Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
TRATTATO PRIMO. Della stima, e desiderio, e affezione, che dobbiamo avere a quel, che concerne il nostro profitto spirituale, e d’alcune cose, che a quest’effetto ci aiuteranno
CAPO XII. Che ci aiuterà grandemente all’acquisto della perfezione il non fare mancamenti apposta. né allentar nel fervore.
1. Fragilità e trascuratezza.
2. Costanza nel progredire.
3. E più facile conservare il fervore che ricuperarlo
4. Tiepidi e ferventi.
1. Ci aiuterà anche grandemente a crescere in virtù e perfezione il procurare di non far mancamenti apposta. Due sorte vi sono di mancamenti e di colpe veniali. Alcune, nelle quali incorrono i timorati di Dio per fragilità, o per ignoranza, o per inavvertenza, benché con qualche trascuraggine e negligenza; e queste, come per esperienza lo provano i servi di Dio e quelli che avanti di lui procedono con spirito di verità, non cagionano in loro inquietudine, ma umiltà; né s’accorgono che per esse il Signore torca loro il viso; anzi sperimentano un nuovo favore del Signore e un nuovo spirito con l’umile ricorso, che per cagion di esse a lui fanno.
Vi sono invece altri mancamenti e altre colpe, che avvertentemente ed apposta commettono le persone tiepide e rimesse nel servizio di Dio: e queste impediscono grandi beni, che riceveremmo se non le commettessimo. Per questo il Signore ci torce molte volte il viso nell’orazione e lascia di farci molti favori. Onde se vogliamo avanzarci, e che il Signore ci faccia molte grazie, procuriamo di non far mancamenti e di non commettere colpe simili apposta. Bastino quelle che commettiamo per nostra ignoranza e inavvertenza, senza che andiamo aggiungendovene delle altre. Bastino le distrazioni che abbiamo nell’orazione per l’incostanza della nostra immaginazione, senza che da noi stessi ci andiamo distraendo volontariamente ed apposta. Bastino i mancamenti, che per nostra debolezza e fragilità commettiamo nell’osservanza delle regole, senza che le trasgrediamo avvertentemente.
2. S. Basilio propone un altro mezzo per acquistare la perfezione, e dice che è molto buono per fare gran profitto in poco tempo: questo è il non fare tante fermarelle nella via della virtù; perché vi sono alcuni, i quali di tempo in tempo mostrano di fare grandi passi, e poi subito si fermano. Prosegui quello che hai cominciato, e non fare tante fermarelle; perché in questo viaggio della vita spirituale più stanco ti troverai facendole, che se non le facessi. È gran differenza fra questo e gli esercizi corporali, perché cogli esercizi corporali il corpo, quanto più opera e s’affatica, tanto più viene mancando di forze; ma lo spirito, quanto più opera, tanto più ne acquista (s. BASIL. in Regula fus. disp). Onde il proverbio dice: «L’arco per la troppa tensione si spezza; e l’animo si snerva per la troppa remissione ed allentamento» (PAUL. MANUT. in Adagiis).
3. S. Ambrogio dice, che è più facile il non cadere in peccato e il conservar l’innocenza, che il fare, dopo esservi caduto, vera penitenza (S. AMBR. De poenit. l. 2, c. 10Così ancora è più facile conservar il fervore dell’orazione e della devozione, che il ripigliarlo dopo essersi rallentati. Il ferraio, che cava il ferro infuocato dalla fucina, acciocché si mantenga molle e disposto per fame quello che vuole col martello, non lo lascia raffreddare; ma prima che si raffreddi lo rimette nel fuoco, affinché presto ritorni molle ed arrendevole come prima. Così noi non abbiamo mai da lasciar finire il caldo della devozione; perché se si raffredda e s’indurisce il cuore, ritorneremo con difficoltà al primo fervore. E così vediamo per esperienza che, per molto che uno abbia profittato e sia andato avanti nella virtù, per poco che si trascuri e si dissipi, per poco che lasci di continuare i suoi buoni esercizi, perde tutto quello che aveva guadagnato in molto tempo: di maniera che pare che né anche trovi più in se stesso vestigio di quello che aveva prima, ed appena può tornare ad arrivarvi; tanta è la difficoltà che vi sente! E per contrario,quelli che camminano con fervore e procurano di conservar sempre il calore della devozione, proseguendo i loro buoni esercizi e perseverando in essi, si conservano facilmente e in poco tempo fanno gran profitto. E la ragione di ciò è anche questa; che costoro non perdono tempo alcuno, né disfanno quel che hanno fatto, come i tiepidi, rimessi e lenti, che colle loro fermarelle ogni cosa per loro se ne va in fare e disfare, in tessere e stessere, e così non finiscono mai la loro tela. Questi altri non solo non disfanno, ma più tosto vanno accrescendo il loro lavoro, e col continuo esercizio vanno ogni giorno acquistando maggiori forze e maggiore facilità per far più e meglio; e così vengono a profittare grandemente. E questo è quello che disse il Savio: «La mano oziosa produce la mendicità: la mano invece attiva accumula ricchezze» (Prov 10, 4). Che è quanto dire: Chi non vuol faticare diventerà povero, e chi si sforzerà di faticare diventerà ricco. «L’anima degli uomini attivi s’impinguerà» (Ib. 13, 4).)3.
4. Facendo un certo padre il confronto tra i religiosi tiepidi e rimessi e i diligenti e infervorati, diceva che i tiepidi e rimessi, i quali, a titolo della loro anzianità, fanno già degli stracchi e non procurano di camminare avanti nel loro profitto, sono come certi servitori vecchi delle case dei signori, che non servono più che d’una bella mostra, per starsene a sedere alle porte delle case dei padroni a raccontare storielle. Ricevono questi ogni giorno la loro porzione del vitto come servitori vecchi; ma non più trattano intimamente coi loro padroni, non si dà più loro lo stipendio di prima, né più quasi si tiene conto di essi. Vedrai invece altri servitori nuovi e giovani tanto diligenti e solleciti nel servizio del loro padrone, che non si sanno fermare né sedersi in tutto il giorno, e che appena il padrone ha fatto cenno per una cosa, che già l’hanno fatta. Questi sono quelli che intimamente trattano col padrone, che tirano buon salario e mettono qualche cosa da parte: e così sono i religiosi diligenti ed infervorati.