Che cosa sei venuto a fare in religione?

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
TRATTATO PRIMO. Della stima, e desiderio, e affezione, che dobbiamo avere a quel, che concerne il nostro profitto spirituale, e d’alcune cose, che a quest’effetto ci aiuteranno

CAPO XV. Che ci aiuterà grandemente il domandare spesso ciascuno a se medesimo: che cosa sei venuto a fare nella religione?

1. A che sei venuto nella religione?
2. Non il luogo fa il religioso, ma le opere.
3. Premura da avere per riuscire buon religioso.
4. Più che per riuscire addottrinato: esempio di S. Doroteo.
5. E l’unico nostro negozio.
6. Viandante in ritardo più si affretta.
7. Esempio.

1. Ci gioverà anche grandemente un altro mezzo per crescere in virtù ed acquistare la perfezione, ed è quello che usava S. Bernardo, come ci riferisce il Surio nella sua vita. «Aveva sempre nel cuore, e molte volte parlando seco stesso diceva: Bernardo, Bernardo, che cosa sei venuto a fare nella religione?» (SUR. S. Bern. vita, l. 1, c. 4). Lo stesso leggiamo del S. Abate Arsenio, che spesso, interrogando se medesimo, si metteva a far i conti seco stesso, e diceva: «Arsenio, Arsenio, a qual effetto hai lasciato il mondo? che intenzione e che fine è stato il tuo in lasciarlo e in ritirarti alla religione?» (S. THEOD. Stud. ). Non fu forse per procurar in essa di piacere totalmente a Dio, e per non curarti punto di piacere e di dar gusto agli uomini, né d’essere stimato da loro? Or attendi a questo, e non far conto dell’opinione e stima degli uomini, perché questo è il mondo che tu hai lasciato, né volere ritornar ad esso col cuore: poiché ti gioverà poco lo stare qui nella religione col corpo, se col cuore stai nel mondo, desiderando l’applauso e la stima degli uomini.Laud. S. Arsen. anach. c. 3; SUR. De S. Ars. erem. § 34

Con questo si eccitavano e si facevano grande animo questi Santi. Con questo stesso dunque abbiamo pure noi altri da eccitarci e da animarci a camminar avanti e a vincere tutte le difficoltà, che si incontrino nella religione. Quando sentirai difficoltà in qualche ubbidienza, dèstati con queste parole: Che cosa sei venuto a fare nella religione? vi sei forse venuto a fare la volontà tua? No certamente, ma a seguire la volontà altrui; perché dunque vuoi fare la tua? Quando sentirai qualche effetto della povertà,. con questo t’hai da far animo: Sei tu forse venuto qua a cercare i tuoi comodi? a vivere in tutto e per tutto provveduto con abbondanza? a non patir mancamento di cosa alcuna? Non sai tu che sei venuto ad esser povero e a patire necessità come vero povero? di che dunque ti lamenti ? Quando ti parrà che non si faccia conto di te, fatti animo e consolati con questo: Sei tu forse venuto alla religione per essere considerato e stimato? No certamente; ma per essere dimenticato dagli nomini e per non apprezzare l’opinione e la stima del mondo: perché dunque ricusi quelle cose per le quali sei venuto, e vuoi tornare a quelle che hai lasciate? Questo è l’essere religioso, il non fare la volontà tua, l’esser povero, il patire necessità, il voler essere dimenticato e che non si faccia conto di te. Questo è esser morto al mondo e vivere a Dio.

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Comportarci come il primo giorno che entrammo nella religione

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
TRATTATO PRIMO. Della stima, e desiderio, e affezione, che dobbiamo avere a quel, che concerne il nostro profitto spirituale, e d’alcune cose, che a quest’effetto ci aiuteranno

CAPO XIV. Che ci aiuterà grandemente il portarci sempre come il primo giorno che entrammo nella religione.

1. Quale e quando venisti in religione?
2. Devi tornare ai primi fervori.
3. Così esortava S. Antonio.
4. Similitudine ed esempio, di S. Bernardo.
5. Devi anzi aumentare quei fervori.
6. Ciò riguarda anche i perfetti.

