Esame particolare e penitenze

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.

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TRATTATO VII. DELL’ESAME DELLA COSCIENZA

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CAPO IX. Che aiuta grandemente l’aggiungere all’esame qualche penitenza

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1. Vantaggi di questa pratica.
2. Dio si muove a concederci l’emendazione.
3. Altri vantaggi.

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1. Né anche si contentava il nostro S. Padre del dolore, del pentimento e dei proponimenti interiori; ma di più, acciocché la persona potesse riuscir meglio in quello che desidera, come leggiamo nella sua Vita (RIBAD. l. 5, c. 10, Roma 1863, p. 398), consigliava l’aggiungere all’esame particolare qualche penitenza, imponendoci da noi stessi certa pena ed eseguendola in noi tutte le volte che cadremo in quel mancamento, o errore, sul quale facciamo l’esame. Il Padre fra Luigi di Granata apporta esempi di ciò in alcuni servi di Dio, che egli conobbe: d’uno dei quali dice che, quando nell’esame della sera trovava che avesse ecceduto in qualche parola, si metteva una morsa alla lingua per penitenza di essa; e di un altro, che faceva una disciplina sì per questo come per qualsiasi altro difetto nel quale fosse caduto (P. LUIGI GRANATA, Memoriale della vita cristiana, p. 1, tratt. 4, reg. 1, Venezia 1730, v. 1, p. 112). Si dice del Santo abate Agatone che per lo spazio di tre anni portò in bocca un sasso per acquistare la virtù del silenzio (De vitis patr. l. 5, lib. 4, n. 7). Come usiamo di portare un cilicio per mortificar la carne, e perché ci serva di svegliatoio per conservare la castità; così portava quel Santo un sassetto sotto la lingua, acciocché fosse il suo cilicio e gli servisse di ricordo e di svegliatoio per non parlar più di quel che era necessario. E del nostro S. Padre leggiamo che, essendo nel principio della sua conversione molto tentato di riso, vinse quella tentazione a forza di replicate discipline, dandosi ogni notte tante sferzate, quante volte aveva riso il giorno, per leggiero che fosse stato il riso (RIBAD. loc. cit.).

E suole essere di gran giovamento questo aggiungere qualche penitenza all’esame; perché colla penitenza l’anima resta castigata e intimorita di maniera, che non ardisce di commettere un’altra volta quella colpa. Collo sprone la bestia cammina, per pigra e lenta che sia. Giova tanto lo sprone, che solo l’accorgersi essa che vi è, benché non la pungano con esso, la fa camminare. Se ciascuna volta che uno rompe il silenzio avesse da fare una disciplina in pubblico, ovvero avesse per tre giorni da star solamente a pane ed acqua, che era la penitenza che anticamente veniva ingiunta nelle regole a quei che rompevano il silenzio, sicuro che questo ci ritrarrebbe molto dal parlare fuori di tempo.

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Su cosa insistere nell’esame particolare

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.

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TRATTATO VII. DELL’ESAME DELLA COSCIENZA

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CAPO VIII. Che nell’esame abbiamo da insistere e trattenerci principalmente nel dolore e nel proponimento dell’emendazione

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1. Dolore e proposito vanno di pari passo.
2. La mancanza del dolore cagiona le ricadute.
3. Pazzia a dire: Pecco, ma mi pentirò.
4. Efficacia del dolore e proposito.

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1. Quel che in particolare si deve grandemente avvertire circa il modo di far l’esame si è, che dei tre punti che ha, i due ultimi sono i principali; cioè il dolerci e pentirci delle nostre colpe e negligenze, e il fare fermo proponimento di emendarcene, secondo quello che diceva il Profeta: «Pentitevi nei vostri letti» (Ps. 4, 5). In questa compunzione e pentimento e in questo fermo proponimento di non tornare a cadere sta tutta la forza e l’efficacia dell’esame per emendarci: onde in questo si ha da spendere la principale parte del tempo.

