Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
TRATTATO III. DELLA RETTITUDINE E PURITÀ D’INTENZIONE CHE DOBBIAMO AVERE NELLE OPERE NOSTRE
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CAPO VI. Di alcuni rimedi contro la vanagloria.
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1. Come preparar ci contro la vanagloria.
2. Conoscere la vanità dei giudizi degli uomini.
3. Riflessione di S. Bonaventura, guardarsi dalle proprie lodi.
4. Tenere occulte le buone opere, e alle palesi aggiungerne altre nascoste.
5. Retta intenzione.
6. Cognizione di se stesso.
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1. Il glorioso S. Bernardo nel sermone decimoquarto sopra il Salmo novantesimo, e particolarmente sopra quel versetto: «Camminerai sopra l’aspide e sopra il basilisco, e calpesterai il leone ed il dragone» (Ps. 90, 13) va dichiarando, che come questi animali sogliono nuocere quali coi morsi, quali coll’alito, quali coll’unghie, e alcuni di essi sogliono spaventare col ruggito; così il demonio invisibilmente nuoce e fa male agli uomini in tutti questi modi. E va applicando la proprietà di questi animali a diverse tentazioni e vizi, coi quali il demonio ci fa guerra: e venendo al basilisco dice che del basilisco si narra una cosa assai strana e terribile, che colla sola sua vista infetta talmente l’uomo, che l’uccide. Il che applica il Santo al vizio della vanagloria, uniformemente a quelle parole di Cristo: «Badate di non fare le vostre buone opere alla presenza degli uomini, col fine di esser veduti da loro» (Matth. 6, 1): come se avesse detto: Guardatevi dagli occhi del basilisco.
Avverti però che del basilisco si dice, che non ammazza se non quello che egli vede prima; ma se tu vedi prima lui, non ti nuoce; anzi dicono che con esser veduto prima il basilisco, egli è che muore. Così dice che avviene in questo vizio della vanagloria, che non ammazza se non i ciechi e i negligenti, i quali se gli vogliono mostrare e mettersigli innanzi acciocché li vegga; e non vogliono essi guardarlo i primi, col farsi a considerare quanto vana e inutile cosa è questa vanagloria, perché se tu guardassi prima in questo modo questo basilisco della vanagloria, non ti ammazzerebbe, né ti nuocerebbe, ma tu ammazzeresti lui, distruggendolo e tutto facendolo andare in fumo (S. BERN. in Ps. 90, serm. 13, n. 2).
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2. Questo sia il primo rimedio contro la vanagloria, il procurare noi altri di mirar i primi questo basilisco; il mettersi a considerare e ad esaminare con attenzione, che l’opinione e la stima degli uomini è tutta vento e vanità; poiché né ci dà né ci toglie cosa alcuna; né saremo migliori, perché essi ci stimino e ci lodino, né peggiori, perché mormorino di noi e ci perseguitino. San Giovanni Crisostomo sopra quelle parole del quinto Salmo: «Perché tu benedirai il giusto» (Ps. 5, 12) tratta molto bene questa cosa, dicendo che quel Salmo è per animare un uomo giusto che è perseguitato e sente di sé cattive parole dagli uomini. E acciocché non si perda per questo d’animo e non ne faccia conto, lo conforta il Profeta con quelle parole: perché tu, Signore, benedirai il giusto. E con questo, che danno gli verrà, ancorché tutti gli uomini lo disprezzino, se il Signore degli angeli lo benedice e lo loda? Siccome per contrario, se il Signore non lo benedice e non lo loda, nessuna cosa gli gioverà, benché tutto il mondo lo lodi e lo predichi. E apporta per esempio il santo Giobbe, il quale stando nel letamaio pieno di lebbra, di piaghe e di vermi; perseguitato e schernito dai suoi amici e nemici e dalla propria moglie, era con tutto ciò più beato che tutti essi, perché Dio lo benediceva, cioè perché, sebbene gli uomini lo ingiuriavano e dicevano male di lui, Dio ne diceva bene, asserendo che era «uomo semplice e retto e timorato di Dio e alieno dal far male, e che conservava tuttora l’innocenza» (Iob, 2, 3). E questo lo faceva veramente grande, e i disprezzi degli uomini e il vilipendio del mondo non gli toglievano cosa alcuna.
E così S. Giovanni Crisostomo dice che quel che abbiamo da procurare con ogni diligenza e sollecitudine è la riputazione e la stima nel cospetto di Dio; perché l’esser riputati e stimati presso gli uomini non toglie né dà; onde non accade farne conto (S. CHRYS. Exp. in Ps. 5, n. 6)7. «A me pochissimo importa di essere giudicato da voi, o in giudizio umano», diceva l’Apostolo S. Paolo: io non vo dietro a contentar gli uomini: Dio vorrei contentare, perché egli è il mio giudice. «Chi mi giudica è il Signore» (I Cor 4, 3-4).
S. Bonaventura aggiunge qui un altro punto, dicendo: Non v’adirate contro quelli che dicono male di voi, perché o è vero quello che dicono, o no: se è vero, non è da meravigliarsi che essi ardiscano di dire quello che voi ardiste di fare: se è falso, non vi potranno nuocere. E se con tutto ciò vi sentirete internamente stimolati a fame risentimento, sopportatelo, dice, con pazienza, come chi sopporta un bottone di fuoco: perché siccome il bottone guarisce la piaga, così questa mormorazione vi guarirà di qualche occulta superbia che forse è in voi (S. BONAV. de ext. etc. l. 1, c. 38).
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