S.
Luigi Maria Grignion de Montfort
«IL SEGRETO AMMIRABILE DEL SANTO ROSARIO
PER CONVERTIRSI E SALVARSI»
QUARTA DECINA
L’ECCELLENZA DEL ROSARIO NELLE MERAVIGLIE DA DIO OPERATE IN SUO FAVORE
ROSA TRENTUNESIMA
[98] In una visita a Bianca,
regina di Francia, che dopo dodici anni di matrimonio non aveva ancora figli ed era
perciò molto afflitta, san Domenico le consigliò di recitare ogni giorno
il Rosario per ottenere dal cielo tale grazia. Ella così fece e nel 1213 diede
alla luce il primogenito che chiamò Filippo. Ma la morte glielo rapì
ch’era ancora in fasce e allora la pia regina ricorse più che mai a Maria,
facendo anche distribuire gran numero di corone del Rosario a tutta la corte e in
parecchie città del regno perché Dio le concedesse intero il sospirato
favore. E fu esaudita poiché nel 1215 le nacque Luigi, la gloria di Francia
ed il modello dei re cristiani.
[99] Alfonso VIII re d’Aragona e di Castiglia, punito da Dio in diversi modi per
i suoi peccati, fu costretto a ritirarsi nella città di un suo alleato. Avvenne
che in quella città il giorno di Natale san Domenico predicasse come sempre
sul Rosario e sulle grazie che con esso si ottengono da Dio. Tra l’altro disse che
coloro che lo recitano devotamente riportano vittoria sui nemici e ritrovano ogni
cosa perduta. Colpito da tali parole il re fece ricercare san Domenico e gli chiese
se fosse vero quanto aveva detto circa il Rosario. Il Santo rispose che non doveva
dubitarne e l’assicurò che ne avrebbe sperimentato gli effetti se avesse praticato
la devozione al Rosario e si fosse iscritto nella Confraternita. Il re, allora, decise
di recitare ogni giorno il Rosario e fu fedele. Dopo un anno, esattamente nel medesimo
giorno di Natale, dopo ch’egli terminò di dire il Rosario, la Madonna gli
apparve e gli disse: «Alfonso, da un anno in qua tu mi onori recitando devotamente
il mio Rosario; ebbene, vengo per darti la ricompensa: sappi che ti ho ottenuto da
mio Figlio il perdono di tutti i peccati. Eccoti, ora, una corona del Rosario; portala
indosso e nessuno dei tuoi nemici potrà ucciderti».
La Madonna disparve lasciando il re grandemente consolato e fiducioso. Egli tornò
a casa con la corona in mano e, pieno di gioia, raccontò alla regina del favore
ricevuto dalla Vergine, indi con la preziosa corona toccò gli occhi della
regina da gran tempo cieca, ed ella riacquistò immediatamente la vista perduta.
Qualche tempo dopo re Alfonso raccolse un esercito, strinse accordi con gli alleati
e attaccò arditamente i suoi nemici; li sconfisse e li obbligò a restituirgli
le terre e a risarcire ogni danno. Inoltre divenne tanto abile in guerra che da ogni
parte i soldati mercenari venivano ad arruolarsi sotto le sue insegne, fatti sicuri
che la vittoria arrideva sempre alle sue armi. E di ciò nessuna meraviglia:
egli non attaccava mai battaglia senza prima aver recitato in ginocchio il Rosario;
anzi, aveva fatto iscrivere nella confraternita tutta la sua corte ed esortava gli
ufficiali e i familiari ad esserne membri esemplari. La regina stessa vi si era iscritta
e ambedue perseveravano nel servizio a Maria con edificante pietà.
ROSA TRENTADUESIMA
[100] San Domenico aveva
un cugino di nome don Perez o Pedro, che conduceva una vita molto dissoluta. Costui
un giorno, avendo sentito dire che il santo stava predicando sulle meraviglie del
Rosario e che per tale mezzo molti si convertivano e cambiavano condotta, si disse:
«Avevo perduto ogni speranza di salvarmi, ma ora riprendo fiducia; bisogna
che anch’io vada ad ascoltare questo uomo di Dio». E andò alla predica
di san Domenico. Questi, non appena lo vide, pregò in cuor suo il Signore
perché aprisse gli occhi al cugino, e si rendesse conto dello stato miserando
della propria anima; raddoppiò di energia nel tuonare contro i vizi. Don Perez
ne fu alquanto scosso ma non tanto da risolversi a cambiare vita. Tornò, tuttavia,
alla predica seguente.
