Gloria
di S. Giuseppe in terra.
«Il culto di san Giuseppe attraverso i secoli»
(di P. Bianchi O.P.)
Le opere
del giusto sopravvivono alla sua morte, non soltanto in cielo, ove seguono l’anima
(Ap, 15, 13) e formano il suo più bel corredo, corredo di meriti, che
là si tramuta in altrettanto corredo di gloria, ma altresì su questa
terra, dove la sua memoria è eterna (Sal 112, 6) e passa in benedizione
tra gli uomini (Sir 45, 1), di generazione in generazione. La qual
cosa, se è vera in generale per tutti coloro, che bene meritarono in questa
vita presso Dio e presso gli uomini, molto più è vera per quegli eroi,
che dopo morte la Chiesa onora con pubblico culto e ricolma di sue lodi. Donde ne
viene che la vita dei Santi, che sembra spegnersi colla loro morte, è allora
anzi che incomincia e continua: incomincia in cielo con nuova vita di gloria, onde
nel linguaggio della Chiesa il di della morte dei Santi si chiama natalizio,
e continua in terra attraverso i secoli nella fama del loro nome, delle loro gesta
e soprattutto della loro virtù e santità, che si attira dagli uomini
plauso e onori. La vita dei Santi perciò vuol essere studiata, non soltanto
in quel periodo più o meno breve di anni, ch’essi trascorsero su questa terra,
ma altresì in tutti gli anni e secoli successivi alla loro morte, nei quali
continuarono e continuano tuttora a vivere presso Dio nella gloria celeste e presso
gli uomini nel culto, che loro tributano in testimonianza della loro sincera ammirazione
e con degna emulazione. Giustamente pertanto, dopo d’avere in tutto questo mese studiata
la vita di S. Giuseppe fino alla sua morte con occhio storico, esegetico, psichico
e ascetico, l’abbiamo ieri seguita questa vita postuma nella sua celeste glorificazione
e ora siamo per seguirla di nuovo su questa terra nel culto di gloria, che la Chiesa
ha tributato e tributa a S. Giuseppe: ciò che vorrà essere la più
giusta e naturale conclusione di questo Mese dedicato a S. Giuseppe. L’uomo
fedele sarà molto lodato e chi è il custode del suo Signore sarà
glorificato! (cf.Prov. 28,20; 27,18). Queste parole del Libro Divino
la Chiesa applica a San Giuseppe nell’Ufficiatura liturgica della sua festa, quasi
ad assicurarlo del grande tributo di lode e di gloria, che gli daranno i suoi figli,
i cristiani tutti del mondo e di ogni età del mondo, per essere egli stato
veramente fedele alla sua duplice importante missione, custode geloso dello stesso
suo Dio Umanato. Pur troppo pero, dando uno sguardo retrospettivo alla storia dei
secoli, con nostra grande meraviglia e non meno grande dispiacere noi vediamo il
culto di S. Giuseppe subire delle eclissi quasi totali. Forse che la Chiesa può
venir meno alla sua parola? O la sua promessa dichiarare fallimento? No, né
l’uno né l’altro: bensì furono le circostanze dei tempi e i disegni
sapientissimi della Divina Provvidenza, che imposero al culto di S. Giuseppe questa
graduale sua ascesa attraverso i secoli, come il sole, che dalla notte giunge al
pien meriggio attraverso il barluzzolo, il crepuscolo, l’alba, l’aurora, l’oriente
e la mattinata, ancora una volta e anche in tal maniera avverandosi in lui quella
profezia del patriarca Giacobbe all’antico Giuseppe: filius accrescens loseph!
Giuseppe è figlio crescente! (Gen 49, 22), nella progressiva
e sempre crescente sua glorificazione in terra. È ciò che noi constatiamo,
scorrendo di volo le varie fasi del suo culto attraverso i secoli. Ed eccoci subito
nellaÖ
1. – Notte: notte più buia e più fitta del suo culto, quale
fu nell’êra apostolica, nel primo secolo della Chiesa. Nessuno vorrà
scandalizzarsi a vedere S. Giuseppe calare nella tomba anche nel suo nome e nella
sua fama, come col suo corpo, e nella tomba rimanere sepolto e dimenticato. Mi sembra
anzi di veder qui avverate quelle parole di Cristo: Se il grano di frumento
non è morto sotterra, rimane esso solo; ma se muore, produce gran frutto!
(S. Gio., XII, 24). Cosi precisamente parmi sia toccato a S. Giuseppe: bisogno che
la sua memoria, il suo nome, si occultasse per qualche tempo sotterra, quasi fosse
spento affatto il suo ricordo, perché poi rifulgesse in piena luce innanzi
agli uomini. Infatti appena, quasi furtivamente, due Evangelisti, S. Matteo e S.
