MASSIME
E RICORDI DI SAN FILIPPO NERI
a cura di Davide Zeggio
Uno dei massimi storici dell’Oratorio, il compianto
padre Antonio Cistellini, d.O. di Firenze, scriveva che «sfortunatamente il
biografo e l’agiografo potranno scarsamente giovarsi di suoi scritti [di san Filippo],
come invece è accaduto per altri grandi: s. Ignazio, s. Carlo Borromeo, s.
Francesco di Sales ad esempio. Filippo non fu un santo scrittore, e lui stesso confessò
la quasi invincibile ritrosia a prender la penna in mano (oltre che a parlare di
se stesso: Secretum meum mihi…)».
Di san Filippo oggi abbiamo una trentina di lettere, alcuni scritti occasionali e
tre sonetti, di cui due sono di dubbia attribuzione ma, senza togliere alcun valore
spirituale e storico a questi importanti documenti, sono le sue massime e ricordi
ad essere diventate, per così dire, le portavoci di san Filippo e dell’essenza
della spiritualità oratoriana.
Raccolte da testimonianze dirette dei suoi primi discepoli durante conversazioni
e discorsi, le massime e i ricordi di san Filippo compensano l’esiguità dei
suoi scritti e portano il lettore a comprendere meglio l’origine e i fondamenti dell’Oratorio.
Le più antiche serie apparvero al processo di canonizzazione durante la seduta
del 23 gennaio 1596 quando si recò a testimoniare padre Francesco Zazzara
– che, assieme ai Padri Pompeo Pateri e Giuliano Giustiniani, ha curato una ricca
raccolta di massime filippiane (Archivio dell’Oratorio di Roma, A.III.9) – e ancora
nelle sedute del 18 aprile e del 13 maggio dello stesso anno, quando si recarono
a deporre il cardinale Pietro Paolo Crescenzi e il prelato Marco Antonio Maffa.
L’amore
di Dio
–
Chi vuole altra cosa che non sia Cristo, non sa quello che si voglia. Chi dimanda
altra cosa che non sia Cristo, non sa quello che dimanda. Chi opera e non per Cristo,
non sa quello che si faccia.
– L’anima che si dà tutta a Dio, è tutta di Dio.
– Quanto amore si pone nelle creature, tanto se ne toglie a Dio.
– All’acquisto dell’amor di Dio non c’è più vera e più breve
strada che staccarsi dall’amore delle cose del mondo ancor piccole e di poco momento
e dall’amor di se stesso, amando in noi più il volere e servizio di Dio, che
la nostra soddisfazione e volere.
– Come mai è possibile che un uomo il quale crede in Dio, possa amare altra
cosa che Dio?
– La grandezza dell’amor di Dio si riconosce dalla grandezza del desiderio che l’uomo
ha di patire per amor suo.
– A chi veramente ama Dio non può avvenire cosa di più gran dispiacere
quanto non aver occasione di patire per Lui.
– Ad uno il quale ama veramente il Signore non è cosa più grave, né
più molesta quanto la vita.
– I veri servi di Dio hanno la vita in pazienza e la morte in desiderio.
– Un’anima veramente innamorata di Dio viene a tale che bisogna che dica: Signore,
lasciatemi dormire: Signore, lasciatemi stare.
Presenza
in Dio e confidenza in Lui
–
Spesso esortava i suoi figli spirituali che pensassero di aver sempre Dio
davanti agli occhi.
– Chi non sale spesso in vita col pensiero in Cielo, pericola grandemente di non
salirvi dopo morte.
– Paradiso! Paradiso! era il grido col quale calpestava ogni grandezza umana.
– Buttatevi in Dio, buttatevi in Dio, e sappiate che se vorrà qualche cosa
da voi, vi farà buoni in tutto quello in cui vorrà adoperarvi.
– Bisogna avere grande fiducia in Dio, il quale è quello che è stato
sempre: e non bisogna sgomentarsi per cosa accada in contrario.
La
volontà di Dio
–
Io non voglio altro se non la tua santissima volontà, o Gesù mio.
– Quando l’anima sta rassegnata nelle mani di Dio, e si contenta del divino beneplacito,
sta in buone mani, ed è molto sicura che le abbia ad intervenire bene.
– Ognuno vorrebbe stare sul monte Tabor a vedere Cristo trasfigurato: accompagnar
Cristo sul monte Calvario pochi vorrebbero.
– E’ ottimo rimedio, nel tempo delle tribolazioni e aridità di spirito, l’immaginarsi
di essere come un mendico, alla presenza di Dio e dei Santi, e come tale andare ora
da questo Santo, ora da quell’altro a domandar loro elemosina spirituale, con quell’affetto
e verità onde sogliono domandarla i poveri. E ciò si faccia alle volte
corporalmente, andando ora alla Chiesa di questo Santo, ed ora alla Chiesa di quell’altro
a domandar questa santa elemosina.