Allorché il Santo lo vide, convinto che quel cuore indurito si sarebbe ravveduto
solo per un colpo straordinario della grazia, esclamò a voce alta: «Signore
Gesù, fate vedere a quanti sono qui radunati in quale stato si trova colui
che è entrato or ora nella tua casa!». E tutta l’assemblea poté
vedere don Perez circondato da un’orda di demoni in forma di bestie orribili che
lo tenevano legato con catene di ferro: presi dallo spavento fuggirono chi qua chi
là, con immensa confusione di don Perez, egli pure spaventato e vergognoso
d’essere oggetto di orrore a tutti. San Domenico, però, fece fermare la gente
e rivolto al cugino disse: «Riconosci, infelice, lo stato deplorevole della
tua anima e gettati ai piedi della Madonna! Su, prendi questa corona del Rosario,
recitalo con devozione, pentiti dei tuoi peccati e risolvi di cambiar vita!».
Don Perez obbedì e in ginocchio recitò il Rosario; subito dopo si sentì
ispirato a confessarsi e lo fece con estrema contrizione. Il Santo gli ordinò
allora di recitare ogni giorno il Rosario ed egli non solo promise, ma scrisse egli
stesso il proprio nome nel registro della confraternita. Quando uscì dalla
chiesa il suo volto che poco prima aveva fatto inorridire gli astanti, appariva splendente
come il volto di un angelo. Si seppe in seguito che perseverando nella recita del
Rosario, egli aveva condotto vita molto regolata ed era morto serenamente.
ROSA TRENTATREESIMA
[101] Mentre predicava
il Rosario nelle vicinanze di Carcassona, a san Domenico, fu presentato un eretico
albigese posseduto dal demonio. Il Santo, davanti a una folla che si ritiene composta
di oltre dodicimila persone, lo esorcizzò, e i demoni che tenevano in dominio
quel miserabile, furono costretti, loro malgrado, a rispondere alle domande dell’esorcista.
E confessarono 1) che nel corpo di costui erano in quindicimila perché egli
aveva osato combattere i quindici misteri del Rosario; 2) che san Domenico col suo
Rosario terrorizzava tutto l’inferno e che essi stessi odiavano lui più di
qualsiasi altra persona perché con questa devozione del Rosario strappava
loro le anime; 3) rivelarono inoltre parecchi altri particolari.
San Domenico allora gettò la sua corona al collo dell’ossesso e chiese ai
demoni chi mai fra tutti i Santi del cielo essi temessero di più e chi, a
parere loro, meritasse più amore e onore da parte degli uomini. A tale domanda
gli spiriti infernali levarono alte grida sì che la maggior parte dei presenti
stramazzarono a terra per lo spavento. Poi quei maligni, per non rispondere direttamente
alla domanda, cominciarono a piangere e a lamentarsi in modo così pietoso
e commovente che parecchi fra gli astanti furono presi da una naturale pietà.
Per bocca dell’ossesso e con voce piagnucolosa così dicevano: «Domenico,
Domenico, abbi pietà di noi e promettiamo di non nuocerti mai. Tu che tanta
compassione hai per i peccatori e per i miserabili, abbi pietà di noi meschini.
Ahinoi!, soffriamo già tanto: perché ti compiaci di aumentare le nostre
pene? Contentati di quelle che ci tormentano! Misericordia, misericordia misericordia!».
[102] Impassibile davanti ai piagnistei di quegli spiriti, il Santo rispose che non
avrebbe desistito dal tormentarli se prima non avessero essi stessi risposto alla
sua domanda. Ed essi replicarono che avrebbero dato, la risposta, ma in segreto,
all’orecchio e non di fronte a tutti. Domenico tenne duro e comandò che parlassero
ad alta voce; ma ogni sua insistenza fu inutile e i demoni si chiusero nel silenzio.