Luca, ne parlano in principio dei loro Vangeli, quasi incidentalmente, narrando i
misteri dell’Incarnazione, dell’infanzia e della fanciullezza di Gesù; poi
più nulla, silenzio assoluto, buio pesto. Perché? Gli Apostoli avevano
da predicare Gesù Cristo a dei giudei dalla dura cervice e incirconcisi
di cuore (Atti, VII, 51) e a dei gentili dalla mente grossolana e dal cuore
abbrutito nel culto della natura; onde troppo avevano a temere che i loro neo-convertiti,
non comprendendo i misteri dell’Incarnazione e Nascita verginale del Redentore, fossero
scossi nella loro fede alla Divinità di Cristo; il perché giudicarono
opportuno comprendere nella cosiddetta legge dell’arcano anche il culto
di S. Giuseppe, avvolgendolo nell’ombra innanzi agli stessi credenti, per tema che
lo credessero vero padre carnale del Salvatore Divino: ciò che avrebbe rovesciato
tutti i dogmi cristiani. Cosi fu, necessariamente, per misura di elementare prudenza,
anche nel periodo delÖ
2. – Barlume: cioè nell’êra post-apostolica, in tutto il periodo
delle sanguinose persecuzioni, fino oltre il III secolo del Cristianesimo. In tutti
questi secoli, grondanti di sangue cristiano, il culto di S. Giuseppe ha seguito
la sorte della Chiesa stessa, costretta a rinserrarsi nel seno della terra, nell’oscurità
delle catacombe; dove, per così dire, S. Giuseppe continuò a ritenere
quell’atteggiamento di umiltà e di nascondimento, ch’egli sempre tenne in
vita sua, eclissandosi dietro Gesù e Maria, per far risplendere di più
vivida luce innanzi ai neofiti del Vangelo e questo suo Divin Figlio e la sua santissima
Madre. Intanto pero, fin d’allora, comincia a comparire la sua immagine nelle pitture
e nelle sculture delle catacombe, in questa o quella scena dell’infanzia di Gesù:
è un primo barluzzico di luce, che rompe la fitta tenebra di notte, in cui
fino allora era avvolta la memoria di S. Giuseppe; barlume, che prepara ilÖ
3. – Crepuscolo: così io chiamo, per riguardo al culto di S. Giuseppe,
il periodo della prima êra patristica, che comprende il IV e V secolo della
Chiesa, in cui fiorirono i primi suoi grandi luminari di scienza teologica, i primi
Santi Padri e Dottori si d’Oriente che d’Occidente, i quali tutti, illustrando colla
valorosa loro penna il dogma cattolico, non poterono esimersi dal bruciare il loro
grano d’incenso anche a S. Giuseppe. Io ne cito qui alcuni, per ordine di tempo.
S. Atanasio, l’invitto campione della fede cattolica (296 Ü 373), contemplando ne’
suoi scritti la grandezza di S. Giuseppe, vi si arresta innanzi stupefatto. L’immaginoso
siro S. Efrem (300 Ü 378), come a Maria, così a S. Giuseppe profonde i titoli
più geniali. S. Cirillo di Gerusalemme (316 Ü 386), che assistette all’Invenzione
della vera Croce, non dimentica il padre putativo di Colui, che mori sulla croce.
San Gregorio Nazianzeno (329 Ü 391), dottore e poeta, non lèsina a San Giuseppe
i versi armoniosi della sua lira. Il grande Arcivescovo di Milano, S. Ambrogio (340
Ü 393), il cantore della verginità, non poteva non celebrare la verginità
di S. Giuseppe. Il longevo S. Epifanio (310 Ü 403), come alla Madonna, così
a S. Giuseppe non risparmia i suoi epici elogi. L’eloquentissimo S. Giovanni Crisostomo
(347 Ü 407), nei suoi sermoni travolgenti di enfasi oratoria non dimentica San Giuseppe.
Il romito studioso di Betlem, S. Girolamo (331Ü420), non poteva certo scordare S.