 

1. Uno di quegli antichi monaci domandò all’abate Agatone come si avesse avuto a portare nella religione, e gli fu da lui risposto: «Guarda qual eri il primo giorno che lasciasti il mondo e fosti ammesso nella religione, e tale mantienti sempre» (De vitis pat. l. 5, lib. 10, n. 8;). Ora se vuoi sapere come sarai buon religioso, e come ti hai da portare per far gran profitto in virtù e in perfezione, sappi che questo è buonissimo mezzo. Considera con quanto fervore e intrepidezza lasciasti il mondo e ciò che avevi in esso, i parenti, gli amici, i conoscenti, la roba, le ricchezze, le comodità, i trattenimenti, e persevera in quel disprezzo del mondo, in quella dimenticanza dei parenti e congiunti e in quell’aborrimento di delizie e di comodità proprie, e in questo modo sarai buon religioso. Considera ancora con quanta umiltà domandasti d’esser ammesso nella religione, e con quanta istanza; come in quel giorno che ti fu detto di sì, ti parve che ti si aprisse il cielo, e rimanesti preso da un gran sentimento di gratitudine e da una grande conoscenza dell’obbligo di servire Dio e la religione per così grande grazia e beneficio. Persevera ora nella medesima gratitudine e nel medesimo umile riconoscimento: stimati adesso per tanto obbligato e tanto debitore, quanto ti stimasti il primo giorno che fosti ricevuto, e in questa maniera profitterai assai nella religione. Inoltre, considera con quanta divozione e modestia, dopo esservi stato accolto, cominciasti a diportarti in quei principi, con che ubbidienza, con che umiltà, con che prontezza, con quanta indifferenza e rassegnazione in ogni cosa; e persevera sempre nello stesso tenore; ché in tal modo andrai avanzando e crescendo in virtù e perfezione.

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Di tre altri mezzi che ci aiuteranno a camminare avanti nella virtù

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CAPO XIII. Di tre altri mezzi che ci aiuteranno a camminare avanti nella virtù.

 

 

1. Considerare i più virtuosi.
2. È facile a farsi nella religione.
3. Obbligo del buon esempio a quei di casa.
4. Vantaggi.
5. Danni del contrario.
6. Obbligo del buon esempio a quei di fuori.

 


1. San Basilio dà un mezzo molto buono per far gran profitto, e lo danno comunemente i Santi: che teniamo cioè volti gli occhi ai migliori e a quelli che più virtuosi si mostrano e più risplendono in virtù, procurando d’imitarli. Il medesimo consigliava S. Antonio abate, e diceva che il religioso deve, come la buona ape, andar cogliendo il meglio dei loro fiori da tutti, per fare il suo miele; da uno apprendere la modestia, da un altro il silenzio, da un altro la pazienza, da un altro l’ubbidienza, da un altro l’indifferenza e rassegnazione. In ciascuno abbiamo a riguardare quella cosa, nella quale più spicca, per imitarlo. Così leggiamo che faceva egli stesso, e con questo arrivò ad essere sì gran santo (S. BASIL. De renunt. saec. et de perf. spir. n. 9; CASSIOD. De coenob. inst. l. 5, c. 4; S. ATHAN. In Vita S. Ant.; S. DOR. Doctr. 16, n. 2-3).

 

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Non fare mancamenti apposta. né allentar nel fervore

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CAPO XII. Che ci aiuterà grandemente all’acquisto della perfezione il non fare mancamenti apposta. né allentar nel fervore.

1. Fragilità e trascuratezza.
2. Costanza nel progredire.
3. E più facile conservare il fervore che ricuperarlo
4. Tiepidi e ferventi.

1. Ci aiuterà anche grandemente a crescere in virtù e perfezione il procurare di non far mancamenti apposta. Due sorte vi sono di mancamenti e di colpe veniali. Alcune, nelle quali incorrono i timorati di Dio per fragilità, o per ignoranza, o per inavvertenza, benché con qualche trascuraggine e negligenza; e queste, come per esperienza lo provano i servi di Dio e quelli che avanti di lui procedono con spirito di verità, non cagionano in loro inquietudine, ma umiltà; né s’accorgono che per esse il Signore torca loro il viso; anzi sperimentano un nuovo favore del Signore e un nuovo spirito con l’umile ricorso, che per cagion di esse a lui fanno.