– Al P. Antonio Gallonio, fortemente tormentato da una interna tribolazione,
S. Filippo diceva: Abbia pazienza, Antonio: questa è la volontà
di Dio. Abbi pazienza, sta saldo; questo è il tuo Purgatorio.
– A chi si lamentava di certe prove diceva: Non sei degno, non sei degno che
il Signore ti visiti.
– Quietati che Dio la vuole, disse una volta ad una mamma a cui moriva una piccola
figlia, e ti basta essere stata balia di Dio.
Desiderio
di Perfezione
–
Non è tempo di dormire, perché il Paradiso non è fatto pei poltroni.
– Bisogna desiderare di far cose grandi per servizio di Dio, e non accontentarsi
di una bontà mediocre, ma aver desiderio (se fosse possibile) di passare in
santità ed in amore anche S. Pietro e S. Paolo: la qual cosa, benché
l’uomo non sia per conseguire, si deve con tutto ciò desiderare, per fare
almeno col desiderio quello che non possiamo colle opere.
– Non è superbia il desiderare di passare in santità qualsivoglia Santo:
perché il desiderare d’essere santo è desiderio di voler amare ed onorare
Dio sopra tutte le cose: e questo desiderio, se si potesse, si dovrebbe stendere
in infinito, perché Dio è degno d’infinito onore.
– La santità sta tutta in tre dita di spazio, e si toccava la fronte,
cioè nel mortificare la razionale, contrastando cioè a se stesso,
all’amore proprio, al proprio giudizio.
– La perfezione non consiste nelle cose esteriori, come in piangere ed altre cose
simili, e le lacrime non sono segno che l’uomo sia in grazia di Dio.
– Parlando il Santo di spirito e della perfezione diceva: Ubbidienza, Umiltà,
Distacco!
La
Preghiera
–
L’uomo che non fa orazione è un animale senza ragione.
– Il nemico della nostra salute di nessuna cosa più si contrista, e nessuna
cosa cerca più impedire che l’orazione.
– Non vi è cosa migliore per l’uomo che l’orazione, e senza di essa non si
può durar molto nella vita dello spirito.
– Per fare buona orazione deve l’anima prima profondissimamente umiliarsi e conoscersi
indegna di stare innanzi a tanta maestà, qual è la maestà di
Dio, e mostrare a Dio il suo bisogno e la sua impotenza, ed umiliata gettarsi in
Dio, che Dio le insegnerà a fare orazione.
– La vera preparazione all’orazione è l’esercitarsi nella mortificazione:
perché il volersi dare alla orazione senza questa è come se un uccello
avesse voluto incominciar a volare prima di metter le penne.
– Ai giovani diceva: Non vi caricate di troppe devozioni, ma intraprendetene
poche, e perseverate in esse. Non tante devozioni, ma tanta devozione.
L’Umiltà
–
Figliuoli, siate umili, state bassi: siate umili, state bassi.
– Umiliate voi stessi sempre, e abbassatevi negli occhi vostri e degli altri, acciò
possiate diventar grandi negli occhi di Dio.
– Dio sempre ha ricercato nei cuori degli uomini lo spirito d’umiltà, e un
sentir basso di sè. Non vi è cosa che più dispiaccia a Dio che
l’essere gonfiato della propria stima.
– Non basta solamente onorare i superiori, ma ancora si devono onorare gli eguali
e gli inferiori, e cercare di essere il primo ad onorare.
– Per fuggire ogni pericolo di vanagloria voleva il Santo che alcune devozioni
particolari si facessero in camera, ed esortava che si fuggisse ogni singolarità.
A proposito della vanagloria diceva: Vi sono tre sorta di vanagloria. La prima
è Padrona e si ha quando questa va innanzi all’opera e l’opera si fa per il
fine della vanagloria. La seconda è la Compagna e si ha quando l’uomo non
fa l’opera per fine di vanagloria, ma nel farla sente compiacenza. La terza è
Serva e si ha quando nel far l’opera sorge la vanagloria, ma la persona subito la
reprime.
– Per acquistare il dono dell’umiltà sono necessarie quattro cose: spernere
mundum, spernere nullum, spernere seipsum, spernere se sperni: cioè disprezzare
il mondo, non disprezzare alcuno, disprezzare se stesso, non far conto d’essere disprezzato.
E soggiungeva, rispetto all’ultimo grado: A questo non sono arrivato: a questo
vorrei arrivare.
– Fuggiva con tutta la forza ogni sorta di dignità: Figliuoli miei,
prendete in bene le mie parole, piuttosto pregherei Iddio che mi mandasse la morte,
anzi una saetta, che il pensiero di simili dignità. Desidero bene lo spirito
e la virtù dei Cardinali e dei Papi, ma non già le grandezze loro.
La
Mortificazione
–
Figliuoli, umiliate la mente, soggettate il giudizio.
– Tutta l’importanza della vita cristiana consiste nel mortificare la razionale.
– Molto più giova mortificare una propria passione per piccola che sia, che
molte astinenze, digiuni e discipline.
