Vita della Beata Imelda Lambertini, cap. II

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P. TIMOTEO
CENTI O. P.

LA BEATA IMELDA LAMBERTINI

VERGINE DOMENICANA

CON STUDIO CRITICO E DOCUMENTI INEDITI









II

IL MONASTERO DI S. M. MADDALENA IN VAL DI PIETRA

La nobildonna Pina de’
Malavolti, da noi sopra ricordata per un peccato di vanità, andò sposa
a Guido Lambertini, fratellastro della nostra Beata.

Il matrimonio avvenne quando ormai Imelda toccava l’età della discrezione,
quindi lei avrà senz’altro capito che fra breve si sarebbe trovata al bivio:
o accettare, anche con spirito cristiano, le gioie del secolo, oppure rinunziare
a tutto per amore di Cristo.

La storia ci assicura che Imelda scelse quest’ultima via; e i motivi della scelta
vanno ricercati in quella misteriosa, intima propensione alle gioie della castità,
che il Signore aveva infuso nel cuore della sua eletta.

A quel tempo le donne sposavano molto giovani, e quelle che non intendevano abbracciare
lo stato matrimoniale si ritiravano giovanissime in monastero. Nel leggere che Imelda
fu monaca a undici anni, si rimane un po’ perplessi, dato che oggi – specialmente
dopo il nuovo Codice di Diritto Canonico – vere e proprie monache undicenni non possono
più esistere.

Alcuni, per risolvere la questione, hanno pensato che la Lambertini fosse una specie
di educanda; ma si sbagliano. Il reclutamento dei frati e delle suore si faceva,
a quei tempi, anche tra i ragazzi e le bambine che toccavano sì e no gli undici
anni (1).

Nelle antiche Costituzioni delle Suore Domenicane era prescritto di non ammettere
alla professione le fanciulle di età inferiore ai tredici anni,
e che ordinariamente non si dovessero accettare in Monastero prima degli undici
anni
. Però – sempre secondo le Costituzioni – si poteva derogare alla
regola quando se ne sperasse un vantaggio spirituale, oppure quando c’era da ovviare
a qualche grave inconveniente. In tale caso le bambine dovevano istruirsi a parte
e non erano tenute ai digiuni rigorosi dell’Ordine (2).

La legge, come d’ordinario, consacra un uso, ma è pure indice dell’esistenza
di un abuso, o se volete di una consuetudine contraria. Praticamente si accoglievano
nei monasteri bambine in età assai tenera come è chiaro nella vita
di S. Margherita d’Ungheria (Ü 1271), messa in convento che appena balbettava, e
di S. Agnese di Montepulciano (Ü 1317) la quale a nove anni era in monastero ed a
soli quindici fu eletta abbadessa (3).

Quanto a noi, abbiamo di più e di meglio per chiarire la questione, se è
vero, anche in istoria, che contro il fatto argomento non vale.

Nel Monastero domenicano di Valdipietra in Bologna – quello dove fu accolta la nostra
Beata – venne ricevuta all’abito, alla fine del Duecento, una certa Bartolomea di
Bonacosa “minore di dodici anni perchè facesse parte della Comunità
“. Ma la predetta Bartolomea non vi perseverò, e le Suore si sentirono
in dovere di restituire la dote (4). Il che giova anche a dimostrare come l’entrata
da piccoli in monastero non significava esser costretti a rimanervi.

Si può muovere la questione se l’uso di accettare adolescenti nei conventi
e nei monasteri sia proprio lodevole. S. Tommaso d’Aquino, educato anch’egli bambino
presso i monaci di Montecassino, ebbe occasione di sostenere, con argomenti buoni
anche oggi, che attirare i bambini – e speriamo non se l’abbia per male, se vi aggiungiamo
anche le bambine! – allo stato religioso, sia pure col miraggio dei vantaggi materiali
che ne derivano, non è male, ma è cosa lecita. Come è lecito
– egli dice – distribuire i benefici agli ecclesiastici, per richiamarli alla recita
delle ore canoniche. “Lungi da noi il pensare che ci vadano solo per questo
(aggiunge cautamente il S. Dottore), ma è certo che ciò serve a rendere
l’obbligo più facile e più piacevole” (5).

Lo stesso Santo, così umano e comprensivo, non trovava ripugnanza a permettere
che i fanciulli, anche in tenera età, abbracciassero lo stato religioso verso
il quale sentissero inclinazione. A tal proposito faceva osservare che il ragazzo
è portato fin dalla infanzia a desiderare quel mestiere nel quale in seguito
vuole impegnarsi per tutta la vita, come avviene di coloro che poi sono fabbri o
soldati, e via dicendo; perchè le cose a cui ci siamo abituati da piccoli,
si fanno da grandi con maggiore facilità (6). Tutte sapienti considerazioni
che la Chiesa ha sempre tenuto presenti ed ha sanzionato poi col Concilio di Trento
istituendo i Seminari.

