I Salve Regina! PRIMA
«L’Angelo S. Luc., I, 30-34
Doni dello Spirito Santo
nel Cuore purissimo della Vergine Maria
di P. A. Gardeil O.P.
Ecco il grido ch’esce più lietamente dal cuore di tutti i figli del beato
Domenico. Ogni sera, i santi e le sante del nostro Ordine l’ebbero sulle labbra.
Maria è la loro regina. Che cosa vuol dire? Non si tratta evidentemente che
d’una regalità spirituale. Ma quali doni possano assicurare una tale regalità,
se non doni eccellenti dello Spirito? Per il suo cuore infiammato di un’eminente
carità, abitazione scelta fra tutte dallo Spirito Santo, Maria regna su cuori
anch’essi ripieni di carità e abitati dallo Spirito Santo. In lei noi non
dobbiamo più mettere in rilievo, come in ciascuno dei nostri santi, un dono
speciale. La Sposa dello Spirito Santo è entrata a parte della pienezza di
tutti i doni. I sette doni dello Spirito Santo emanano dal suo purissimo cuore, e
le formano come una gloria splendida e incomparabile. O Beati dell’Ordine di S. Domenico,
adorni ciascuno d’un dono prezioso ma speciale, salutate la vostra Regina. Salve
Regina!
S. Bernardo avido di conoscere i misteri del purissimo cuore della Santa Vergine,
si domanda ansiosamente come potrà penetrarne le profondità. E gli
pare di trovare un’indicazione sicura in queste parole del Vangelo: Un uomo buono
trae buone cose dal buon tesoro del suo cuore. Si rammenta poi che il medesimo Vangelo
ci ha riferito esattamente sette parole della beata Vergine. Ella parlò due
volte all’angelo, due volte ad Elisabetta, due volte al suo divin Figliuolo, una
volta ai servitori del banchetto di Cana. Ecco, egli esclama, i sette atti d’amore
che ci dànno il suo tesoro, ecco le sette fiamme del suo cuore! La prima è
quella dell’amore che separa, la seconda è quella dell’amore trasformatore,
la terza è quella dell amore che si dà, la quarta è quella dell’amore
giubilante, la quinta è quella dell’amore che riposa, la sesta è quella
dell’amore compaziente, la settima è quella dell’amore consumatore (1).
Queste caratteristiche dei gradi d’amore del purissimo Cuore della SS. Vergine ci
sembra che corrispondano a diversi doni dello Spirito Santo, benché l’ordine
accettato da San Bernardo sia forse suscettibile di ritocchi, specialmente in ciò
che riguarda la quarta «fiamma», amoris jubilantis, che corrisponde
al cantico: Magnificat, e che noi trasferiremo al settimo posto, come quello
che dà l’ultima parola di questo Cuore. Checché ne sia, per parlare
delle misteriose operazioni dello Spirito Santo nel Cuore della SS. Vergine, non
si potrebbe trovare una base più autentica di queste parole riferite nel Vangelo.
Ci applicheremo dunque a meditarle per scoprirne i segreti.
PAROLA
IL DONO DEL TIMORE
le disse: Non temere, Maria; Poiché hai trovato grazia dinanzi a Dio. Ecco
che concepirai e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù… E Maria disse
all’Angelo: In qual modo avverrà questo, mentre io non conosco uomo?».
(2).
«Non temere,
Maria». Queste parole dell’angelo ci mettono subito sulla via. Maria alla sua
vista si era turbata e si domandava che cosa significasse il suo saluto. «Non
temere, Maria; poiché hai trovato grazia dinanzi a Dio». E l’angelo
espose le magnificenze della grazia divina: Ella partorirà un figlio. Gesù
sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo, e il Signore Iddio gli darà
il trono di Davide suo Padre. Egli regnerà sopra la casa di Giacobbe eternamente
e il suo regno non avrà fine. Questo messaggio non fa che raddoppiare il timore
di Maria; ma la sua risposta ci palesa la natura del suo timore. È il timore
d’una figlia di Dio, d’una Vergine casta che, sotto l’ispirazione dello Spirito,
ha consacrato la sua Verginità all’Altissimo, e, per piacere a lui, si è
separata per sempre da ogni speranza mondana. La sua risposta è il grido dell’amore
che separa, cioè del timor filiale che respinge lontano dal giusto
tutto quello che può distrarlo da Dio. «Come avverrà questo,
mentre io non conosco uomo?».
Beati i poveri di spirito, perché di loro è il regno dei cieli. Maria
è povera di spirito, si spogliò d’ogni bene creato, compresa anche
quella speranza che faceva battere il cuore di tutte le figlie d’Israele e loro insegnava
a considerare la verginità come un obbrobrio, rinunziò al matrimonio,
ed, anche dopo il messaggio dell’angelo, intende di restar vergine. Onde la beatitudine
riservata a quelli che, temendo Iddio, sono poveri di spirito sta per compirsi in
lei. Il regno dei cieli è di lei, poiché Gesù, il gran re di
questo regno, sta per incarnarsi nel suo seno.