Allora il Santo si pose in ginocchio e pregò la Madonna: «Vergine
potentissima, Maria, in virtù del tuo Rosario comanda, a questi nemici del
genere umano di rispondere alla mia domanda». Immediatamente dopo questa
invocazione, una fiamma ardente uscì dalle orecchie, dalle narici e dalla
bocca dell’ossesso; i presenti tremarono dalla paura ma nessuno ne subì danno.
E si udirono le grida di quegli spiriti: «Domenico, noi ti preghiamo per
la passione di Cristo e per i meriti della sua santa Madre e dei Santi: permettici
di uscire da questo corpo senza dir nulla. Gli Angeli, quando tu vorrai, te lo riveleranno.
Del resto, perché vuoi tu credere a noi? non siamo forse dei bugiardi? Non
tormentarci oltre, abbi pietà di noi ».
«Disgraziati, siete indegni di pietà!» riprese san Domenico,
e sempre in ginocchio pregò di nuovo la Vergine Santa: «O degnissima
Madre della Sapienza, ti supplico per il popolo qui presente che ha già appreso
a recitare come si deve il Saluto angelico, obbliga questi tuoi nemici a proclamare
in pubblico la verità piena e chiara sul Rosario».
Finita la preghiera vide accanto a sé la Vergine Maria, circondata da una
moltitudine di angeli, che con una verga d’oro colpiva l’ossesso e gli diceva: «Rispondi
al mio servo Domenico conforme alla sua richiesta». Da notare che nessuno
udiva né vedeva la Madonna all’infuori di san Domenico.
[103] A tale comando i demoni presero a urlare:
«O inimica nostra, o nostra damnatrix, o nostra inimica, o nostra damnatrix,
o confusio nostra, quare de coelo descendisti ut nos hic ita torqueres? Per te quae
infernum evacuas et pro peccatoribus tanquam potens advocata exoras; o Via coeli
certissima et securissima, cogimur sine mora et intermissione ulla, nobis quamvis
invitis, et contra nitentibus, totam rei prolerre veritatem. Nunc declarandum nobis
est simulque publicandum ipsum medium et modus quo ipsimet conjundamur, unde vae
et maledíctio in aeternum nostris tenebrarum principibus.
Audite igitur vos, christiani. Haec Christi Mater potentissima est in praeservandis
suis servis quonimus praecipites ruant in baratrum nostrum inferni. Illa est quae
dissipat et enervat, ut sol, tenebras omnium machinarum et astutiarum nostrarum,
detegit omnes fallacias nostras et ad nihilum redigit omnes nostras tentationes.
Coactique fatemur neminem nobiscum damnari qui ejus sancto cultui et pio obsequio
devotus perseverat. Unicum ipsius suspirium, ab ipsa et per ipsam sanctissimae
Trinitati oblatum, superat et excedit omnium sanctoruin preces, atque pium et sanctum
eorum votum et desiderium, Magisque eum formidamus quam omnes paradisi sancios; nec
contra fideles ejus famulos quidquam praevalere possumus.
Notum sit etiam vobis plurimos christianos in hora mortis ipsam invocantes contra
nostra jura salvari, et nisi Marietta illa obstitisset nostrosque conatus repressisset,
a longo iam tempore totam Ecclesiam exterminassemus, nam saepissime universos Ecclesiae
status et ordines a fide deficere fecissemus. Imo planius et plenius vi et necessitate
compulsi, adhuc vobis dicimus, nullum in exercitio Rosarii sive psalterii eius perseverantem
aeternos inferni subire cruciatus. Ipsa enim devotis servis suis veram impetrat contritionem
qua fit ut peccata sua confiteantur, et eorum indulgentiam a Deo consequantur».