Vi sono invece altri mancamenti e altre colpe, che avvertentemente ed apposta commettono le persone tiepide e rimesse nel servizio di Dio: e queste impediscono grandi beni, che riceveremmo se non le commettessimo. Per questo il Signore ci torce molte volte il viso nell’orazione e lascia di farci molti favori. Onde se vogliamo avanzarci, e che il Signore ci faccia molte grazie, procuriamo di non far mancamenti e di non commettere colpe simili apposta. Bastino quelle che commettiamo per nostra ignoranza e inavvertenza, senza che andiamo aggiungendovene delle altre. Bastino le distrazioni che abbiamo nell’orazione per l’incostanza della nostra immaginazione, senza che da noi stessi ci andiamo distraendo volontariamente ed apposta. Bastino i mancamenti, che per nostra debolezza e fragilità commettiamo nell’osservanza delle regole, senza che le trasgrediamo avvertentemente.

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Non prendere il problema del nostro profitto in generale, ma in particolare

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TRATTATO PRIMO. Della stima, e desiderio, e affezione, che dobbiamo avere a quel, che concerne il nostro profitto spirituale, e d’alcune cose, che a quest’effetto ci aiuteranno

CAPO XI. Che non abbiamo da pigliare il negozio del nostro profitto in generale, ma in particolare: e quanto importi l’andar mettendo in esecuzione i buoni proponimenti e desideri che il Signore ci dà.

1. Discendere al particolare.
2. Mettere in pratica i buoni propositi.
3. E mezzo per ricevere nuove grazie.
4. Nessun giorno senza linea.

1. Assai ancora ci aiuterà a far profitto un mezzo, che sogliono suggerire comunemente i maestri della vita spirituale; cioè che non pigliamo questo negozio del nostro profitto in generale e in comune, ma in particolare e a parte per parte. Cassiano dice (CASS. Coll. 1, c. 2-4; M. P L. v. 49, col. 483 segg.) che l’abate Mosè, in una conferenza spirituale, domandò ai suoi monaci, che cosa intendevano con tante fatiche, con tante astinenze e vigilie, con tanta orazione e mortificazione; qual era il fine loro; e che essi risposero: il regno dei cieli. Soggiunse egli: questo è l’ultimo fine: però io non domando di questo, ma del fine immediato e particolare, nel quale avete da metter gli occhi per venir a conseguire quest’ultimo fine. Perché, come il contadino, ancorché il suo fine sia raccogliere assai grano e aver abbondantemente da vivere, impiega nondimeno tutta la sua diligenza e sollecitudine in lavorare e coltivare il terreno, e in tenerne levate l’erbe cattive, perché questo è mezzo necessario per arrivare a quel fine; e come il mercante, ancorché il suo fine sia farsi ricco, nondimeno mette ogni sua cura in considerare quali negozi e qual modo di negoziare gli sarà più a proposito per arrivare al suo fine, e su questo applica tutte le sue industrie e diligenze; così ha da fare il religioso. Non basta che dica in generale: io intendo di salvarmi; voglio essere buon religioso; desidero di essere perfetto; ma è necessario che ponga gli occhi in particolare nella passione che più lo predomina, e nella virtù che più gli manca, e che quella procuri mortificare e questa acquistare. perché in questa maniera, camminando passo passo e procedendo con diligenza e sollecitudine, ora circa una cosa ed ora circa un’altra, verrà meglio a conseguire quello che desidera. Questo è il mezzo che un certo altro padre dell’eremo diè a quel monaco, il quale, dopo essere stato molto diligente e infervorato, allentò negli esercizi spirituali e si ridusse a grande tiepidezza. E desiderando egli di ritornare al suo pristino stato, ma trovando serrata la strada e parendo gli cosa molto difficile, non sapeva da che banda incominciare. E quel padre lo consolò e gli fece buon animo con quella parabola, o esempio, di colui che mandò il suo figliuolo a nettare la possessione, che era piena di spine e di sterpi; ma il figliuolo, vedendo che vi era troppo che fare, si perdé d’animo e si pose a dormire, senza far cosa alcuna né un giorno né l’altro. Onde il padre gli disse: figliuolo, tu non hai da mirare né da apprendere tutto insieme ciò che vi è da faticare, ma ogni giorno far qualche cosa, quanto basta a tenere occupate le braccia di un uomo. Così fece egli, e in questo modo tra poco tempo restò netta tutta la possessione.

