CAPO VIII. Quanto importi il non allentare nella virtù
Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
TRATTATO II. DELLA PERFEZIONE DELLE OPERAZIONI ORDINARIE
CAPO VIII. Quanto importi al religioso il non allentare nella virtù.
1. Difficile dalla tiepidezza tornare al fervore.
2. Stato infelice del tiepido.
4. Rimedio.
1. Da quello che si è detto si verrà a conoscere assai bene, quanto importi al religioso il conservarsi nella devozione, l’aver sempre fervore negli esercizi della religione e il non lasciarsi cadere in tiepidezza, in lentezza e in rilassatezza; perché gli sarà di poi molto difficile l’uscire da essa. Potrà ben fare Iddio che ritorni dopo a vita infervorata e perfetta; ma questo sarà quasi come un miracolo. Dice questa cosa molto bene S. Bernardo, scrivendo ad un certo Riccardo, abate Fontanense, e ai suoi religiosi, coi quali aveva Dio fatto questo miracolo, che, avendo quelli menata sino a quell’ora una qualità di vita tiepida, lenta e rilassata, li aveva cangiati e trasferiti ad una molto infervorata e perfetta. Meravigliandosene e rallegrandosene assai, e congratulandosene con essi il Santo, dice così: «Qui vi è il dito di Dio: chi mi concederà che io colà mi trasferisca e veda, come un altro Mosè, questa prodigiosa visione?» perché non è cosa meno meravigliosa questa che quella che vide Mosè nel roveto che bruciava e non si consumava. «È cosa rarissima e molto straordinaria il veder passar uno avanti e trascendere quel grado nel quale una volta si è fissato nella religione. Più facile cosa sarà ritrovare molti secolari, i quali dalla mala vita si convertano alla buona, che incontrarsi in un religioso, il quale da vita tiepida, lenta e rimessa passi a vita migliore» (S. BERN. Ep. 96).
E la ragione di ciò è perché i secolari non hanno i rimedi tanto continui quanto i religiosi; e così quando odono una buona predica, o vedono la repentina e disgraziata morte di un qualche vicino od amico, quella novità cagiona in essi spavento ed ammirazione, e li muove a mutare e ad emendare la loro vita. Ma il religioso, che ha questi rimedi tanto famigliari, tanta frequenza di sacramenti, tante esortazioni spirituali, tanto esercizio di meditar le cose di Dio e di trattar della morte, del giudizio, dell’inferno, della gloria; se con tutto ciò se ne sta tiepido, lento e rimesso, che speranza si può avere che sia per mutar vita, essendo che già ha fatto l’orecchio a queste cose? E così quello che avrebbe da aiutarlo e muoverlo, e quello che suole muovere altri, non muove lui, né gli fa impressione alcuna.