
della necessità che qualche moribondo aveva delle sue orazioni, e il Santo
si svegliava e si metteva subito in orazione, pregando Dio perché si degnasse
di assistere con la sua grazia quel povero agonizzante, e non si levava dalla preghiera
fino a quando Dio non lo assicurava del suo aiuto. Molte volle gli veniva manifestato
dall’Angelo come fosse molto grande il numero di coloro che perivano eternamente;
di questo il Santo Giovane si rattristava tanto che passava tutto quel giorno in
amarissimo pianto e si addolorava che non potesse trovarsi presente alla morte di
tutti per poterli aiutare a morire bene. Rivolto al suo Dio con caldi sospiri, lo
pregava di mandare presto il Messia promesso, perché liberasse le anime dalla
dura schiavitù di Lucifero e le riscattasse per mezzo della Redenzione. Quando
poi era così afflitto e piangente, e i suoi genitori gli chiedevano qual era
la causa del suo pianto, rispondeva con tutta franchezza e con grande umiltà:
«Piango la perdita irreparabile di tante anime che il nostro Dio ha creato
per condurle all’eterno riposo, ma esse, per loro colpa, si perdono. Il demonio ha
un grande dominio sul genere umano e perciò preghiamo Dio perché si
degni di mandare presto il Messia, affinché gli tolga il dominio e le forze,
e le anime siano libere dalla tirannia di questo superbo dragone». Diceva
questo con grande sentimento e compassione in modo tale che anche i suoi genitori
piangevano in sua compagnia e si applicavano a porgere calde suppliche a Dio perché
si fosse degnato di mandare presto il Messia promesso. Molte volte ancora impetrò
da Dio la salvezza dei peccatori ostinati, che erano in procinto di perdersi, e il
Santo si poneva in orazione supplicando Dio di restituire loro la salute affinché
si fossero ravveduti dai loro errori e si fossero poi salvati. Per ottenere questa
grazia impiegava giorni interi nella preghiera, accompagnandola anche con il digiuno.
Perciò capitava rare volte che il Santo non ottenesse la grazia che domandava,
e tutto quello che faceva era nascosto agli occhi degli uomini e manifesto solo al
suo Dio.
Premiato da Dio – Quanto poi fossero gradite a Dio le preghiere del nostro
Giuseppe e la carità che esercitava verso i moribondi, lui stesso ne era testimone
mentre Dio non tralasciava di esaudirlo e molto spesso di consolarlo con le divine
consolazioni, facendo godere al suo spirito, molto spesso, la soavità e la
sua dolcezza in modo tale, che alle volte ne restava tutto assorto, e diceva con
il santo Re Davide: «Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma la roccia
del mio cuore è Dio, è Dio la mia sorte per sempre», (Salmo
72, 25). E ripieno della consolazione divina stava giorni interi senza cibarsi, sentendo
una sazietà mirabile, e tutto ripieno dello spirito di Dio, non sapeva né
parlare, né pensare ad altro che al suo Dio, l’amore del quale tutto lo riempiva
ed occupava.