[104] «O nostra nemica, nostra rovina e nostra confusione! perché
sei tu scesa dal cielo apposta per farci tanto soffrire? O avvocata dei peccatori
che ritrai dall’inferno, o via sicurissima del Paradiso, siamo noi proprio obbligati,
a nostro dispetto, a dire tutta la verità? Dobbiamo proprio confessare davanti
a tutti ciò che ci coprirà di vergogna e sarà causa della nostra
rovina? Guai a noi! e maledizione eterna ai nostri principi delle tenebre! Ebbene,
udite voi cristiani: questa Madre di Cristo è onnipotente e può impedire
che i suoi servi cadano nell’inferno. E’ lei che, come un sole, dissipa le tenebre
dei nostri intrighi e astuzie; è lei che sventa le nostre mene, disfa i nostri
tranelli e rende vani e inefficaci tutte le nostre tentazioni.
Siamo costretti a confessarvi che nessuno di quanti perseverano nel suo servizio
è dannato con noi. Uno solo dei sospiri ch’ella offra alla SS. Trinità
vale più di tutte le preghiere, i voti, i desideri dei Santi.
Noi la temiamo più di tutti i beati insieme e nulla possiamo contro i suoi
fedeli servitori. Anzi, avviene che molti cristiani i quali secondo le leggi ordinarie
andrebbero dannati, invocandola in punto di morte riescono a salvarsi per l’intercessione
di lei. Ah, se questa Marietta – così la chiamavano per rabbia – non si fosse
opposta ai nostri progetti e ai nostri sforzi, già da molto tempo noi avremmo
rovesciato e distrutto la Chiesa e fatto cadere nell’errore e nell’infedeltà
tutte le sue gerarchie! Proclamiamo, inoltre, costretti dalla violenza che ci viene
usata, che nessuno di quanti perseverano nella recita del Rosario, va dannato perché
ella ottiene ai suo fedeli servi una sincera contrizione dei loro peccati e ricevono
perdono e indulgenza».
Ottenuta questa confessione san Domenico fece recitare il Rosario dagli astanti,
adagio e con devozione. Ed ecco la cosa sorprendente: ad ogni Ave Maria recitata
dal Santo e dal popolo usciva dal corpo di quell’ossesso una moltitudine di demoni
in forma di carboni ardenti. Quando l’infelice ne fu completamente libero, la Vergine
Santa, sempre non vista, benedisse il popolo e tutti avvertirono una sensibile e
vivissima gioia. Questo miracolo fu causa di conversione per molti eretici che entrarono
perfino nella confraternita del Rosario.
ROSA TRENTAQUATTRESIMA
[105] Come si potrà
degnamente narrare le vittorie riportate da Simone, conte di Montfort, sugli Albigesi,
con l’aiuto e la protezione della Madonna del Rosario? Furono talmente famose che
il mondo non ne conobbe mai di simili.
Una volta con 500 uomini egli sfidò diecimila eretici e vinse; un’altra volta
con trenta ne abbatté tremila; un’altra volta ancora con ottocento cavalieri
e mille fanti sbaragliò l’armata del re d’Aragona, forte di centomila uomini,
perdendo egli solo un cavaliere e otto soldati.
[106] E da quali pericoli la Vergine non liberò Alano de l’Anvallay, cavaliere
bretone intrepido combattente per la fede contro gli Albigesi! Un giorno, mentre
i nemici l’avevano circondato da ogni parte, la Madonna scagliò contro essi
centocinquanta pietre e lo liberò dalle loro mani. In altra circostanza, mentre
il suo vascello che faceva acqua stava per affondare, la divina Madre fece emergere
dalle acque centocinquanta scogli, valicando i quali egli poté salvarsi e
rientrare in Bretagna. A perpetuo ricordo di questi miracoli ottenuti dalla Vergine
grazie al Rosario che recitava ogni giorno egli fece edificare un convento in Dinan
per i religiosi del nuovo Ordine di san Domenico; in seguito si fece religioso e
morì santamente ad Orléans.