Una delle cagioni principali per cui molti fanno poco frutto e poco si emendano cogli esami è, perché tutto quel tempo se la passano nell’andare cercando quante volte sono caduti nei mancamenti e negli errori, e appella hanno finito questo punto, che finisce ancora il tempo dell’esame, e fanno il resto superficialmente, né si trattengono nel dolore e pentimento delle loro colpe, né nel confondersi e chiederne perdono a Dio, né in fare fermi proponimenti di emendarsi la sera, o il dì seguente, né in domandare a Dio grazia e forze per farlo. Di qua procelle che, quante volte sei tu caduto oggi, tante altre cadi domani; perché nell’esame non hai fatto altro che pensare e ridurti a memoria quante volte sei caduto: e questo non è mezzo per emendarti; ma il primo punto dell’esame e il fondamento sopra del quale hanno da cadere gli altri due punti principali. Il mezzo efficace per emendarti è il dolerti e pentirti molto davvero delle tue colpe e il proporre fermamente l’emendazione, con chiedere al Signore grazia per farlo; e se non fai questo non ti emenderai. Stanno tanto affratellate fra di sé queste due cose, dolore del passato ed emendazione nell’avvenire, che al passo che cammina una, cammina anche l’altra: poiché è cosa certa che quando aborriamo una cosa davvero, usiamo diligenza per non incontrarci in essa.

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Come fare l’esame di coscienza

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.

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TRATTATO VII. DELL'ESAME DELLA COSCIENZA

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CAPO VII. Come si ha a fare l'esame particolare.

 

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1. Metodo di S. Ignazio.
2. Cavato dagli antichi Padri.
3. Sua soavità ed efficacia.
4. Esempio di fra Ginepro.

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1. La seconda cosa principale che abbiamo proposto di trattare è, come si ha da fare quest'esame. Secondo il metodo di S. Ignazio (Exerc. spir. hebd. 1a: Examen particulare) ha l'esame particolare tre tempi, benché poi l'esaminarsi s'abbia a fare solo due volte. Il primo tempo è subito che ciascuno si leva la mattina, e allora ha da proporre di guardarsi con special diligenza da quel vizio, o difetto particolare, del quale si vuol correggere ed emendare. Il secondo tempo è al mezzo giorno, quando si ha da fare il primo esame, che contiene tre punti. Il primo è, domandare grazia al Signore di ricordarsi quante volte si è caduto in quel difetto del quale si fa l'esame particolare. Il secondo è, dimandare conto all'anima propria di quel difetto, o vizio, pensando da quell'ora in cui ciascuno si levò e in cui fece quel particolare proposito, sino all'ora presente, quante volte è caduto in esso. E si hanno a fare tanti punti in una linea d'un quadernuccio o librettino, che a quest'effetto ognuno ha da avere presso di sé, quante volte troverà esservi caduto. Il terzo giorno è, concepire un gran dolore d'essere caduto e domandarne perdono a Dio, proponendo di non cadervi più, particolarmente in quel resto del giorno, colla grazia del Signore. Il terzo tempo è la sera, prima di andare a letto, e allora si ha da fare l'esame la seconda volta, né più né meno che al mezzo giorno, tenendo i medesimi punti, e riflettendo come siano andate le cose dall'ultimo esame passato sino a quell'ora e notando in un'altra seconda linea tanti punti, quante volte si troverà che si è caduto.

E per potere èstirpare più facilmente e più presto quel difetto, o vizio, sopra del quale facciamo l'esame particolare, il nostro S. Padre mette quattro avvertimenti, che egli chiama addizioni. La prima, che ciascuna volta che l'uomo cade in quel vizio, o difetto particolare, se ne penta, mettendosi la mano al petto; il che si può fare ancorché si stia in presenza d'altri, senza che si accorgano di quello che si fa. La seconda è, che la sera, dopo fatto l'esame, confronti i punti dell'esame della mattina con quelli dell'altro esame della sera, per vedere se vi è stata qualche emendazione. La terza e quarta, che confronti anche il giorno d'oggi con quello di ieri, e la settimana, presente colla passata per il medesimo effetto.

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Non cambiare facilmente la materia dell’esame particolare

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.

