LETTERA
ENCICLICA
DI S. S. IL PAPA BENEDETTO XV
NEL CINQUANTENARIO
DALLA PROCLAMAZIONE Dl S. GIUSEPPE
A PATRONO DELLA CHIESA UNIVERSALE
Fu buona
e salutare cosa per il popolo cristiano che il Nostro antecessore d’immortale memoria
Pio IX decretasse solennemente al castissimo sposo di Maria Vergine e custode del
Verbo Incarnato, S. Giuseppe, il titolo dl Patrono Universale della Chiesa; e poiché
di questo fausto avvenimento nel prossimo dicembre ricorrerà il cinquantesimo,
stimiamo assai utile ed opportuno che esso venga degnamente celebrato da tutto l’orbe
cattolico.
I. – Naturalismo dall’età moderna.
Se noi diamo uno sguardo a questi ultimi 50 anni, ci si para innanzi un mirabile
rifiorimento di pie istituzioni, le quali attestano come il culto del Patriarca santissimo
sia venuto a mano a mano sviluppandosi fra i fedeli: che se poi consideriamo le odierne
calamità, ond’è afflitto il genere umano, appare ancor più evidente
l’opportunità d’intensificare un tal culto e di diffonderlo maggiormente in
mezzo al popolo cristiano. Infatti, in seguito all’immane guerra, nella nostra Enciclica
«intorno alla riconciliazione della pace cristiana», abbiamo indicato
che cosa mancasse per ristabilire dovunque la tranquillità dell’ordine, considerando
particolarmente le relazioni, che intercedono tra popolo e popolo e tra individuo
e individuo nel campo civile. Ora fa d’uopo considerare un’altra causa di perturbazione,
e molto più profonda, come quella che si annida proprio nelle intime viscere
della umana società. poiché allora s’abbattè sulle umane genti
il flagello della guerra, quando esse già erano profondamente infette di naturalismo,
cioè di quella gran peste del secolo, che, dove attecchisce, attenua il desiderio
dei beni celesti, spegne la fiamma della divina carità e sottrae l’uomo alla
grazia sanante ed elevante di Cristo; finché, toltogli il lume della fede
e lasciategli le sole e corrotte forze della natura, lo abbandona in balia delle
più insane passioni. E così avvenne che moltissimi si diedero soltanto
alla conquista dei beni terreni; e, mentre già s’era acuita la contesa tra
proletari e padroni, quest’odio di classe si accrebbe ancor più con la durata
ed atrocità della guerra; la quale, se da un lato cagiono fra le masse un
disagio economico intollerabile, dall’altro fece affluire nella mano di pochissimi
favolose fortune.
II. – Scompagine della famiglia.
S’aggiunga che la santità della fede coniugale e il rispetto della paterna
autorità sono stati da molti non poco vulnerate per causa della guerra; sia
perché la lontananza di uno dei coniugi ha rallentato nell’altro il vincolo
del dovere, sia perché l’assenza di un occhio vigile ha dato ansa alla inconsideratezza,
specialmente femminile, di vivere a proprio talento e troppo liberamente. Perciò
dobbiamo constatare con vero dolore che ora i pubblici costumi sono assai più
depravati e corrotti di prima, e che quindi la così detta «questione
sociale» si è andata aggravando a tal punto di ingenerare la minaccia
di irreparabili rovine. S’è infatti maturato nei voti e nell’aspettazione
di tutti i sediziosi l’avvento di una certa repubblica universale, la quale sia fondata
sull’eguaglianza assoluta degli uomini e sulla comunanza dei beni, e nella quale
non vi sia più distinzione alcuna di nazionalità, né più
s’abbia a riconoscere l’autorità del padre sui figli, né dei potere
pubblico sui cittadini, né di Dio sugli uomini riuniti in civile consorzio.
Cose tutte, che, se per sventura fossero attuate, darebbero luogo a tremende convulsioni
sociali, come quella che ora sta desolando non piccola parte di Europa. E si è
appunto per creare anche tra gli altri popoli una simile condizione di cose, che
noi vediamo concitarsi le plebi dal furore audace di pochi e verificarsi qua e là
ininterrotte e gravi sommosse.
III. – Esempi efficaci di S. Giuseppe.
Noi pertanto, più di tutti preoccupati da questa piega degli avvenimenti,
non abbiamo tralasciato, quando se n’è offerta l’occasione, di ricordare ai
figli della Chiesa il loro dovere… Ed ora per lo stesso motivo, per ricordare cioè
il dovere a quelli di parte nostra, quanti essi sono dovunque, che si guadagnano
il pane col lavoro, e per conservarli immuni dal contagio del socialismo, il nemico
più acerrimo dei principi cristiani, Noi, con grande sollecitudine, proponiamo
loro in modo particolare S. Giuseppe, perché lo seguano come guida e lo onorino
qual celeste Patrono.