SECONDA
PAROLA
IL DONO DELLA FORTEZZA
«L’Angelo
le rispose: Lo Spirito Santo scenderà sopra di te, e la virtù dell’Altissimo
ti adombrerà. E per questo ancora quello che nascerà di te, Santo,
sarà chiamata Figliuolo di Dio… Poiché nulla è impossibile
a Dio.
«E Maria disse: Ecco l’ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua
parola!».
S. Luc., I, 35-38.
Che trasformazione!
All’esitazione inquieta successe la confidenza assoluta, la risoluzione d’abbandonarsi
senza riserva all’azione di Dio che può tutto, rimuove tutti i pericoli e
ci conduce sicuramente alla meta più inaccessibile. Come conservare la sua
verginità, e diventar madre? L’angelo rispose: Nulla è impossibile
a Dio. E Maria disse: Ecco l’ancella del Signore, si faccia di me secondo la tua
parola. Grido dell’amor trasformatore, cioè del dono della Fortezza. «A
volte, dice S. Tommaso, lo Spirito Santo muove lo spirito dell’uomo in modo ch’egli
compia l’opera sua sfuggendo a tutti i pericoli che lo minacciano. Quando non è
in poter dell’uomo il conseguire un risultato, o lo sfuggire un pericolo…, lo Spirito
Santo che guida il nostro cammino verso la vita eterna interviene, e produce nell’anima
una sicurezza che esclude ogni timore contrario. Questo dono dello Spirito Santo
è il dono della fortezza (3)». Questo passo
del Santo Dottore non è forse il commento letterale della trasformazione prodotta
in Maria? Ella diceva tutta tremante: come avverrà questo? E l’angelo le rispose:
La virtù dell’Altissimo ti adombrerà. Niente è impossibile a
Dio. Lo spirito della fortezza la ispira, ed ella dice, come agguerrita: Ecco l’ancella
del Signore, si faccia di me secondo la tua parola.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Ecco la beatitudine annessa da S. Agostino al dono della Fortezza. Maria ebbe veramente
la fame e la sete della giustizia, poiché, messa in presenza del compimento
in lei della grande promessa d’Israele, mantenne i diritti della promessa della verginità,
fatta a Dio. Beata Maria, eccola saziata. Darà alla luce il Messia e resterà
Vergine. Il santo Bambino che nascerà da lei sarà chiamato Figlio di
Dio. O beata, beata Maria, sempre vergine e madre del suo Dio!
TERZA
PAROLA
IL DONO DELLA PIETÀ.
«Maria in
quei giorni stessi andò frettolosamente sulla montagna a una città
di Giuda. Ed entrò in casa di Zaccaria, e salutò Elisabetta. E avvenne
che appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino balzò
nel suo seno, ed Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo, ed esclamò ad alta
voce e disse: Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo ventre».
S. Luc., I, 39-42.
Maria salutò
Elisabetta. Quale fosse questo saluto, il Vangelo non lo dice. Fu il grido dell’amore
che si comunica, che, possedendo il suo bene, non aspira se non a diffonderlo. Ed
eccolo subito comunicato; il figlio d’Elisabetta, figura di tutta l’umanità,
balza nel seno di sua madre, e sua madre è ripiena dello Spirito Santo che
abita in Maria. Lo Spirito di Maria che saluta Elisabetta è lo Spirito di
pietà. La pietà non è forse quel dono di Dio che ci spinge a
riverire non solo Iddio, Padre della famiglia cristiana, ma anche questa famiglia
stessa in tutti i suoi membri, a renderle tutti i doveri che le dobbiamo, a comunicarle
il meglio di ciò che abbiamo? Non è forse esattamente quello che fa
Maria, che si reca, con tutta fretta, attraverso le montagne, a prestare la sua assistenza
alla cugina Elisabetta, a rallegrare il cuore della sua parente con la presenza del
Benedetto d’Israele che porta nel suo seno, a santificare anticipatamente il Precursore,
presagio della santificazione futura dell’umanità? Così, come questa,
riconosce, per bocca di Elisabetta, il dono della pietà che ispira la Maria
i suoi passi: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo ventre.
E donde a me questo che la madre del mio Signore venga da me? … Te beata che hai
creduto, perché si adempiranno le cose dette a te dal Signore».