– Quando gli capitava qualche persona che avesse fama di santità, era
solito provarla con mortificazioni spirituali e se la trovava mortificata e umile,
ne teneva conto, altrimenti l’aveva per sospetta, dicendo: Ove non è gran
mortificazione, non può esservi gran santità.
– Le mortificazioni esteriori aiutano grandemente all’acquisto della mortificazione
interiore e delle altre virtù.
L’Obbedienza
–
L’obbedienza buona è quando si ubbidisce senza discorso e si tiene per certo
quello che è comandato è la miglior cosa che si possa fare.
– L’obbedienza è il vero olocausto che si sacrifica a Dio sull’altare del
nostro cuore, e bisogna sforzarci d’obbedire anche nelle cose piccole, e che paiono
di niun momento, poiché in questo modo la persona si rende facile ad essere
obbediente nelle cose maggiori.
– E’ meglio obbedire al sagrestano e al portinaio quando chiamano, che starsene in
camera a fare orazione.
– A proposito di colui che comandava diceva: Chi vuol esser obbedito assai,
comandi poco.
La
Gioia Cristiana
–
Figliuoli, state allegri, state allegri. Voglio che non facciate peccati, ma che
siate allegri.
– Non voglio scrupoli, non voglio malinconie. Scrupoli e malinconie, lontani da casa
mia.
– L’allegrezza cristiana interiore è un dono di Dio, derivato dalla buona
coscienza, mercé il disprezzo delle cose terrene, unito con la contemplazione
delle celesti…Si oppone alla nostra allegrezza il peccato; anzi, chi è servo
del peccato non può neanche assaporarla: le si oppone principalmente l’ambizione:
le è nemico il senso, e molto altresì la vanità e la detrazione.
La nostra allegrezza corre gran pericolo e spesso si perde col trattare cose mondane,
col consorzio degli ambiziosi, col diletto degli spettacoli.
– Ai giovani che facevano chiasso, a proposito di coloro che si lamentavano,
diceva: Lasciateli, miei cari, brontolare quanto vogliono. Voi seguitate il fatto
vostro, e state allegramente, perché altro non voglio da voi se non che non
facciate peccati. E quando doveva frenare l’irrequietezza dei ragazzi diceva:
State fermi, e, sotto voce, se potete.
La
Devozione a Maria
–
Figliuoli miei, siate devoti della Madonna: siate devoti a Maria.
– Sappiate, figliuoli, e credete a me, che lo so: non vi è mezzo più
potente ad ottenere le grazie da Dio che la Madonna Santissima.
– Chiamava Maria il mio amore, la mia consolazione, la mamma mia.
– La Madonna Santissima ama coloro che la chiamano Vergine e Madre di Dio, e che
nominano innanzi a Lei il nome santissimo di Gesù, il quale ha forza d’intenerire
il cuore.
La
Confessione
–
La confessione frequente de’ peccati è cagione di gran bene all’anima nostra,
perché la purifica, la risana e la ferma nel servizio di Dio.
– Nel confessarsi l’uomo si accusi prima de’ peccati più gravi e de’ quali
ha maggior vergogna: perché così si viene a confondere più il
demonio e cavar maggior frutto dalla confessione.
La
Tentazione
–
Le tentazioni del demonio, spirito superbissimo e tenebroso, non si vincono meglio
che con l’umiltà del cuore, e col manifestare semplicemente e chiaramente
senza coperta i peccati e le tentazioni al confessore.
– Contro le tentazioni di fede invitava a dire: credo, credo, oppure che
si recitasse il Credo.
– La vera custodia della castità è l’umiltà: e però quando
si sente la caduta di qualcuno, bisogna muoversi a compassione, e non a sdegno: perché
il non aver pietà in simili casi, è segno manifesto di dover prestamente
cadere.
– Ai giovani dava cinque brevi ricordi: fuggire le cattive compagnie, non
nutrire delicatamente il corpo, aborrire l’ozio, fare orazione, frequentare i Sacramenti
spesso, e particolarmente la Confessione.
Giaculatorie
Padre
Zazzara diceva che il Santo lodava molto le giaculatorie, ed in diversi tempi dell’anno
gliele insegnava e ne faceva dire ogni giorno quando una, quando un’altra.
– Per tenere vivo il pensiero della divina presenza ed eccitare la confidenza
in Dio sono utilissime alcune orazioni brevi e quelle spesse volte lanciare verso
il cielo tra il giorno, alzando la mente a Dio da questo fango del mondo: e chi le
usa, ne ricaverà frutto incredibile con poca fatica.
Bibliografia
San Filippo
Neri, Gli scritti e le massime (a cura di Antonio Cistellini d.O.), Editrice
La Scuola, Brescia, 1994
Congregazione dell’Oratorio di Vicenza (a cura di), Lo spirito di Filippo Neri
nelle sue massime e ricordi, Vicenza, 1988
testo tratto
dal sito della Confederazione dell’Oratorio di
San Filippo Neri