Giuseppe, il cui nome è troppo legato a Betlemme. E il convertito d’Ambrogio,
S. Agostino (354 Ü 430), spingendosi più avanti di tutti, così acclama
S. Giuseppe in uno de’ suoi migliori sermoni: Rallègrati, o Giuseppe;
pel merito della tua virtù angelica, tu vivesti così seraficamente
da essere chiamato a buon diritto Padre del Salvatore! Pure di questo tempo,
tra il IV e il V secolo, è l’epigrafe greca scolpita su di una gemma (illustrata
da Mons. Cavedoni), che dice così: O Giuseppe, tu mi assisti nei miei
lavori e dammi grazia! Eppure, non bisogna dimenticare ch’erano allora i tempi
delle grandi eresie di Ario, Nestorio ed Eutiche, i quali, negando in diversa maniera
la Divinità di Cristo, si scaraventavano tutti in sieme contro di S. Giuseppe
per scoronarlo della sua più bella aureola (P. Galletti). Ed ecco il culto
di S. Giuseppe al biancore della suaÖ
4. – Alba: tale io chiamo il periodo della seconda era patristica, in cui
vediamo fiorire nuovi Santi Padri e Dottori della Chiesa devotissimi di S. Giuseppe
e illustratori delle sue glorie, virtù e meriti. In questa lunga epoca, che
va dal VI al XII secolo, mi è caro citare S. Isidoro di Siviglia (570 Ü 636),
che affretta col pensiero il giorno della solenne apoteosi di S. Giuseppe in tutta
la Chiesa; S. Beda Venerabile (674 Ü 735), che con faconda oratoria intesse a S.
Giuseppe i più sperticati elogi; S. Pier Damiani (988 Ü 1080), che alla corruzione
de’ suoi tempi contrappone l’angelica illibatezza del casto Sposo di Maria; e soprattutto
S. Bernardo (1091 Ü 1153), il cui panegirico a S. Giuseppe la Chiesa ci fa leggere
nell’Ufficiatura del 19 marzo, dove il Santo è salutato il solo fedelissimo
cooperatore in terra della grand’Opera dell’Altissimo, mentre agli stessi suoi
monaci decantava la fortuna di S. Giuseppe per aver visto e sentito Gesù,
portatolo sulle sue braccia, strettoselo al seno, ricopertolo di baci e da Gesù
obbedito (P. Galletti). Non è ancora il tempo di un culto pubblico e
solenne a S. Giuseppe; perché siamo ancora in pieno barbarismo, e questi
popoli rozzi e grossolani non sono ancora in grado di apprezzare quella vita si nascosta,
si interiore, si d’orazione, di angelica purità e di casta innocenza, come
fu quella di S. Giuseppe, e molto meno sono capaci di sentire quei profumi di dolce
pietà, quelle emanazioni si soavi, quel non so che di delicatezza indefinibile,
che l’anima pia gusta nella devozione a San Giuseppe (Mons. Richard, S.
Joseph, Sa vie et son culte). Ma è l’alba, che precede la rosea e rugiadosaÖ
5. – Aurora: e questa sorge per il culto di S. Giuseppe in pieno Medio Evo,
nei secoli XIII-XV, per opera specialmente degli Ordini Mendicanti. Questa eletta
schiera di paladini o, direi quasi, di paraninfi dello Sposo di Maria comincia con
S. Alberto Magno (1193 Ü 1280), che, a richiesta e soddisfazione di anime devote,
compose un Ufficio speciale di S. Giuseppe e S. Giuseppe propose quale speciale modello
e patrono ai sacerdoti e pastori d’anime. Vi segue tosto il suo grande discepolo
S. Tommaso d’Aquino (1227 Ü 1274), che, per riguardo a S. Giuseppe, lancia quel suo
magistrale aforisma che, quando Dio destina alcuno a speciale ufficio, ve lo
prepara dapprima con doti convenienti, perché lo adempia con dignità.