Sì, beata, beata Maria! Secondo S. Tommaso le beatitudini del Vangelo si disputano
l’onore di dipendere dal dono della pietà, certamente perché questo
dona eccellente non si può esercitare senza sollevare sopra i proprii passi
un carteggio d’eccellenti desideri. Beati i mansueti, perché possederanno
la terra; beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno
saziati; beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia. Sembra che
l’atto del dono della pietà sia formato di ciò che vi è di meglio
in questi tre doni: la mansuetudine, la giustizia, e la misericordia. E tutto questo
infatti trova si nella Visitazione di Maria Santissima. Il suo saluto fu dolce, come
attesta l’accoglienza che le fece Elisabetta; la sua visita fu un atto di giustizia,
poiché compiva un dovere; l’opera di santificazione che compì fu misericordiosissima.
Ecco dunque com’ella, nel medesimo tempo, possiede la terra per la santificazione
che vi produce, è saziata per la gioia che suscita la sua visita, e vede confermarsi
in lei la misericordia del Signore per la nuova sicurezza che reca alla sua felicità
la profezia d’Elisabetta: Beata lei che ha creduto, perché le cose che le
furono dette avranno il loro compimento.
QUARTA
PAROLA
IL DONO DEL CONSIGLIO
«Tre giorni
dopo vi furono nozze in Cana di Galilea, ed era qui la Madre di Gesù. E fu
invitato anche Gesù coi suoi discepoli alle nozze. Ed essendo venuto a mancare
il vino, dice a Gesù la Madre: Non hanno più vino. E Gesù
le disse: Che ho io da fare con te, o donna? Non ancora è venuta la mia ora».
S. Joan., II,
1-4.
«Non hanno
più vino». Quanto è grande, in queste brevi parole, la fiducia
di Maria nel Figlio! Non sollecita, non domanda neppure; conoscendo il cuore di lui,
si contenta di manifestare il suo. Sì, manifesta il suo cuore, cuore di padrona
di casa e d’invitata, delicatamente commosso dal rossore che sta per provare il suo
ospite. Non hanno più vino: è il consiglio appena sussurrato da una
madre, conscia del cuore e dell’onnipotenza del figlio, e che riposa pienamente sull’uno
e sull’altra: Flamma amoris soporantis. Chi può ispirarle un modo così
insinuante e così fermo ad un tempo, così degno del Dio a cui ella
si rivolge, perché è un Dio ch’ella osa consigliare, un modo tuttavia
così bene improntato dei suoi diritti di madre? Se il consiglio fu mai largito
in dono ad una creatura mortale, lo fu certamente in questa circostanza. Chi potrebbe
trovare da sé la forza persuasiva d’un simile consiglio? Non è forse
l’atto d’una prudenza consigliata dall alto, d’una prudenza diretta dal gran Consigliere?
Beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia. A primo aspetto, sembra
che Maria non abbia ottenuto misericordia: «Donna, le dice Gesù, che
ho io da fare con te? Non ancora è venuta la mia ora». Ma ciò
non è se non un’apparenza. Le madri sanno ciò che si nasconde sotto
le esteriorità di freddezza che i loro figli grandi oppongono alle loro proposte.
Sanno che, mentre resistono in nome della ragione, già cedono nel loro cuore.
Maria non s’inganna. Il suo cuore misericordioso per questa povera gente sa che otterrà
pietà. E comanda ai servitori di fare tutto quello che dirà suo figlio,
e il miracolo si compì. Il suo consiglio prevalse, perché in fondo,
era il consiglio d’un amore ispirato dal Dio di misericordia. Beata lei per essere
stata così misericordiosa, perché ottenne misericordia.
QUINTA
PAROLA
IL DONO DELLA SCIENZA
«Gesù
le dice: Che ho, io da fare con te, o donna? Non ancora è venuta la mia ora.
Dice sua Madre a coloro che servivano: Fate quello che vi dirà… E
Gesù disse loro: Empite d’acqua le idrie. Ed essi le empirono fino all’orlo.
E Gesù dice loro: Attingete adesso, e portate al maestro di tavola. E ne portarono.
E appena ebbero fatto il saggio dell’acqua convertita in vino, il maestro di tavola
chiama lo sposo, e gli dice: Tutti servono da principio il vino migliore, e quando
già sono brilli, allora dànno dell’inferiore; ma tu hai serbato il
migliore fino ad ora».
S. Joan., II,
4-10.
Non ancora è venuta la mia ora; dice Gesù. Ma quella di Maria è
venuta, ed essa lo sa. L’ora di Maria è l’ora in cui l’uomo si trova nell’imbroglio,
nel dolore, nella miseria. Ella conosce tutte le nostre sofferenze, dalla piccola
ferita d’amor proprio dell’ospite che, in pieno banchetto, si trova a non aver più
niente da offrire ai suoi invitati, fino alle dolorose sofferenze che minacciano
nel suo fondo la nostra vita. Ella sa tutto questo, e la sua scienza non è
inoperosa. Flamma amoris compatientis. È la fiamma dell’amore compaziente:
fate tutto quello ch’egli vi dirà, dice ai servitori. Chi dunque le ispira
quest’ardire? Come osa ella regolarsi come se quest’ora fosse venuta, quando il Maestro
dice: Non è ancora venuta la mia ora? È perché lo Spirito dell’Altissimo
la anima d’una scienza superiore. E perché sotto la dura parola: «Che
ho io da fare con te, o donna?» ella scopre, per ispirazione dello Spirito
Santo, il Cuore di Colui che dirà presto: Ho pietà della turba. Misereor
super turbam.
