«Trattato della vera devozione a Maria»
di
S. Luigi Maria Grignion de Montfort
PARTE
TERZA – CAPITOLO QUINTO (prima
parte)
ESPRESSIONI
E IMPEGNI DELLA CONSACRAZIONE
[226] Benché
l’essenziale di questa devozione consista nell’interiorità, essa si esprime
anche in diverse pratiche esteriori che non bisogna trascurare: «Queste
cose bisognava praticare, senza omettere quelle»1. Infatti le pratiche esteriori ben compiute
aiutano quelle interiori2. Esse inoltre fanno ricordare
all’uomo, che agisce sempre per mezzo dei sensi, quello che ha fatto o deve fare.
Esse, infine, sono idonee a edificare il prossimo che le vede, mentre ciò
non avviene con quelle soltanto interiori.
Nessun mondano
o critico metta qui il naso e dica: la vera devozione sta nel cuore, bisogna evitare
ciò che è esteriore, vi può entrare la vanità, si deve
tener nascosta la propria devozione, ecc. Rispondo loro con il mio divin Maestro:
«Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché
vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli»3.
Non perché
– avverte san Gregorio4 – si debbano compiere
le proprie azioni e devozioni esterne per piacere agli uomini ed attirarsene le lodi,
il che sarebbe vanità. Ma talvolta si compiono queste azioni dinanzi agli
altri con l’intenzione di piacere a Dio, e cosi rendergli gloria, senza preoccuparsi
dei disprezzi e delle lodi che potrebbero derivare a noi dagli altri.
Riferirò
solo il riassunto di alcune pratiche esteriori. Le chiamo cosi non perché
si possano fare senza devozione interna, ma perché hanno qualche cosa di esteriore,
per cui si distinguono da quelle puramente interiori.
1.
Consacrazione dopo esercizi preparatori
[227] PRIMA PRATICA.
Quelli e quelle che vogliono abbracciare questa particolare forma di devozione – che
non è eretta in Confraternita5, anche se ciò è
desiderabile -, dopo aver trascorsi almeno dodici giorni a liberarsi dello spirito
del mondo, contrario allo spirito di Gesù Cristo (come ho detto nella prima
parte di questa preparazione al regno di Gesù Cristo), dedicheranno tre settimane
a riempirsi di Gesù Cristo per mezzo della santissima Vergine.
Ecco l’ordine
che potranno seguire.
[228] Durante
la prima settimana rivolgeranno tutte le loro preghiere e opere di pietà
allo scopo di ottenere la conoscenza di se stessi e la contrizione dei propri peccati,
e faranno ogni cosa in spirito di umiltà. Per questo, se vogliono, potranno
meditare ciò che ho già detto delle nostre cattive inclinazioni6e considerarsi, durante questa settimana,
come lumache, chiocciole, rospi, suini, serpenti e capri. Potranno anche meditare
questi tre pensieri di san Bernardo: «Considera ciò che sei stato,
un seme corrotto; ciò che sei, un vaso immondo; ciò che sarai, cibo
dei vermi»7. Pregheranno Nostro
Signore e il suo Santo Spirito di illuminarli, dicendo: «Signore, che io
veda»8; oppure: «Che
io conosca me stesso»9; O anche: «Vieni,
Spirito Santo». Reciteranno ogni giorno le litanie dello Spirito Santo,
con l’orazione che segue, riferite nella prima parte di quest’opera. Ricorreranno
alla Vergine santa e le chiederanno questa grande grazia, che deve essere il fondamento
delle altre, e perciò diranno tutti i giorni Ave stella del mare e
le sue litanie.
[229] Nella
seconda settimana si applicheranno in tutte le loro preghiere e azioni quotidiane
a conoscere Maria. Chiederanno tale conoscenza allo Spirito Santo. Potranno leggere
e meditare ciò che ne abbiamo detto. Reciteranno, come nella prima settimana,
le litanie dello Spirito Santo e l’Ave, stella del mare e in più, un
rosario al giorno, o almeno una terza parte, a questa intenzione.