In fin dei conti, quale rimprovero si potrà fare ai molto giovani che entrano
in convento? Forse quello di non aver avuto tempo di far molte corbellerie? (7).

La decisione di Imelda è tempo ormai che torniamo ad occuparci di lei non
sarà stata senza dolorosa sorpresa per Egano e Castora, molto più che
si trattava probabilmente dell’unica femmina; ma i pii genitori non si opposero alla
divina volontà e permisero alla piccola di entrare in Monastero.

La scelta dell’Ordine religioso e della casa monastica fu determinata da motivi che
storicamente ci sfuggono, ma che la psicologia e la logica – due cose che non possiamo
mettere da parte per amore di serietà – ci fanno supporre; perchè rimane
sempre vero che non è possibile desiderare ciò che non si conosce.

Si può anche pensare all’esistenza di un qualche legame di parentela tra Imelda
e Suor Bartolomea Guastavillani, che nel 1330 era novizia nello stesso Monastero;
non era infatti raro il caso, anche a quei tempi, che si verificassero vocazioni
a catena, tra membri dello stesso casato. Si ricorderà che la prima moglie
di Egano fu Misina Guastavillani (8).

L’Ordine di S. Domenico vantava a Bologna un vero primato: il gran Patriarca predilesse
la Città degli studenti e dei dotti; la sua Arca marmorea fu mèta di
pellegrinaggi e centro di attrazione per i bolognesi. Senza dubbio anche Imelda si
sarà inginocchiata presso le Sacre Spoglie ed avrà frequentata la Chiesa
di S. Domenico, se non altro per visitare gli aviti sepolcri dei Lambertini, addossati
lungo le pareti del Tempio o per conoscere da vicino gli zii domenicani.

Il Secondo Ordine domenicano, quello delle Suore di clausura, era in Bologna fiorentissimo.
Apre la gloriosa schiera la nobile Diana degli Andalò (Ü 1236), emula bolognese
di Chiara di Assisi per le lotte sostenute nel rispondere alla sua vocazione, per
l’amore riverente verso il S. Fondatore dei Frati Predicatori, per la materna sollecitudine
verso i Confratelli biancovestiti.

Imelda tuttavia non scelse il Monastero di S. Agnese, fondato dalla suddetta Beata,
e neppure altri monasteri domenicani allora esistenti in Bologna, ma quello situato
fuori le mura, presso la Porta Saragozza, dedicato a S. Maria Maddalena.

Dei sentimenti di Imelda nell’abbandonare la bella casa paterna per entrare nelle
austere mura di Valdipietra non ci è stata tramandata memoria alcuna; essi
possono facilmente immaginarsi da chi una volta in vita sua abbia sperimentato l’avvicendarsi
nella propria anima di considerazioni ora tristi ora liete, che scaturiscono dal
raggiungimento di una mèta già agognata, ma che tuttavia, appena raggiunta,
mette in orgasmo il “guazzabuglio del cuore umano”. Immaginiamola pure
la nostra piccola beata, raggiante di gioia e redolente di verginale purezza, mentre
accompagnata dai familiari, varca la soglia della propria casa, esce, come la mistica
sposa, fuori delle mura della Città, in cerca del suo Diletto, di cui praticamente
è già prigioniera.

Il Monastero di S. Maria Maddalena fuori Porta Saragozza, che ancor oggi sussiste,
benchè abbia subìto nel corso dei secoli notevoli trasformazioni, era
anticamente in aperta campagna e così lontano dall’abitato da far temere per
l’incolumità delle Suore; non senza ragione, se dobbiamo prestar fede ad un
fattaccio registrato nell’Archivio Criminale di Bologna, riferito dal Mazzoni (9).

Come tutti i vecchi edifici vanta una storia assai antica e movimentata; la potremmo
anche trascrivere per non abbreviare troppo questi cenni storici sulla Beata Imelda.
Ma avranno poi grande interesse i nostri lettori a sapere per filo e per segno, come
e perchè in quelle antiche mura vi abitassero prima i Monaci Cluniacensi,
poi le Monache Domenicane, i Servi di Maria (1566) e finalmente i Padri Cappuccini?

A noi più d’ogni altra parte del sacro edificio interessa la Chiesa, lo scenario
del grande dramma di amore divino, e brameremmo rivederla così come era il
12 Maggio 1333, quando fu riempita dal fulgore dell’Ostia Santa e dai singulti di
Imelda.