E da S. Tommaso è inseparabile il suo amico S. Bonaventura (1221 Ü 1274),
che, primo fra tutti, si spinge a penetrare l’intimo di San Giuseppe. Viene poi il
dotto e pio Gersone (1363 Ü 1429), gran cancelliere della Sorbona di Parigi, che
nel concilio di Costanza lumeggiò sfolgorantemente le ragioni del culto a
S. Giuseppe, di cui nella sua Josephina lascio una miniera preziosa, alla
quale attinsero tutti i susseguenti panegiristi di S. Giuseppe. E come dimenticare
poi S. Bernardino da Siena (1380 Ü 1444), che non fu solo il propagatore della devozione
al Nome SS. di Gesù, ma altresì il più caldo propagandista della
devozione a S. Giuseppe, il cui panegirico la Chiesa ci fa leggere nelle lezioni
della festa del Patrocinio di S. Giuseppe? Essendo Provinciale, in un Capitolo Generale
del suo Ordine, propose che tutti i conventi riformati fossero posti sotto la protezione
di S. Giuseppe, e fece fare un nuovo sigillo della sua Provincia, in cui era rappresentato
S. Giuseppe col Bambino Gesù. Fu quest’epoca una vera aurora per il culto
di S. Giuseppe, poiché in questo periodo venne decretata in tutto l’Occidente
ai 19 di marzo la festa di S. Giuseppe, che già da secoli celebravasi in Oriente
(Bollandisti) e dai secoli XI e XII anche in Occidente nelle chiese carmelite: festa
inserita nel Calendario Romano da Sisto IV, verso il 1481 e da Innocenzo VIII poi,
verso il 1491, elevata a rito doppio ed estesa a tutto il mondo cattolico. E come
all’aurora segue tosto la levata del sole, il radioso oriente, così anche
per il culto di S. Giuseppe spunta alfine il belÖ
6. – Mattino: è il periodo fortunoso dei secoli XVI e XVII, in cui
la Chiesa sembra cercare un riparo nella lotta contro l’Impero e la Riforma protestantica
nella devozione a S. Giuseppe, che apostoli novelli vanno rinfocolando nei cuori
dei fedeli. Ne apre la lista il valoroso domenicano Isidoro d’Isle o Isolano,
l’appassionatissimo di S Giuseppe, che sul principio del secolo XVI, oltre un nuovo
Ufficio e Messa di S. Giuseppe, scrive la sua Summa de donis S. Joseph, dedicata
al Papa Adriano VI, in cui, prevenendo i tempi, esclama in tono profetico: Lo
Spirito Santo non cesserà d’agire sui cuori dei fedeli sino a che S. Giuseppe
non sia venerato con nuovo entusiasmo. Sorgeranno intelligenze acute e sveleranno
ai popoli i tesori nascosti in S. Giuseppe. Verrà giorno, in cui la festa
del Padre adottivo di Gesù, dello Sposo della Regina del mondo, sarà
festa solenne in tutta la cristianità! (P. II, cap. VI, VIII). Ed ecco
ben tosto la Beniamina di S. Giuseppe, S. Teresa di Gesù (1515
Ü 1582), eletta per essere restauratrice e ampliatrice della devozione di S.
Giuseppe in tutto il mondo cristiano, affinché si vedesse nella elezione di
una verginella a tanta impresa, essere questa un’opera del braccio di Dio e la devozione
a S. Giuseppe ispirazione dello Spirito Divino! (Patrignani, Divoto di S.
Giuseppe): di 32 monasteri da lei edificati, ben 13 ne intitolò a S. Giuseppe,
ch’essa chiamava il suo amatissimo Padre, il vero fondatore della Riforma,
ch’ella aveva intrapreso, e mai non desistette colla voce e cogli scritti dal promuoverne
la devozione. E, dietro a lei, gareggiano con pari entusiasmo in quest’impresa S
Camillo de Lellis (1550 Ü 1614), che di S. Giuseppe avvantaggia nell’assistenza dei
moribondi; S. Francesco di Sales (1567 Ü 1662), che, oltre a esaltare il Santo con
somme lodi, insieme a S. Giovanna Francesca di Chantal (1572 Ü 1641), ne infervora
le sue visitandine; S. Vincenzo de’ Paoli (1576 Ü 1660), che ne fa il tema ordinario
delle sue predicazioni e pone tutti i suoi seminari e missionari sotto la sua protezione.
Anche i Papi vanno a gara a favorirne il culto, segnatamente Gregorio XV (1621 1623),
Urbano VIII (1623- 1644), Clemente X (1670 1676), che ad istanza della Ven. Chiara
della Passione, nata principessa Colonna, ne elevo la festa al rito di II classe
e credesi l’autore del Te Joseph, Innocenzo XI (1676- 1689), che lo proclamò
Patrono delle Missioni Cinesi. È in questo periodo che s’incomincia a celebrare
qua e là altre due nuove feste in onore di S. Giuseppe: la festa dello Sposalizio,
dove in gennaio, dove in marzo e dove in dicembre, per la quale già il Gersone
aveva composto un Ufficio e un altro il domenicano Pietro Aurato, approvato da Paolo
III; e la festa del Patrocinio, nell’Ordine Carmelitano (1680), fissata nella terza
domenica dopo Pasqua. Avanti, avanti, chè la lunga via ne sospinge! ed eccoci
al pienoÖ
7. – Giorno: così io chiamo, per riguardo al culto di S. Giuseppe,
il periodo che abbraccia i secoli XVIII e XIX. Omai non c’è più bisogno
di nessuna spinta, ma da se stesso questo culto prende l’aire, lo slancio ardito
ché ormai i tempi sono maturi. Il culto di S. Giuseppe era uno di quei
doni, che il Padre di famiglia, come un prudente economo, erasi proposto di trar
fuori più tardi da’ suoi scrigni; era una di quelle riserve o sorprese, che
il supremo Ordinatore del convito delle anime aveva tenuto per la fine del banchetto
! (Card. Pie, Opere Episc.). Ed ecco infatti sorgere la Novena e
S. Giuseppe, la più antica novena in preparazione alle feste dei Santi,
da Clemente XI arricchita d’indulgenze (1714).