[230] Consacreranno
la terza settimana a conoscere Gesù Cristo. Potranno leggere e meditare
quanto ne abbiamo detto, e recitare la preghiera di sant’Agostino, posta verso l’inizio
di questa seconda parte. Potranno, con il medesimo santo, dire e ripetere cento e
cento volte al giorno: «Signore, che io ti conosca!», o
anche: «Signore, che io veda chi sei tu». Reciteranno, come nelle
settimane precedenti, le litanie dello Spirito Santo e l’Ave, stella del mare
aggiungendo ogni giorno le litanie del Santo Nome di Gesù.
[231] Alla fine
delle tre settimane, si confesseranno e comunicheranno con l’intenzione di darsi
a Gesù Cristo in qualità di schiavi d’amore per le mani di Maria. Dopo
la Comunione, che cercheranno di ricevere secondo il metodo indicato più avanti,
pronunceranno la formula della consacrazione che si trova pure più avanti.
Dovranno trascriverla essi stessi o farla trascrivere, se non ne avessero una copia
stampata, e firmarla nel giorno stesso in cui l’hanno pronunciata.
[232] È
bene che in tal giorno offrano un qualche tributo a Gesù Cristo e alla santa
sua Madre, sia in penitenza della passata infedeltà ai voti del battesimo,
sia per protestare la loro dipendenza dal dominio di Gesù e di Maria. Questo
tributo sarà secondo la devozione e la possibilità dei singoli, per
esempio, un digiuno, una mortificazione, un’elemosina, un cero. Anche se offrissero
in omaggio solo uno spillo, ma di buon cuore, tanto basta per Gesù, che guarda
solo la buona volontà.
[233] Almeno ogni
anno, nello stesso giorno, rinnovino la medesima consacrazione, osservando gli stessi
esercizi per tre settimane. Potranno, anzi, ogni mese e giorno, rinnovare tutto quanto
hanno compiuto, con queste poche parole: «Io sono tutto tuo, e tutto ciò
che è mio ti appartiene, o amabile Gesù, per mezzo di Maria, tua santa
Madre»10.
[234] SECONDA
PRATICA. Reciteranno tutti i giorni della loro vita, senza però ritenersi
obbligati, la Coroncina della santissima Vergine, composta di tre Padre
nostro e dodici Ave, in onore dei dodici privilegi e grandezze di Maria.
Questa pratica è molto antica ed ha fondamento nella sacra Scrittura. San
Giovanni vide una donna «vestita di sole, con la luna sotto i piedi e sul
suo capo una corona di dodici stelle»11.
Questa donna – secondo gli interpreti – è la santissima Vergine.
[235 ] Esistono
tanti modi per recitare bene la Coroncina e sarebbe troppo lungo volerli qui esporre.
Lo Spirito Santo li farà conoscere a quelli e a quelle che saranno più
fedeli a questa pia pratica. Tuttavia, un modo semplice di recitarla è di
dire innanzi tutto: «Degnati di accettare le mie lodi, Vergine santa. Dammi
forza contro i tuoi nemici»12. Poi si recita il Credo
e, per tre volte, un Padre nostro, quattro Ave e un Gloria al
Padre. Alla fine si dice: «Sotto la tua protezione ci rifugiamo…».
[236] TERZA PRATICA.
È cosa lodevolissima, molto onorifica e di grande utilità per quelli
e quelle che si sono consacrati come schiavi di Gesù in Maria, portare quale
contrassegno della propria schiavitù di amore delle catenine di ferro benedette
con una apposita benedizione, che riferirò più in là13.
Tali segni esteriori,
a dire il vero, non sono essenziali e una persona può benissimo farne a meno,
pur avendo abbracciata questa devozione. Però io mi sento spinto a lodare
molto quelli e quelle che, dopo essersi scrollati di dosso le ignominiose catene
della schiavitù satanica in cui li avevano avvinti il peccato originale e
forse anche i peccati attuali, si sono volontariamente sottoposti alla gloriosa schiavitù
di Gesù Cristo e si vantano con san Paolo di essere in catene per Gesù
Cristo14. Queste catene, anche
se di ferro e senza lustro, sono mille volte più gloriose e preziose di tutte
le catene d’oro degli imperatori.