[107] Otero, anch’egli soldato bretone di Vaucouleurs, mise più volte in fuga
intere compagnie di eretici e di ladri semplicemente col tenere appesa al braccio
o all’elsa della spada il rosario. I suoi stessi nemici, dopo le sconfitte subite,
gli confessavano d’aver visto la sua spada splendere di viva luce; anzi una volta
videro lo stesso Otero ben protetto da uno scudo sul quale risaltavano le immagini
di Gesù, della Madonna e di Santi e che lo rendeva invisibile e gli dava forza
nel combattimento. Un giorno, con dieci compagnie fece fronte a ventimila eretici
senza che alcuno dei suoi soldati andasse perso. E tale fatto impressionò
assai il comandante dell’armata eretica tanto che si recò a far visita a Otero,
abiurò l’eresia e dichiarò che nella mischia l’aveva visto coperto
d’armatura di fuoco.
ROSA TRENTACINQUESIMA
[108] Il beato Alano riferisce
che un cardinale di nome Pietro, del titolo di santa Maria in Trastevere, iniziato
alla pratica del Rosario da san Domenico, suo intimo amico, coltivò questa
devozione e ne divenne acceso apostolo. Inviato come delegato in Terra Santa presso
i crociati allora in guerra contro i Saraceni, egli parlò loro dell’efficacia,
del Rosario e tutti ne furono convinti. Lo recitarono per implorare l’aiuto del cielo
in un imminente combattimento; trionfarono sui nemici pur essendo tremila contro
centomila.
Abbiamo già visto come i demoni temono in modo incredibile il Rosario. San
Bernardo afferma che il saluto angelico dà loro la caccia e per esso tutto
l’inferno freme. Il beato Alano assicura d’aver incontrato parecchie persone che,
essendosi date al demonio corpo e anima, rinunciando al battesimo e a Gesù
Cristo, furono poi liberate dalla infernale tirannia dopo aver accettato la pratica
del santo Rosario.
ROSA TRENTASEIESIMA
[109] Nel 1578 una donna
di Anversa si era venduta al demonio con regolare contratto firmato col proprio sangue.
Qualche tempo dopo ne sentì acuto rimorso e, desiderando riparare al male
commesso, cercò un confessore prudente e caritatevole per sapere in qual modo
avrebbe potuto affrancarsi dalla schiavitù di satana; trovò un sacerdote
saggio e pio che le consigliò di recarsi da un certo padre Enrico, del Convento
di san Domenico, direttore della confraternita del Rosario.
Ella vi andò ma, purtroppo, invece del padre Enrico trovò il demonio
travestito da frate, il quale naturalmente la rimbrottò acerbamente e le significò
che per lei non c’era più alcuna speranza di ottenere grazia da Dio né
possibilità di revocare l’atto di vendita firmato. Desolata ma sempre fiduciosa
nella misericordia divina, la povera donna ritornò dal padre ma vi trovò
nuovamente il diavolo che la respinse come la prima volta. Persistendo nei buoni
propositi, ella si presentò al Convento una terza volta e finalmente, per
volere di Dio, poté incontrarsi col vero padre Enrico che l’accolse con carità,
la esortò a confidare nella bontà del Signore e la invitò a
fare una buone confessione. Le ordinò poi di recitare con molta frequenza
il santo Rosario e la iscrisse nella confraternita. Ella fece quanto le era stato
prescritto, ed ecco che una mattina, mentre il padre Enrico celebrava la Messa per
lei, la Vergine obbligò il demonio a restituire alla donna la famigerata carta
e d’un tratto essa si trovò libera dal maligno per l’autorità di Maria
e grazie alla pratica del Rosario.
ROSA TRENTASETTESIMA
[110] Un nobiluomo, padre
di numerosa famiglia, aveva collocato una sua figlia in un monastero totalmente rilassato:
le religiose aspiravano solo a vanità e a piaceri. Il confessore della Casa
religiosa, uomo di Dio e fervente devoto del Rosario, desiderando guidare sulla via
della perfezione almeno questa giovane religiosa, le consigliò di recitare
ogni giorno il Rosario in onore della Madonna, meditando la vita, la passione e la
gloria di Cristo Gesù. La religiosa gradì assai il consiglio e l’accettò;
a poco a poco si nauseò della vita disordinata delle consorelle, prese ad
amare il silenzio e la preghiera, senza curarsi delle canzonature e del disprezzo
di chi la circondava, né si curava d’essere tacciata di bigotta.