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Un’altra ragione per cui ci importa tener conto delle cose piccole

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CAPO X. Di un’altra ragione principale, per la quale c’importa grandemente il far conto delle cose piccole.

1. Grazia sufficiente e grazia efficace.
2. Questa è data a chi è liberale con Dio.
3. Chi sarà tale?
4. Come un peccato possa essere castigo di un altro peccato.
5. Modo di meritare gli aiuti speciali di Dio.
6. Fedele nel poco, fedele anche nel molto.

 

1. Importa anche grandemente il far conto delle cose piccole per un’altra ragione molto principale, ed è che, se noi siamo trascurati e negligenti nelle cose piccole e facciamo poco conto di esse, abbiamo molto da temere che per questo Dio non ci neghi i suoi particolari e speciali aiuti e grazie, sì per resistere alle tentazioni e per non cadere in peccato, come per acquistar la virtù e perfezione che desideriamo; e che quindi non veniamo a cadere in un gran male.

Per meglio intender questo, bisogna presupporre una molto buona teologia, che c’insegna l’Apostolo S. Paolo, scrivendo a quei di Corinto, che Dio Nostro Signore non nega mai ad alcuno l’aiuto e soccorso soprannaturale, che è necessario e sufficiente, acciocché, volendo egli, non sia vinto dalla tentazione, ma possa resistere e restar vittorioso. «Fedele è Dio, il quale non permetterà che voi siate tentati oltre il vostro potere, ma darà colla tentazione lo scampo, affinché la possiate sostenere » (I Cor 10, 13). È fedele Dio, dice l’Apostolo, e potete star ben sicuri che egli non permetterà mai che siate tentati più di quello che potete sopportare; e se vi aggiungerà maggiori travagli e verranno maggiori tentazioni, aggiungerà anche maggior aiuto e favore, acciocché ne possiate uscire non solo senza nocumento, ma con molta utilità e vantaggio.

Vi è però un altro aiuto e soccorso di Dio più speciale e particolare, senza il quale potrebbe bensì uno resistere e vincere la tentazione, se si valesse, come deve, del primo aiuto soprannaturale di Dio, che è più generale; ma molte volte non resisterà uno alla tentazione con quel primo aiuto, se Dio non gli dà quest’altro più particolare e speciale. E questo non perché egli non possa, ma perché non vuole; ché se volesse, potrebbe bene con quel primo aiuto resistere; poiché è sufficiente per tal effetto, se egli se ne valesse come deve. E così allora il cadere e l’esser vinto dalla tentazione sarà per colpa sua, perché cadrà di sua propria volontà; e se Dio gli desse allora quest’altro aiuto speciale, non cadrebbe.

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Quanto importi il far conto delle cose piccole e non disprezzarle

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
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CAPO IX. Quanto importi il far conto delle cose piccole e non disprezzarle.1. Non disprezzare le cose piccole.
2. Dal poco si passa al molto. Similitudine.
3. Il demonio comincia da piccole tentazioni.
4. Temere le piccole cose. Similitudine.
5. Rimedio.

 

 

1. «Chi le piccole cose disprezza, a poco a poco andrà in rovina» (Eccli. 19, 1). Questo è un punto di grande importanza specialmente per quelli che trattano di perfezione; perché le cose maggiori per se stesse si raccomandano, ma nelle minori siamo soliti a trascurarci più facilmente ed a farne poco conto, parendoci che ve ne sia poco di bisogno e che importino poco. E questo è un grandissimo inganno, perché importano moltissimo. Onde lo Spirito Santo, per mezzo del Savio, in queste parole ci avverte di guardarci da questo pericolo, perché colui che sprezza le cose piccole e non fa conto d’esse, a poco a poco viene a cader nelle grandi. Dovrebbe esser bastante questa ragione a persuaderci e a metterci paura, essendo ragione ed avvertimento dello Spirito Santo.