[237] Una volta
non c’era nulla di più disonorevole della croce; oggi invece, nel cristianesimo,
non c’è nulla che sia più glorioso di questo legno. Lo stesso si dica
dei ceppi della schiavitù. Non c’era niente di più ignominioso tra
gli antichi, ed oggi ancora tra i pagani; ma fra i cristiani non c’è niente
di più onorifico di queste catene di Gesù Cristo. Esse infatti ci liberano
e preservano dagli infamanti vincoli del peccato e del demonio; ci danno la libertà
e ci legano a Gesù e a Maria non con la costrizione e con la violenza come
dei forzati, ma con la carità e l’amore, come figli: «Io li attirerò
a me, dice Dio per bocca del profeta, con catene d’amore»15. Queste, pertanto,
sono forti come la morte, anzi in certo modo, più forti della morte in coloro
che saranno fedeli a portare fino alla morte questi segni gloriosi. Infatti, benché
la morte distrugga e corrompa il loro corpo, non potrà distruggere i vincoli
della loro schiavitù che, essendo di ferro, non si corromperanno facilmente.
E forse, nel giorno della risurrezione dei corpi, nell’ultimo grande giudizio, tali
catene avvinte ancora alle loro ossa, faranno parte della loro gloria, mutate in
catene di luce e di gloria. Beati dunque gli incliti schiavi di Gesù in Maria,
che porteranno le loro catene fino alla morte.
[238] Ecco i motivi
che inducono a portare le catenine di ferro.
1) Esse ricordano
al cristiano i voti e gli impegni del battesimo, la loro perfetta riconferma compiuta
con questa devozione e lo stretto obbligo di esservi fedele. Spesso l’uomo si lascia
guidare più dai sensi che dalla fede pura; dimentica facilmente i suoi obblighi
verso Dio se qualche oggetto esterno non glielo richiama alla mente. Pertanto le
catenine della schiavitù servono in modo mirabile al cristiano per ricordargli
le catene del peccato e della schiavitù del demonio – da cui il santo
battesimo l’ha liberato – e insieme la dipendenza da Gesù Cristo promessa
nel santo battesimo e la ratifica che ne ha fatto rinnovando quei voti. Uno dei motivi
per cui così pochi cristiani pensano ai loro santi voti battesimali e vivono
dissoluti, come se nulla avessero promesso a Dio, al pari dei pagani, è che
non portano su di sé alcun segno esteriore che li richiami loro alla memoria.
[239] 2) Per mostrare
che non si arrossisce della schiavitù e servizio di Gesù Cristo, e
che si rinuncia alla funesta schiavitù del mondo, del peccato e del demonio.
3) Per garantirsi
e preservarsi dalle catene del peccato e del demonio. Bisogna infatti portare o catene
d’iniquità o catene di carità e di salvezza16.
[240] Mio caro
fratello! Spezziamo le catene dei peccati e dei peccatori, del mondo e dei mondani,
del diavolo e dei suoi satelliti. Respingiamo lontano da noi il loro giogo funesto:
«Spezziamo le loro catene, gettiamo via i loro legami»17. «Mettiamo
i nostri piedi – mi servo delle parole dello Spirito Santo – nei suoi
ceppi gloriosi e il nostro collo nelle sue catene»18. Curviamo il dorso e portiamo la Sapienza, che
è Gesù Cristo, né ci rincresca di essere stretti nelle sue catene:
«Introduci i tuoi piedi nei suoi ceppi, il collo nella sua catena. Piega
la tua spalla e portala, non disdegnare i suoi legami»19.
Nota che prima di pronunciare le parole surriferite, lo Spirito Santo prepara
l’anima a non respingere il suo importante consiglio, e le dice: «Ascolta,
figlio, e accetta il mio parere; non rigettare il mio consiglio»20.
[241] Permetti,
dunque, amico carissimo, che io mi unisca allo Spirito Santo, per darti il medesimo
consiglio: «Le sue catene sono legami di salvezza»21. Dalla croce Gesù Cristo deve attirare
tutto a sé, per amore o per forza.
Attirerà
i reprobi con le catene dei loro peccati, per incatenarli alla sua ira eterna e alla
sua giustizia vendicatrice, come forzati e demoni. Attirerà, invece con catene
di carità i predestinati, soprattutto in questi ultimi tempi: «Attirerò
tutti a me»22. «Io li
traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore»23.