Egli infatti visse una vita simile alla loro, tanto è vero che Gesù
benedetto, mentre era l’Unigenito dell’Eterno Padre, volle essere chiamato «il
Figliolo del Padre». Ma quella umile e povera sua condizione di quali e quante
eccelse virtù Egli seppe adornare! Di quelle virtù cioè, che
dovevano risplendere nello sposo di Maria Immacolata e nel padre putativo di Gesù
Cristo. Per cui, alla scuola di Giuseppe, imparino tutti a considerare le cose presenti,
che passano, alla luce dalle future, che durano eterne; e, consolando gli inevitabili
disagi della condizione umana con la speranza dei beni celesti, a questi aspirino
con tutte le forze, rassegnati al divino volere, sobriamente vivendo, secondo i dettami
della pietà e della giustizia. Per quello che riguarda specialmente gli operai,
Ci piace qui riportare le parole, che proclamo in analoga circo stanza il predecessore
Nostro di f. m. Leone XIII, poiché esse son tali che, a parer Nostro, più
a proposito non potrebbero esser dette: «Alla considerazione di queste cose,
i poveri, e quanti vivono col frutto del lavoro, devono sentirsi animati da un sentimento
superiore di equità; che se la giustizia permette loro di sollevarsi dall’indigenza
e di conseguire un maggior benessere, è pero proibito dalla giustizia e dalla
stessa ragione di sconvolgere quell’ordine, che è stato costituito dalla divina
Provvidenza. Che anzi è stolto consiglio il trascendere alla violenza e cercar
miglioramento attraverso rivolte e tumulti, i quali, il più delle volte, non
fanno che inasprire vieppiù quei disagi, che si volevano mitigare. Se i poveri
pertanto vorranno agire saggiamente, non confideranno nelle vane promesse dei demagoghi,
ma piuttosto nell’esemplo e nel patrocinio di S. Giuseppe e nella carità materna
della Chiesa, la quale di giorno in giorno si prende di loro una premura sempre maggiore»
(Lettera Enciclica « Quamquam pluries »).
IV. – Devozione alla Sacra Famiglia.
Col fiorire così della devozione dei fedeli verso S. Giuseppe, aumenterà
insieme, per necessaria conseguenza, il loro culto verso la Sacra Famiglia di Nazareth,
di cui egli fu l’augusto Capo, sgorgando queste due devozioni l’una dall’altra spontaneamente.
poiché per S. Giuseppe noi andiamo direttamente a Maria, e per Maria al fonte
di ogni santità, Gesù Cristo, il quale consacrò le virtù
domestiche colla sua obbedienza verso S. Giuseppe e Maria. A questi meravigliosi
esemplari di virtù Noi quindi desideriamo che le cristiane famiglie si ispirino
e completamente si rinnovellino. In tal modo, poiché la famiglia è
il fulcro e la base dell’umano consorzio, rafforzando la società domestica
col presidio della santa purezza, della fedeltà e della concordia, con ciò
stesso un novello vigore; e diremo quasi, un nuovo sangue circolerà per le
vene della società umana, che viene così ad essere vivificata dalla
virtù restauratrice di Gesù Cristo; e ne seguirà un lieto rifiorimento,
non solo dei privati costumi, ma anche delle istituzioni pubbliche e civili.
V. – Esortazioni e prescrizioni.
Noi pertanto, pieni di confidenza nel patrocinio di Colui, alla cui provvida vigilanza
si compiacque Iddio di affidare la custodia dell’incarnato suo Unigenito e della
Vergine Santissima, vivamente esortiamo tutti i Vescovi dell’orbe cattolico, affinché,
in tempi si burrascosi per la Chiesa, inducano i fedeli a implorare con maggior impegno
il valido aiuto di San Giuseppe. E poiché parecchi sono i modi approvati da
questa Sede Apostolica, con cui si può venerare il santo Patriarca, specialmente
in tutti i mercoledì dell’anno e nell’intero mese a Lui consacrato, Noi vogliamo
che, ad istanza di ciascun Vescovo, tutte queste devozioni, per quanto si può,
siano in ogni diocesi praticate Ma in modo particolare, poiché egli è
meritamente ritenuto come il più efficace protettore dei moribondi, essendo
spirato con l’assistenza di Gesù e di Maria, sarà cura dei sacri Pastori
di inculcare e favorire con tutto il prestigio della loro autorità quei pii
sodalizi, che sono stati istituiti per supplicare S. Giuseppe in pro dei moribondi,
come quello « della buona morte», del «Transito di S. Giuseppe
per gli agonizzantl di ogni giorno».
Per commemorare poi il suddetto Decreto Pontificio, ordiniamo ed ingiungiamo che
dentro un anno, a datare dall’8 dicembre p. v., in tutto il mondo cattolico, si celebri,
in onore dl S. Giuseppe Patrono della Chiesa Universale, una solenne funzione, come
e quando crederà opportuno ciascun Vescovo; e a tutti quelli che vi assisteranno,
Noi concediamo fin d’ora, alle consuete condizioni, l’Indulgenza Plenaria.
Dato a Roma, presso S. Pietro, il 25 luglio, festa di S. Giacomo Apostolo, 1920,
nell’anno sesto del Nostro Pontificato.
BENEDICTUS
PP. XV.