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Aiuta grandemente ad acquistare la perfezione il metter gli occhi in cose alte e

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CAPO VIII. Che aiuta grandemente ad acquistare la perfezione il metter gli occhi in cose alte ed egregie.
1. Aver la mira ad alte cose.
2. Pericolo del contrario
3. perché l’amor di Dio è il primo comandamento.
4. Ad alte cose mirano i ferventi, a basse i tiepidi.
5. Ma questi quanto sono ignobili.
6. Mezzi: desiderare cose egregie.
7. Eccitarci a questo vicendevolmente.
8. Leggere vite di Santi.
 
   1. Ci aiuterà anche grandemente ad approfittare e ad acquistare la perfezione il porre sempre gli occhi in cose alte e di molta virtù, secondo quello che ci consiglia l’Apostolo S. Paolo, scrivendo a quelli di Corinto: «Aspirate perciò ai doni migliori: anzi vi insegno una via più sublime» (I Cor 12, 31). Date mano a cose e imprese grandi ed eccellenti. Questo mezzo è di grande importanza, perché è necessario che andiamo molto in là coi nostri disegni e desideri, per poter con l’operazione arrivare almeno a quel che è ragionevole e conveniente. S’intenderà bene quel che vogliamo dire e l’importanza e necessità di questo mezzo con una simili tu dine materiale. Quando si tira al bersaglio bisogna, per dar nel centro, pigliar la mira più in su del centro medesimo, perché il proiettile è tirato al basso verso il centro di gravità. E questo tanto più, quando si tirasse con un arco allentato. Ora noi siamo appunto come l’arco, o la balestra lenta: siamo tanto snervati e deboli, che per arrivare a dar nel segno abbiamo bisogno di pigliar la mira molto più alta.
   Diventò l’uomo tanto miserabile per il peccato, che per arrivare ad una mediocrità nella virtù è necessario che coi proponimenti e coi desideri passi molto più oltre. Dice colui: lo non pretendo altro, che non commettere peccato mortale; non voglio maggior perfezione. Ho gran paura che né anche sin là arriverai, perché è lenta la balestra. Se tu prendessi la mira più alta, potrebbe essere che vi arrivassi; ma non pigliandola con vantaggio, temo che andrai a cogliere molto al disotto: stai in gran pericolo di cadere in peccato mortale. Il religioso che intende di osservare non solo i precetti di Dio, ma anche i consigli, e di guardarsi non solo dai peccati mortali, ma anche dai veniali pienamente deliberati e dalle imperfezioni, cammina per la buona strada, per non cadere in peccato mortale; perché ha presa la mira molto più alta: e quando, per sua fragilità e debolezza, non arrivi ove ha proposto di arrivare e venga a coglier più basso, mancherà unicamente in una cosa di consiglio, in una piccola regola, o cadrà in una imperfezione o in qualche peccato veniale. Ma quell’altro, il quale pigliò la mira a non commettere peccato mortale, quando gli fallirà il colpo, per esser l’arco e la balestra lenta, cadrà in qualche peccato mortale. E però vediamo, i mondani cascare e giacere in tanti peccati mortali, e i buoni religiosi, per bontà del Signore, tanto liberi e lontani da essi.
   E questo è uno dei grandi beni, che abbiamo nella religione e per il quale dobbiamo rendere molte grazie al Signore, che ci ha condotti ad essa. E quando non vi fosse nella religione altro bene che questo, basterebbe per vivere con grande consolazione e contentezza, e per riputar grande grazia e beneficio del Signore l’averci tirati ad essa: perché qui confido che passeremo tutta la vita senza cadere in peccato mortale; che se ce ne fossimo restati nel mondo, forse non saremmo stati un anno, né un mese, né per avventura una settimana senza cadervi.

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Dimenticarsi del bene passato e metter l’occhio in quello che manca

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CAPO VII. Che aiuta grandemente ad acquistar la perfezione il dimenticarsi l’uomo del bene passato e metter l’occhio in quello che gli manca.
 