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TRATTATO VII. DELL’ESAME DELLA COSCIENZA

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CAPO VI. Che non si deve mutare facilmente la materia dell’esame particolare; e quanto tempo sarà bene il farlo sopra una stessa cosa.

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1. Mutare spesso l’esame particolare è dannoso.
2. Insistere fino a conseguir il fine.
3. Senza desistere.
4. Quando sarà conseguito?
5. Per mutar la materia consigliarsi col Padre Spirituale.

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1. Bisogna qui avvertire che non abbiamo da mutare facilmente la materia dell’esame, prendendo ora una cosa ed ora un’altra; perché questo è un andare, come si suole dire, l’aggirandosi, e non far viaggio; ma abbiamo da procurare di proseguire una cosa sino al fine, e poi mettersi dietro ad un’altra. Una delle cagioni per cui alcuni cavano poco frutto dall’esame particolare suole essere questa; perché non fanno altro, per così dire, che dare certi furiosi assalti, facendo l’esame sopra una cosa per otto o quindici giorni, o per un mese, e subito si stancano e se ne passano ad un’altra, senza aver conseguito quello che intendevano nella prima: e così danno un impetuoso assalto, e poi un altro. Come uno che pigliasse per impresa il tirar su per le coste d’un monte fino alla cima di esso una pietra grossa; e dopo averla tirata su un pezzo si stancasse e libera la lasciasse rotolare fino al basso, e di poi tornasse una e più altre volte a fare lo stesso; giammai, per molto che si affaticasse, finirebbe di collocare la pietra nel luogo preteso; così avviene a coloro i quali cominciano a far l’esame d’una cosa, e prima di condurla al fine e di conseguire il primo intento, la lasciano e ne pigliano un’altra e poi un’altra. Questo è stancarsi e non finir mai; «un imparar sempre, come dice l’Apostolo, senza giungere mai alla cognizione del vero» (II Tim. 3, 7). Questo negozio della perfezione non si acquista per via di certi impeti furiosi, che presto finiscono; ma bisogna con molta perseveranza insistere e pigliare a petto prima una cosa e poi l’altra, facendo sforzo sino a riuscire con essa, ancorché ci costi assai.

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L’esame particolare sulle virtù

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.

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TRATTATO VII. DELL'ESAME DELLA COSCIENZA

 

 

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CAPO V. Come si ha a tirare e dividere l'esame particolare nelle parti e nei gradi delle virtù.

 

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1. Atti e gradi dell'umiltà.
2. Della carità fraterna.
3. Della mortificazione.
4. Della temperanza.
5. Della pazienza.
6. Dell'obbedienza.
7. Della povertà.
8. Della castità.
9. Vari gradi e pratiche per far bene le cose ordinarie.
10. Del far tutte le cose per Dio.
11. Per la conformità alla volontà di Dio.
12. Avvertenza.

 

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1. Dell'umiltà.

1. Non dir parole che possano ridondare in mia lode e riputazione.

2. Non compiacermi quando un altro mi loda e dice bene di me; anzi pigliare da ciò occasione d'umiliarmi e di confondermi più, vedendo che non sono tale quale gli altri si pensano, né quale dovrei essere. E con questo si potrebbe congiungere il rallegrarmi quando è lodato un altro e si dice bene di lui. E quando di ciò avrò qualche dispiacere, o qualche movimento d'invidia, notarlo per difetto e per errore. E così ancora quando avrò qualche gusto e compiacenza vana del dirsi bene di me.

3. Non far cosa alcuna per rispetti umani, né per esser veduto e stimato dagli uomini, ma puramente per Dio.

4. Non scusarmi, e molto meno buttar la colpa addosso ad altri, né esteriormente, né interiormente.

5. Troncare e soffocare subito i pensieri vani, altieri e superbi, che mi vengono, di cose concernenti il mio onore e la mia riputazione.

6. Tener tutti per superiori, non solo speculativamente, ma praticamente, e nell'attuale modo di procedere con essi portandomi verso tutti con quell'umiltà e rispetto che si deve a superiori.