[242] Questi schiavi
d’amore di Gesù Cristo, questi incatenati di Gesù Cristo24, possono portare le loro catene o al collo, o alle
braccia, o ai fianchi, o ai piedi. Il Padre Vincenzo Caraffa, settimo Generale della
Compagnia di Gesù, morto in odore di santità nel 1643, portava, in
segno della sua servitù, un cerchio di ferro ai piedi e si diceva spiacente
di non poter trascinare pubblicamente la catena.
La Madre Agnese
di Gesù, già da noi ricordata, portava una catena di ferro intorno
alla vita. Altri l’hanno tenuta al collo in penitenza delle collane di perle da essi
portate nel mondo, ed altri alle braccia per ricordarsi durante i lavori manuali
di essere schiavi di Gesù Cristo.
4.
Celebrazione del mistero dell’Incarnazione
[243] QUARTA PRATICA.
Avranno un culto singolare per il grande mistero dell’Incarnazione del Verbo, che
si celebra il 25 marzo. È questo il mistero proprio della devozione di cui
ho parlato. Infatti, questa devozione fu ispirata dallo Spirito Santo: 1) per onorare
e imitare l’ineffabile dipendenza che Dio-Figlio volle avere da Maria per la gloria
di Dio suo Padre e per la nostra salvezza. Tale dipendenza appare in modo speciale
in questo mistero, nel quale Gesù Cristo si fa prigioniero e schiavo nel seno
della divina Maria e dipende da lei in ogni cosa. 2) Per ringraziare Dio delle grazie
impareggiabili concesse a Maria e soprattutto di averla scelta come sua degnissima
Madre: scelta che avvenne in questo mistero. Sono questi i due fini principali della
schiavitù di Gesù Cristo in Maria.
[244] Ti prego
di notare bene una cosa. Io dico abitualmente: schiavo di Gesù in Maria;
schiavitù di Gesù in Maria. Come parecchi altri han fatto sin qui,
si può dire benissimo: schiavo di Maria, schiavitù della santa Vergine.
Penso però sia meglio dire: schiavo di Gesù in Maria. Così
consigliava il Tronson, Superiore generale del seminario di san Sulpizio, rinomato
per la sua rara prudenza e sperimentata pietà ad un ecclesiastico che l’aveva
consultato in proposito25.
[245] Le ragioni
sono queste:
1) Viviamo in
un secolo orgoglioso, nel quale un gran numero di dotti gonfi di sé, di spiriti
forti e critici, trovano a ridire sulle pratiche di pietà meglio stabilite
e più solide. Ebbene, per non offrire inutili occasioni alle loro critiche,
è meglio dire: schiavitù di Gesù in Maria, e dirsi: schiavo
di Gesù Cristo, anziché schiavo di Maria. In tal modo questa
devozione prende nome più dal suo ultimo fine: Gesù Cristo, che dalla
via e dal mezzo che conduce a tale fine: Maria. Rimane però vero che si può
benissimo scegliere senza scrupoli l’una o l’altra espressione, come faccio io.
Dò un esempio.
Se uno va da Orléans a Tours per la strada d’Amboise, può dire
benissimo che va ad Amboise e a Tours, e che sta viaggiando per Amboise e per Tours.
Ma c’è una differenza: Amboise è semplicemente la strada diretta che
conduce a Tours e Tours è lo scopo ultimo e la meta del viaggio.
[246] 2) Il mistero
principale che si celebra e si onora con questa devozione è quello dell’Incarnazione,
in cui si può vedere Gesù soltanto in Maria, incarnato nel suo seno.
È meglio dire, perciò: schiavitù di Gesù in Maria,
secondo una bella preghiera di molte persone insigni: «O Gesù,
vivente in Maria, vieni a vivere in noi, nel tuo spirito di santità…»26
[247] 3) L’espressione
«schiavitù di Gesù in Maria» indica meglio
l’unione intima che passa tra Gesù e Maria. Essi sono uniti così strettamente,
che l’uno è tutto nell’altro: Gesù è tutto in Maria e Maria
tutta in Gesù. Meglio: non si trova più Maria, ma solo Gesù
in lei. E sarebbe più facile separare la luce dal sole che Maria da Gesù.