In quel tempo un venerabile abate si recò in visita al monastero e mentre
pregava ebbe una singolare visione: gli parve di vedere una religiosa in preghiera
nella propria cella davanti ad una Signora di sorprendente bellezza, accompagnata
da uno stuolo di angeli i quali con frecce infuocate tenevano a bada una moltitudine
di demoni che tentavano di entrare nella cella. Gli parve, inoltre, di vedere questi
maligni spiriti sotto forma di immondi animali rifugiarsi nelle celle delle altre
religiose ed eccitarle al peccato, al quale parecchie infelici acconsentivano.
Per tale visione l’abate comprese la deplorevole condizione del monastero e credette
morirne di tristezza. Fece venire a sé la giovane religiosa e l’incoraggiò
a perseverare; riflettendo, poi, sull’eccellenza del Rosario decise di riformare
il monastero con questa devozione. Acquistò un buon numero di corone, le distribuì
a tutte le religiose consigliandole a recitare il Rosario ogni giorno promettendo
loro, se avessero accettato il consiglio, di non costringerle a riformarsi. Gradirono
le corone del Rosario e promisero, a quella condizione, di recitarlo. Ebbene!, cosa
ammirabile: a poco a poco tutte le religiose rinunciarono alle vanità, rientrarono
nel silenzio e nel raccoglimento e dopo nemmeno un anno esse stesse chiesero la riforma.
Il Rosario aveva operato sui loro cuori più di quanto avrebbe potuto ottenere
l’abate con le esortazioni e l’autorità.
ROSA TRENTOTTESIMA
[111] Una contessa di Spagna,
istruita da san Domenico sulla pratica del Rosario, lo diceva ogni giorno e faceva
progressi mirabili nella virtù. Nulla più desiderava se non vivere
per la perfezione; chiese, perciò, ad un alto prelato, celebre predicatore,
in qual modo avrebbe potuto raggiungerla. Costui le disse che era necessario prima
fargli conoscere lo stato della sua anima e quali fossero i suoi esercizi di pietà.
Ella rispose che il principale tra questi era il Rosario che soleva recitare tutti
i giorni meditandone i misteri con grande profitto spirituale. Il vescovo, lietissimo
d’udire quanto fossero preziosi gli insegnamenti racchiusi nei misteri, le rispose:
«Da vent’anni sono dottore in teologia, ho avuto modo di conoscere tante
e tante pratiche di devozione, ma non ne vedo una che sia più fruttuosa e
più conforme al cristianesimo di questa. Voglio imitarvi, non solo, ma predicherò
il Rosario».
Lo fece difatti con tanto successo da notare in poco tempo un grande cambiamento
di costumi nella sua diocesi: conversioni, restituzioni, riconciliazioni, cessazioni
delle dissolutezze, del gioco, del lusso e rifiorimento nelle famiglie della pace,
del rispetto, della carità. Un cambiamento che parve tanto più mirabile
quanto più quel presule aveva lavorato in precedenza per riformare la sua
diocesi e sempre con scarsissimo risultato. Per invogliare maggiormente i suoi fedeli
alla devozione del Rosario egli portava al fianco una corona di buona fattura che
mostrava agli uditori dicendo: «Sappiate, fratelli, che il Rosario della
Vergine è di tale eccellenza che io, vostro vescovo, dottore in teologia,
dottore in diritto civile e canonico, mi glorio di portarlo sempre su di me come
il distintivo più onorifico del mio episcopato e dottorato».
ROSA TRENTANOVESIMA
[112] Il rettore di una
parrocchia in Danimarca raccontava spesso, alla maggior gloria di Dio e per la gioia
della sua anima, d’aver sperimentato nella propria parrocchia gli stessi frutti della
devozione del Rosario ottenuti da quel vescovo nella sua diocesi.