7. Accettar volentieri tutte le occasioni che mi si porgeranno in materia d'umiltà; e circa di ciò andar crescendo e ascendendo per questi tre gradi. 1° Tollerandole con pazienza: 2° con prontezza e facilità: 3° con gusto ed allegrezza. E non mi ho da quietare, sinchè non giunga a provare allegrezza e gusto nell'essere disprezzato e vilipeso, per assomigliare ed imitar Cristo nostro Redentore, il quale volle esser disprezzato e vilipeso per me.

8. Si può condurre l'esame particolare sì in questa materia, come in altre simili, facendo alcuni atti ed esercizi d'umiltà e di qualsisia altra virtù sopra della quale si farà l'esame particolare, sì interiori, come esteriori, a questo applicandomi tante volte la mattina e tante la sera, cominciando con meno e andando sempre aggiungendo di più, sinchè vada acquistando abito e consuetudine in quella virtù.

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L’esame particolare si deve fare su un solo punto per volta

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.

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TRATTATO VII. DELL'ESAME DELLA COSCIENZA

 

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CAPO IV. Che l'esame particolare si ha da tirare sopra una cosa sola.

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1. Utilità di questa pratica.
2. Risposta ad un'obiezione.
3. Dividere in parti un vizio o una virtù.
4. Modo di fare ciò.

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1. L'esame particolare sempre si ha da tirare sopra una cosa sola, siccome dice il nome stesso. E la ragione per la quale conviene che così si faccia è, perché in questa maniera questo mezzo è più efficace e di maggior effetto che se lo tirassimo sopra più cose insieme. Perché è cosa chiara, e la stessa ragione naturale ce lo insegna, che è molto più potente un uomo contro un vizio solo che contro tutti insieme. «Chi a più cose è intento, può meno attendere a ciascuna in particolare», dicono i filosofi. Chi molto abbraccia, poco stringe; e presi ad uno ad uno si vincono meglio i nemici. Questo modo di vincere i nostri nemici, cioè i nostri vizi e le passioni, dice Cassiano (CASS. Coll. 5, c. 14), ce lo insegnò lo Spirito Santo, dando l'istruzione ai figliuoli d'Israele circa il modo di governarsi con quelle sette genti e nazioni per vincerle e distruggerle. Non le potrete vincere tutte insieme; ma a poco a poco Dio vi darà la vittoria di tutte esse (Deut. 7, 28).

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Come scegliere la materia dell’esame particolare?

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.

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TRATTATO VII. DELL'ESAME DELLA COSCIENZA

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CAPO III. Di due ricordi e avvertimenti importanti per far buona elezione della cosa sopra della quale si ha da tirare l'esame particolare.

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1. Prima i difetti esteriori.
2. Poi gl'interiori.
3. Spesso tolti gli interni, si dileguano anche gli esterni.

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1. Discendendo in questa materia più al particolare, si hanno qui da avvertire due cose molto principali. La prima, che quando vi sono difetti esteriori che offendono e scandalizzano i nostri fratelli, questi hanno da essere i primi che si ha da procurar di levare coll'esame particolare, ancorché vi siano altre cose interne di maggior momento. Come sarebbe se uno non è corretto nel parlare, o perché parla assai, o perché parla con impazienza e collera, o perché dice parole che possono mortificare il suo fratello, o forse parole di mormorazione e che possono oscurar alquanto un altro, o altre simili. Perché la ragione e la carità ricercano che prima leviamo via q nei difetti, che sogliono offendere e scandalizzare i nostri fratelli, e che procuriamo di vivere e conversare di tal maniera fra essi, che ninno possa lamentarsi né offendersi di noi, come dice il sacro Vangelo del padre e della madre del glorioso Battista; che cioè erano entrambi giusti dinanzi a Dio e vivevano senza querela dinanzi agli uomini (Luc. 1, 6). Questa è una gran lode d'un servo di Dio e una delle cose che ha da procurar assai un religioso che vive in comunità. Non basta che egli sia giusto dinanzi a Dio; ma ha da procurare che il suo modo di procedere nella religione sia tale, che niuno si possa lamentare di lui; che non si possa di lui dire alcun male. E se vi è qualche cosa che possa offendere, su questa si deve cominciare a tirare l'esame particolare.

 

 

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