Così potremmo chiamare Nostro Signore: Gesù di Maria e la Vergine
santa: Maria di Gesù.
[248] Mi manca
il tempo di soffermarmi a spiegare l’eccellenza e le grandezze del mistero di Gesù
che vive e regna in Maria, e cioè della Incarnazione del Verbo. Mi limiterò
quindi a brevi cenni.
L’Incarnazione
è il primo mistero di Gesù Cristo: il più nascosto, il più
alto ed il meno conosciuto.
In questo mistero
Gesù scelse tutti gli eletti d’accordo con Maria, nel seno verginale di lei,
che i santi han chiamato sala dei segreti di Dio27.
In questo mistero
Gesù operò tutti gli altri misteri della sua vita, poiché sin
da allora accettò di compierli: «Entrando nel mondo, Cristo dice:
Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà…»28. Un mistero, dunque, che è compendio di
tutti i misteri e ne contiene la volontà e la grazia.
Questo mistero,
infine, è il trono della misericordia, della liberalità e della gloria
di Dio.
È il trono
della sua misericordia a nostro riguardo. In questo mistero, infatti, non ci
si può avvicinare a Gesù se non per mezzo di Maria; non lo si può
vedere né gli si può parlare se non tramite la Vergine sua Madre. E
Gesù, che esaudisce sempre la sua cara Madre, da tale trono concede la sua
grazia e la sua misericordia ai poveri peccatori: «Accostiamoci dunque con
fiducia al trono della grazia»29.
È il trono
della sua liberalità verso Maria. Infatti, il nuovo Adamo, mentre dimorava
in questo vero paradiso terrestre, vi operò in segreto tante meraviglie, che
né gli angeli né gli uomini le comprendono. Per questo i santi chiamano
Maria la magnificenza di Dio30, come se Dio fosse magnifico
soltanto in lei31.
È il trono
della gloria resa da Gesù al Padre. In Maria, infatti, Gesù Cristo
placò perfettamente il Padre irritato contro gli uomini, lo risarcì
perfettamente della gloria rapitagli dal peccato, con il sacrificio che vi fece della
sua volontà e di se stesso gli procurò più gloria che mai gli
avevano data tutti i sacrifici dell’antica Legge; e, infine gli rese quella gloria
infinita che il Padre mai ancora aveva ricevuta dall’uomo.
5.
Recita dell’Ave Maria e del Rosario
[249] QUINTA PRATICA.
Ameranno e reciteranno l’Ave Maria, cioè il saluto, di cui pochi cristiani,
anche istruiti, conoscono il valore, il merito, l’eccellenza e la necessità.
Per farne conoscere l’importanza, c’è voluto che la Vergine santa apparisse
più volte a grandi santi molto illuminati, come san Domenico, san Giovanni
da Capestrano, il beato Alano della Rupe. Essi composero libri interi sulle meraviglie
di questa preghiera e sulla sua efficacia per convertire le anime. Proclamarono a
gran voce e predicarono apertamente quanto segue:
– la salvezza
del mondo è iniziata con l’Ave Maria, così anche la salvezza
di ciascuno dipende da tale preghiera;
– questa preghiera
fece produrre il frutto di vita alla terra arida e sterile, così, se recitata
bene, essa farà germogliare anche in noi la Parola di Dio e il frutto di vita,
Gesù Cristo.
– l‘Ave Maria
è una rugiada celeste che irrora la terra, cioè l’anima, perché
dia frutto a suo tempo; chi non è irrorato dalla rugiada celeste di questa
preghiera non porta frutti, ma solo triboli e spine e va incontro alla maledizione.
[250] Ecco quanto
la santa Vergine rivelò al beato Alano della Rupe, come è scritto nel
suo libro De dignitate Rosarii e come è riferito poi da Cartagena:
«Sappi, figlio mio, e portalo a conoscenza di tutti, che è indizio
probabile e vicino di dannazione eterna il recitare con avversione, tiepidezza e
negligenza il Saluto angelico, che ha riparato il mondo intero»32. Sono parole, queste,
molto consolanti e terribili ad un tempo. Si stenterebbe a crederle se non ce lo
garantissero per vere quel sant’uomo, san Domenico prima di lui e poi tante insigni
personalità insieme all’esperienza di parecchi secoli.