Ecco il nome di S. Giuseppe da Benedetto XIII inserito nelle Litanie dei Santi e
dei moribondi (1726). Ecco la festa dello Sposalizio fissata per tutta la Chiesa
nel 23 gennaio da Benedetto XIII e la festa del Patrocinio estesa a tutto il mondo
da Pio IX nel 1847, e la festa principale di S. Giuseppe, 19 marzo, da Leone XIII
dichiarata festa di precetto il 3 marzo 1891. In questo periodo possiamo dire che
non ci sia nella Chiesa pratica di pietà o devozione in onore della Madonna
o di Santi insigni, che non sia stata introdotta anche in onore di S. Giuseppe. Quindi
le Litanie di S. Giuseppe, si maggiori che minori, indulgenziate dai Sommi
Pontefici; la pratica dei Sette dolori e delle sette allegrezze di S. Giuseppe
in sette mercoledì o domeniche; coroncini e rosari di S. Giuseppe,
pie aspirazioni per ogni di della settimana, preghiere speciali per ottenere
il suo patrocinio in vita e in morte e nei vari casi della vita; il Cingolo di
S. Giuseppe, per la custodia della castità; lo Scapolare di San Giuseppe,
per assicurarsi la sua protezione; tridui e novene in precedenza alle
sue feste; il mercoledì d’ogni settimana a lui dedicato; i sette
mercoledì precedenti la sua festa principale; l’intero mese di marzo
a lui consacrato, tanto raccomandato da Leone XIII. E poi Confraternite, pie
Unioni, Sodalizi in onore di S. Giuseppe: Fratelli di S. Giuseppe, Figli e Figlie
di S. Giuseppe, Confraternite di falegnami, Pia Associazione del Cuor di Gesù
e di S. Giuseppe, Culto Perpetuo di S. Giuseppe, Sodalizio del Cingolo di S. Giuseppe,
Società del Transito di S. Giuseppe, Pia Unione per gli agonizzanti, ecc.
Poi parecchie e diverse Congregazioni Religiose, sia di frati che di
monache, sorte col nome di S. Giuseppe e dedite a vari ministeri: educazione di fanciulli
o fanciulle, assistenza degli infermi, aiuto ai parroci nella cura d’anime e moribondi,
coltura dei campi; per tacere di tante Opere pie, istituite qua e là
in suo onore, come quella dei Nudi, per vestire gl’ignudi, il Convito
di Carità, per imbandire la mensa ai poveri. Poi Bollettini e periodici,
che promuovono il suo culto: Annali di S. Giuseppe, Il propagatore
della devozione a S. Giuseppe, Il divoto di S. Giuseppe. Poi chiese,
cappelle, altari, parrocchie intere a lui dedicate, e innumere opere d’arte,
si di pittura che di scultura, specialmente dopo che Pio IX proclamo S. Giuseppe
Patrono di tutta la Chiesa (8 dicembre 1870). E siamo così in pienÖ
8. – Meriggio: tale è il nostro secolo XX che ha visto la festa del
Patrocinio di S. Giuseppe elevata da S. Pio X a solennità di I classe con
ottava solenne, e la festa principale di S. Giuseppe, il 19 marzo, da Benedetto XV
dichiarata di precetto per tutta la Chiesa, e come tale oggi in Italia riconosciuta
anche dallo Stato. In questo nostro secolo omai ben si può dire che il culto
a S. Giuseppe tocca il suo apogeo di gloria, diventato inseparabile dal culto a Maria
sua santissima Sposa, come l’ha voluto Leone XIII, di un grado solo inferiore al
culto di Maria, cioè di somma dulia, ossia di somma venerazione. Cosi
noi vediamo compiuta l’antica profezia di Giacobbe in questo nostro Giuseppe, tra
tutti i Santi in augustissima dignità grandeggiante (Leone XIII). Oh!
si, veramente, non c’è nessuno nato sulla terra come Giuseppe capo dei
fedeli, sostegno della nazione, guida ai fratelli, sicurezza del popolo! (Eccl,
49,17). A lui dunque l’onore e la gloria (Ivi, 5, 15) per tutti i secoli!