1. Sempre più santi!
2. Mezzi: guardare non il già fatto, ma quel che manca.
3. Il primo ci fa superbi e ignavi.
4. Il secondo solleciti.
5, Esempi del viandante, del corridore.
6. Del musicante.
7. Utilità che ne caveremo.
8. L’abate Pambo e S. Francesco Saverio.
 
   1. «Chi è giusto si faccia tuttora più giusto, e chi è santo tuttora si santifichi» (Apoc. 22, 11). S. Girolamo e S. Beda sopra quelle parole del S. Vangelo: «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno satollati» (Matth, 5, 6), dicono: «Chiaramente c’insegna Cristo nostro Redentore in queste parole, che non abbiamo mai da pénsare, che ci basti di giustizia quel che abbiamo; ma che ogni giorno abbiamo da procurare di diventar migliori» (S. HIERON. in S. Matth. 5, 6; S. BEDA, Hom, l. 3; Hom. 69). Questo è, quello che c’insegna l’Apostolo ed evangelista S. Giovanni nelle parole proposte.
 
   2. L’Apostolo S. Paolo, scrivendo ai Filippesi, ci dà un mezzo molto a proposito per quest’effetto, del quale dice che egli si valeva: «Io, fratelli, non mi credo di aver toccato la meta. Ma questo solo, che dimentico di quel che ho dietro le spalle, e stendendomi verso le cose che mi stanno davanti, mi avanzo verso il segno, verso il premio della superna vocazione di Dio in Cristo Gesù» (Philipp. 3, 13. 14). Qui l’Apostolo dice, che non si tiene per perfetto; chi dunque si potrà tenere per tale? Io, dice, non mi penso d’aver acquistata la perfezione; procuro però di affrettarmi per acquistarla. E che cosa fate, o santo Apostolo, per arrivarvi? Sai che fo? mi dimentico delle cose passate e mi metto avanti gli occhi quel che mi manca; verso quello mi volgo con ogni sforzo, facendomi animo e procurando di arrivare alla meta del sospirato conseguimento.
   Tutti i Santi commendano grandemente questo mezzo, ed anche per questo stesso che è mezzo dato e praticato dall’Apostolo. Dice S. Girolamo: «Chiunque è santo, ogni giorno si protende verso quello che gli sta innanzi e si dimentica di quello che si lascia dietro». Il che vuoI dire che chiunque vuoI farsi santo deve scordarsi del bene che ha già fatto e farsi coraggio per arrivare a quello che gli manca. «È felice, soggiunge il Santo, colui che ogni giorno va profittando nella virtù». E chi è costui? Sai chi? E colui «che non considera che cosa ha fatto ieri, ma che cosa deve far oggi per fare profitto» e camminare avanti nella virtù (S. HIERON. Sup. Ps. 83).

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Si dichiara come il non camminare avanti è un tornare indietro

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CAPO VI. Si dichiara come il non camminare avanti è un tornare indietro. 
1. Non andare avanti è tornare indietro.
2. Lo prova la ragione e l’autorità.
3. Similitudine della corrente.
4. Si manca al proprio dovere.
5. E un gran male. Similitudini.
 
  
1. È sentenza comune di tutti i Santi: «Nella via del Signore il non camminare avanti è tornare indietro». Questa cosa dichiareremo qui, e ci servirà d’un mezzo molto buono per animarci a far progresso nella perfezione. Poiché, chi è colui che voglia tornare indietro da quel che ha cominciato specialmente vedendo che ha contro di sé la sentenza del Salvatore nel Vangelo: «Nessuno che, dopo aver messo mano all’aratro, volga indietro lo sguardo, è buono pel regno di Dio» (Luc. 9, 62). Colui che ha posto mano all’aratro e ha cominciato a camminare per la via della perfezione, se riguarda indietro, non è atto pel regno dei cieli. Sono parole queste che ci dovrebbero far tremare. S. Agostino dice: «Tanto non torniamo addietro, quanto ci sforziamo di camminare avanti, e subito che cominciamo a fermarci, torniamo indietro» (Epist. Pelagii ad Demetr. c. 27). Sicché se vogliamo non tornar indietro, è necessario che sempre camminiamo e procuriamo d’andar innanzi.

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