Si è sempre
notato, infatti, che quanti portano il marchio della riprovazione, come tutti gli
eretici, gli empi, gli orgogliosi e i mondani, odiano o disprezzano l’Ave Maria
e la corona.
Gli eretici imparano
ancora e recitano il Padre nostro, ma non l’Ave Maria né la
corona. Li considerano con orrore. Porterebbero addosso più volentieri un
serpente che una corona. Anche gli orgogliosi, benché cattolici, avendo quasi
le stesse inclinazioni del loro padre Lucifero, disprezzano l’Ave Maria o
nutrono per essa soltanto indifferenza, e considerano la corona come devozione di
donnicciole, buona unicamente per gli ignoranti e per coloro che non sanno leggere.
L’esperienza,
invece, insegna – l’abbiamo visto – che quelli e quelle che presentano
grandi segni di predestinazione amano, gustano e recitano con piacere l’Ave Maria,
e più sono uniti a Dio, più amano questa preghiera. È ciò
che la Vergine santa diceva ancora al beato Alano, dopo le parole sopra riferite.
[251] Non so come
e perché questo avvenga, ma so che è vero. Non ho segreto migliore
di questo per sapere se una persona è di Dio: osservo se ama recitare l’Ave
Maria e la corona. Dico se ama recitare, perché può accadere
che una persona si trovi nell’incapacità naturale o anche soprannaturale di
recitarla, pur continuando ad amarla e farla amare dagli altri.
[252] Anime predestinate,
schiave di Gesù in Maria, sappiate che dopo il Padre nostro, l’Ave
Maria è la preghiera più bella di tutte. E il complimento più
perfetto che possiate rivolgere a Maria, complimento che l’Altissimo le fece rivolgere
da un arcangelo per guadagnarsene il cuore. E riuscì così efficace
sul suo cuore, per le segrete attrattive di cui è pieno, che Maria diede il
consenso all’Incarnazione del Verbo, nonostante la sua profonda umiltà. Anche
voi conquisterete sicuramente il suo cuore con questo stesso complimento recitato
bene.
[253] Secondo
i santi, l’Ave Maria recitata bene, cioè con attenzione, devozione
e modestia, è la nemica del demonio che mette in fuga, il martello che lo
schiaccia, la santificazione dell’anima, la gioia degli angeli, la melodia dei predestinati,
il cantico del Nuovo Testamento, il piacere di Maria e la gloria della SS. Trinità.
L’Ave Maria
è una rugiada celeste che rende feconda l’anima, un bacio casto e affettuoso
che si dà a Maria, una rosa vermiglia che le si offre, una perla preziosa
che le si dona, una coppa d’ambrosia e di nettare divino che le si porge. Tutti questi
paragoni sono dei santi.
[254] Vi prego
dunque vivamente, per l’amore che vi porto in Gesù e in Maria, di non contentarvi
di dire la Coroncina della santissima Vergine. Recitate anche la corona, e
se ne avete il tempo, recitate il rosario intero tutti i giorni. Al momento della
morte benedirete il giorno e l’ora in cui mi avrete creduto. E, dopo aver seminato
nelle benedizioni di Gesù e di Maria, raccoglierete benedizioni eterne nel
cielo: «Chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà»33.
[255] SESTA PRATICA.
Per ringraziare Dio delle grazie concesse alla Vergine santissima reciteranno spesso
il Magnificat, sull’esempio della beata Maria Doignies e di parecchi santi.
Il Magnificat
è l’unica preghiera e l’unica opera composta dalla Vergine santa, o meglio,
composta in lei da Gesù, dato che parlava per bocca di lei. È il più
grande sacrificio di lode che Dio abbia ricevuto nella Legge della grazia. E il cantico
più umile e più riconoscente e insieme più sublime e più
elevato di tutti. I misteri che racchiude sono così grandi e nascosti, che
gli angeli stessi non li conoscono tutti.
