Impressionanti analogie spirituali tra
Notre Dame e la Basilica di San Benedetto a Norcia
da “Opzione Benedetto” di Rod Dreher
Nell’agosto 2016, un terremoto devastante scosse la loro regione. Quando la scossa arrivò nel bel mezzo della notte, i monaci erano svegli a pregare il mattutino e fuggirono dal monastero riparando per sicurezza nella piazza all’aria aperta.
Più tardi, padre Cassiano rifletté che il terremoto simboleggiava lo sbriciolarsi della cultura cristiana dell’Occidente, ma che c’era un secondo simbolo di speranza quella notte.
«Il secondo simbolo erano le persone raccolte attorno alla statua di san Benedetto, in piazza, per pregare», scrisse ai sostenitori. «È l’unico modo di ricostruire».
Le scosse lasciarono la basilica strutturalmente troppo instabile per il culto, e la maggior parte del monastero divenne inabitabile. I fratelli abbandonarono la città dopo l’evacuazione e si trasferirono nel loro terreno sul versante della montagna, poco fuori dalle mura di Norcia. Piantarono alcune tende in mezzo alle rovine di un monastero più antico e continuarono la propria vita di preghiera, interrotta soltanto da visite in città per il servizio pastorale tra i suoi abitanti.
Nel loro esilio, i monaci ricevettero visitatori famosi, compreso il cardinale Robert Sarah, a capo dell’ufficio liturgico del Vaticano. Il cardinale Sarah benedisse la residenza temporanea dei monaci, celebrando la Messa con loro, e disse loro: «[la vostra tendopoli-monastero] mi ricorda Betlemme, dove tutto ebbe inizio».
«Sono sicuro che il futuro della Chiesa risiede nei monasteri», disse il Cardinale, «perché dove c’è preghiera, là c’è futuro».
Cinque giorni dopo, più terremoti scossero Norcia. La croce in cima alla facciata della basilica precipitò al suolo. E poi, la mattina presto di domenica 30 ottobre, arrivò il terremoto più forte che avesse colpito l’Italia negli ultimi trent’anni, con l’epicentro poco a nord della città. La trecentesca basilica di San Benedetto, patrono d’Europa, precipitò violentemente a terra. Soltanto la facciata rimase in piedi. Non fu così per nessun’altra chiesa di Norcia.
Mentre la polvere si alzava ancora dalle macerie, padre Basilio si inginocchiò sulle pietre della piazza, di fronte alla basilica in rovina e pregò, accompagnato dalle monache e da alcuni anziani norcini, compreso un signore in sedia a rotelle. Più tardi, un filmato amatoriale postato su YouTube mostrava padre Basilio, padre Benedetto e padre Martino correre tra le macerie nelle vie della città, alla ricerca dei moribondi che avessero bisogno del viatico. Per grazia di Dio, non ce n’erano.
[…] Il mattino seguente, mentre il sole sorgeva su Norcia, padre Benedetto, che presto avrebbe sostituito come priore il pensionando padre Cassiano, inviò un messaggio agli amici del monastero in tutto il mondo. Disse che nessun norcino aveva perso la vita nella scossa perché avevano badato alle avvisaglie delle precedenti oscillazioni e avevano lasciato la città. «Dio ha passato due mesi a prepararci per la distruzione completa della chiesa del nostro patrono, di modo che quando infine è successo l’avremmo guardata con orrore ma al sicuro, da sopra la città», scrisse il sacerdote.
Padre Benedetto aggiunse: «Questi sono misteri che richiederanno anni – non giorni o mesi – per essere compresi».
Sicuramente è vero. Effettivamente, quando lasciai Norcia pochi mesi prima in quell’anno, invidiavo ai monaci la sicurezza della loro roccaforte montana. Ma mi sbagliavo. Non c’è alcun luogo su questa Terra interamente al sicuro dalla catastrofe. Quando la terra tremò, la basilica di San Benedetto, in piedi da secoli, precipitò al suolo. Rimane soltanto la facciata, la mera sembianza di una chiesa.
Ma notate questo: poiché i monaci si diressero verso le colline dopo il terremoto dell’agosto, sopravvissero. Dio li ha preservati nella santa povertà della loro Betlemme coperta di tela, dove essi hanno continuato a vivere la Regola come anticamente, compreso il canto della Messa in rito romano antico. Ora possono cominciare a ricostruire in mezzo alle rovine, poiché la resilienza della loro fede benedettina ha insegnato loro ad accogliere questa catastrofe come una chiamata a una santità e a un sacrificio più profondi. A Dio piacendo, un giorno dalle macerie spunterà nuova vita.
Poiché hanno vissuto l’Opzione Benedetto nei momenti buoni, essi hanno costruito dentro di sé la stabilità e la resilienza per sopportare il momento peggiore – e per ricominciare, nei tempi con cui opera Dio.
«Preghiamo e vigiliamo dalla costa della montagna, pensando ai lunghi anni che san Benedetto trascorse nella grotta prima che Dio decidesse di chiamarlo a diventare una luce per il mondo», scrisse padre Benedetto. «Fiat. Fiat.» Così sia. Così sia.
Chi ha orecchi per intendere intenda quello che lo Spirito sta dicendo alle Chiese.