“L’antichissima Chiesa annessa al Monastero – notava il Conte Gozzadini nel
1851 – sussisteva ancora pochi anni or sono, e per l’esterna architettura ogivale
e per l’interna volta carenata di legno pitturato, era raro e preziosissimo monumento.
Ma i più credono che ogni cosa antica è brutta, ed in confronto ogni
nuova è bella, sicchè non rimpiangono nè pur ricordano quella
singolarissima chiesa che ivi fu, e si compiacciono di quella che vi è”
(10).

Dopo la visita esterna alle mura, cosa che anche gli i.ìndevoti turisti fanno
volentieri, passeremo a dare uno sguardo all’intimità del Monastero e tenteremo
di ricostruire l’ambiente monastico dove Imelda visse e precocemente morì.

NOTE

(1) Cfr. MASETTI T. O.
P. Monumenta et Antiquitates Ord. Praed., I, Romae 1864, 56.

(2) Vedi LIBER CONSTITUTIONUM SORORUM O.P., De Professione: sextumdecimum capitulum,
in ANALECTA S.O.P. III (1897-98), 343; Vedi anche le Costituzioni delle Suore dì
S. Sisto in BULLARIUM O. P. VII, pag. 410, dove si legge: «Puellas extra undecimura
annum recipere non solemus. Que tamen propter vitandum grave scandalum, vel spirituale
commodum, infra hos annos recepte fuerint, mittantur seorsum et diligenter bonis
moribus usque ad quartumdecimum informentur. Porro infirme, valetudinarie, vel puelle
non debent abstinentia, vel iejuniis gravari».

(3) B. RAIMONDO DA CAPUA, S. Agnese Poliziana, traduzione a cura di U. Boscaglia,
Firenze 1954, 35, 45.

(4) «18-11-1289. Cum D. Dominicus Bonacosa ottullerit et dederit Bartholomaeam
suam filiam minorem duodecim annis d. priori et priorisse et conventui S.
Marie de Valdepreta (sic) ut religionem ipsarum servaret et per subsidium
expensarum dietae eius filie et pro remedio suorum peccatorum. obtullerit et donaverit…
peciam unam terre et quinquaginta octo lib. bon. in denariis numeratis; et predieta
Bertholomea ante tempus prolessionis ipsius et post mortem dieti patris, exiverit
religionem predietam, cuius occasione fr. Johannes prior dieti Conventua et Dominarum
et dieta Soror Grega priorissa… sciendo se teneri ad restitutionem… dederunt
et restituerant etc…». Bologna, Arch. di Stato, Memoriale di Bartolomeo di
Bertoldo Carbone, f. 39 v.

Dobbiamo l’importante documento alla squisita cortesia del compianto storiografo
della Beata il P. Tommaso Alfonsi.

(5) «Sic in Novo Testamento aliqui sunt perfecti qui nolunt allici temporalibus,
alii sunt imperfecti qui sunt alliciendi etiam temporalibus; unde dantur distribuciones
in Ecclesia ut manuducantur ad veniendum ad horas. Absit quod propter ista eant,
sed benigniores efficiuntur et libentius vadunt». KAEPPELI T. O. P., Una
raccolta di prediche attribuite a S. Tommaso d’Aquino
, in ARCHIVUM FRATRUM PRAEDICATORUM,
XIII (Roma 1943), 84-85. Cfr. ibidem, 66-67.

A parte tutto, rimane sempre un bel complimento per gli «imperfecti»
Corali!

(6) «Nullus est qui anhelat ad aliquem statum, si vult esse perfectus in statu
illo, quin anhelet ad ipsum in puericia. Ergo a principio aetatis tuae incipias exire
de mundo, quia quantumcunque homo proficit, semper crescit, et quae a juventute assuescimus,
faciliter agimus». S. Tommaso d’Aq. op. cit. 80.

(7) MANZONI, I Promessi Sposi, XI.

(8) «Jacobus olim Villani de Guastavillanis reliquit sorori Bartolomee de Guastavillanis
moniali S. Marie Magdalene Vallis prede centum solidos bonon. Item reliquit d.ae
Jacobe de Castello in dieto Monasterio magistre sororis Bartolomee predicto tres
sol. bon.». Bologna, Arch. di Stato. Memoriale del 16 Marzo 1330; cit. in ALFONSI
T., I libri Corali di Valdipietra. MEM. DOMENICANE, 1926, 139.

(9) MAZZONI-TOSELLI, op. cit., II, 134.

(10) GOZZADINI G., Cronaca di Ronzano, Bologna 1851. 87-88, nota 45.








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