Gersone34 – uno dei sapienti
e devoti teologi – dopo aver consacrato tanta parte della vita a comporre trattati
pieni di erudizione e di pietà sulle materie più difficili, incominciò
con timore la spiegazione del Magnificat solo sul finire della vita, per coronare
così le proprie opere. Ci riferisce in un volume in folio da lui composto,
molte cose meravigliose sul bello e divino cantico. Fra l’altro afferma che la Vergine
santissima lo recitava spesso lei stessa, soprattutto come ringraziamento dopo la
santa comunione.
Il dotto Benzonio35, nella sua spiegazione
del Magnificat, riferisce parecchi miracoli ottenuti in forza di questo cantico.
E osserva che i demoni tremano e fuggono quando sentono queste parole: «Ha
spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro
cuore»36.
[256] SETTIMA
PRATICA. I servi fedeli di Maria devono molto disprezzare, odiare e fuggire il mondo
corrotto. Si servano delle pratiche di distacco dal mondo, da noi indicate nella
prima parte37.
NOTE
1
Mt 23,23.
2
Cf S. FRANCESCO Dl SALES, Trattenimenti spirituali, 1.
3
Mt 5,16.
4
S. GREGORIO MAGNO, Hom. 2 in Evang., n. 1, PL 76, 1115.
5
Nel 1899, a Ottawa (Canada), Mons. Duhamel istituisce la prima Confraternita di
Maria Regina dei cuori. Nel 1913, Pio X dichiara Arciconfraternita la
sede di Roma. Il 16.7.1955, la S. Sede dichiara propriae le due distinte
associazioni per i fedeli e i sacerdoti, e il 5.7.1956 ne approva i nuovi
statuti. La direzione generale è a Roma, Viale dei Monfortani, 65.
6
Cf VD 78-79.
7
S. BERNARDO, PL 184, 490 B.
8
Lc 18,41.
9
S. AGOSTINO, PL 33, 885.
10
Cf VD 216 e 266.
11
Ap 12,1.
12
Testo latino: «Dignare me laudare te, Virgo sacrata, da mihi virtutem contra
hostes tuos».
13
In pratica, nelle Associazioni monfortane si sostituisce la catenina con la medaglia
di «Maria Regina dei cuori».
14
Ef 3,1; Rm 1,9.
15
Os 4,11.
16 Testo latino: «Vincula peccatorum… In vinculo
charitatis».
17 Sal 2,3. Cf PI.
18
Sir 6,25.
19
Sir 6,26.
20
Sir 6,24.
21
Sir 6,31 (secondo la Volgata).
22
Gv 12,32.
23
Os 11,4.
24
Cf Ef 3,1: Vincti Christi.
25
LUIGI TRONSON (1622-1700), dal 1676 terzo superiore di San Sulpizio, consultato dal
Montfort stesso mentre era seminarista .
26
«O Gesù, vivente in Maria, vieni a vivere nell’anima dei tuoi servi,
nel tuo spirito di santità, nella pienezza dei tuoi doni, nella perfezione
delle tue vie, nella verità delle tue virtù, nella comunione dei tuoi
misteri. Domina in noi su tutte le potenze nemiche: il mondo, il demonio e la carne,
nella virtù del tuo Spirito, alla gloria del Padre. Amen».
27
S. AMBROGIO, De institut. Virgin. et S. Mariae Virg. perpetua, ad Eusebium,
c. 7, n. 50, PL 16, 333: aula sacramentorum.
28
Eb 10, 5-9.
29
Eb 4,16.
30
Cf VD 6: Magnificentia Dei.
31
«Solummodo ibi magnificus Dominus».
32
SMR 49; QN 157.
33
2 Cor 9,6.
34
Jean Le Charlier de GERSON (1363-1429), cancelliere dell’Università di Parigi.
35
BENZONI RUTILIO (+ 1613), vescovo di Loreto. – Cf A. RUM, La Santa Casa al tempo
di Rutilio Benzoni, Vescovo di Loreto e Recanati, in Il messaggero della Santa
Casa, n. 2, febbraio 1985, pp. 47-48.
36
Lc 1,51.
37
Purtroppo la prima parte del manoscritto non ci è pervenuta.