«Avevo – diceva – predicato su tutti i temi più urgenti e
più utili, ma senza alcun profitto. Non vedevo nessun miglioramento nella
mia parrocchia e allora mi risolsi di predicare il Rosario: ne spiegavo l’eccellenza
e la pratica. Eb-bene: posso dichiarare che dopo aver fatto gustare questa devozione
ai miei parrocchiani, in sei mesi ho visto un visibilissimo cambiamento. Veramente,
questa preghiera è efficace e di unzione divina per toccare i cuori e per
ispirare l’orrore al peccato e l’amore alla virtù».
Disse un giorno la Madonna al beato Alano: «Come Dio scelse il saluto angelico
per operare l’Incarnazione del suo Verbo e la Redenzione degli uomini, così
coloro che desiderano riformare i costumi e rigenerare i popoli in Cristo Gesù
mi devono onorare ed ossequiare con lo stesso saluto. Sono io la via scelta da Dio
per venire agli uomini; perciò, dopo che a Gesù, a me devono essi ricorrere
per avere la grazia e le virtù».
[113] Quanto a me che scrivo, ho constatato personalmente l’efficacia di questa preghiera
per convertire i cuori più induriti. Ho trovato persone che, per nulla scosse
dalla predicazione delle più tremende verità, durante una missione,
avevano accolto il mio consiglio di recitare il Rosario tutti i giorni e si convertirono
dandosi interamente a Dio. Ed ho anche costatato una enorme diversità di costumi
fra le popo-lazioni delle parrocchie dove avevo predicato la missione: le une, avendo
abbandonato la pratica del Rosario, erano ricadute nel peccato; le altre, per averla
conservata, si sono mantenute in grazia di Dio e crescono ogni giorno nella virtù.
ROSA QUARANTESIMA
[114] Il beato Alano de
la Rupe, i Padri Giovanni Dumont e Thomas, le Cronache di san Domenico e altri autori
che spesso furono testimoni oculari, riportano gran numero di conversioni eccezionali
ottenute per mezzo di questa mirabile devozione del Rosario: conversioni di peccatori
e peccatrici ritornati sulla via del bene dopo venti, trenta e anche quarant’anni
di vita disordinata, nulla mai d’altro essendo valso a farli ravvedere. Non le riferisco
per non dilungarmi troppo così come non posso rivelare quelle che io ho visto
con i miei occhi; taccio per motivi facilmente intuibili.
Caro lettore, per tua esperienza personale, se tu pratichi e predichi questa devozione
ne saprai più che dalla lettura di qualsiasi libro che tratta dell’argomento,
e costaterai felicemente tu stesso l’effetto delle promesse che la Madonna fece a
san Domenico, al beato Alano e a quanti si adoperarono per far fiorire questa devozione
a Lei tanto gradita poiché istruisce i cristiani sulle virtù di suo
Figlio e sulle sue, dispone all’orazione mentale, all’imitazione di Cristo, alla
frequenza dei sacramenti, alla soda pratica delle virtù e delle opere buone,
ed inoltre fa acquistare tante preziose indulgenze che la gente ignora solo perché
i predicatori non ne parlano quasi mai, limitandosi tutt’al più ad un discorsetto
alla moda sul Rosario. Discorsi che suscitano alle volte ammirazione, ma non istruiscono
affatto.
[115] Per farla breve mi accontento di dirti, col beato Alano, che il Rosario è
una sorgente e uno scrigno d’ogni sorta di beni. Grazie al Rosario:
1) i peccatori ottengono il perdono; 2) gli assetati di perfezione crescono in grazia;
3) i prigionieri vedono infrante le loro catene; 4) coloro che piangono trovano sollievo;
5) coloro che sono tentati trovano pace; 6) i bisognosi ricevono aiuto; 7) i religiosi
si riformano; 8) gli ignoranti si istruiscono; 9) i vivi trionfano sulle vanità;
10) ai defunti giunge sotto forma di suffragio l’attesa misericordia.
«Voglio – disse un giorno la Vergine al beato Alano – che i devoti
del mio Rosario ottengano grazia e siano benedetti da mio Figlio in vita, in morte
e dopo la morte. Voglio che, liberati da ogni sorta di schiavitù, siano dei
veri re, con la corona in capo e lo scettro in mano, nella gloria eterna. Amen».