Beati quelli che piangono, perché saranno consolati. È la beatitudine
da S. Agostino annessa al dono della Scienza, e giustamente; perché quanto
meglio si conosce il mondo, tanto più si vede che è triste e pieno
di miserie.
Il cuore delicato di Maria intravide nell’affanno del maestro di tavola la pena umana.
È poca cosa, ma sufficiente, quando si è ispirati dallo Spirito della
Scienza. Ella sa, e piange con quelli che piangono. Non hanno più vino! Che
accento pietoso! Ma tosto: Fate tutto quello che vi dirà. E l’acqua si cambia
in vino, e l’ansietà che stava per raggiungere il cuore dello sfortunato anfitrione
si cambia per giunta in allegria. E Maria gode deliziosamente di udire il maestro
di tavola che dice allo sposo, il quale non aveva sospettato di niente: Tu hai serbato
il buon vino fino ad ora. Che consolazione per questo cuore delicato! Dunque beati
quelli che piangono, istruiti dal dono della Scienza, perché saranno consolati!
SESTA
PAROLA
IL DONO DELL’INTELLETTO
«Avvenne
che dopo tre giorni lo trovarono nel tempio che sedeva in mezzo ai dottori, e li
ascoltava, e li interrogava; e tutti quel che l’udivano restavano attoniti della
sua sapienza e delle sue risposte. E vedutolo, ne fecero le maraviglie. E la Madre
sua, gli disse: Figlio, perché ci hai tu fatto questo? Ecco che tuo padre
e io addolorati andavamo in cerca di te. Ed egli disse loro: Perché mi
cercavate voi? Non sapevate come debba occuparmi nelle cose spettanti al Padre mio?
Ed essi non compresero quel che egli aveva loro detto. E se n’andò con loro
e fece ritorno a Nazaret, ed era ad essi soggetto. E la Madre sua tutte queste
cose conservava in cuor suo».
S. Luc., II, 46-52.
«Figlio,
perché ci hai tu fatto questo?». Vi è qui dono dell’intelletto?
«Ed essi non compresero quel che egli aveva loro detto». E qui pure,
vi è dono dell’intelletto? Come dunque in queste parole di Maria vediamo noi
l’espressione del dono dell’Intelletto? – Ma non abbiamo letto sino in fondo il nostro
testo: «La Madre sua tutte queste cose conservava in cuor suo». Ecco,
questa volta, l’opera del dono dell’Intelletto.
Per trovare, bisogna cercare, per ricevere, bisogna domandare. Nel Cantico dei Cantici,
in cui i santi hanno veduto gli amplessi dell’intelletto umano e della Divinità,
vi sono fasi di ricerca e istanti d’incontro, istanti d’incontro fuggitivo e di possessi
silenziosi. Maria è la Sposa dei Cantici. Gesù è il suo diletto.
Ella lo conosce per lo Spirito dell’intelletto che riposò sopra di lei nella
sua Annunciazione. Ma il dono dell’Intelletto sopra questa terra non esclude le oscurità
della fede. L’anima vede tutto a un tratto, sotto un impulso più forte del
cuore, ma, dopo un istante, il diletto si è sottratto. Essa non può
riprenderlo, e lo cerca. «Lui cercai, che è l’amore dell anima mia;
lo cercai, e non lo trovai. Mi alzerò, e andrò attorno per la città;
per le contrade e per le piazze cercherò di lui, che è l’amore dell’anima
mia. Mi trovarono le sentinelle che stanno a guardia della città. Avreste
mai veduto colui, che è l’amor dell’anima mia? Quand’io le ebbi oltrepassate
di poco, trovai l’amore dell’anima mia (4)».
Dobbiamo leggere la nostra narrazione con questa parafrasi figurativa. Anche in Maria,
il dono dell’Intelletto non esclude l’inintelligenza momentanea. Anzi l’esige, a
fine di provocare una ricerca ansiosa, di suscitare, coll’abbandono del Dio amato,
un movimento più forte del cuore, che si palesa con una fiamma più
ardente: Flamma amoris consummantis. Avete veduto colui, che è l’amore
dell’anima mia, dice allora la Sposa alle sentinelle della città: e Maria
disse a suo Figlio: Ecco che tuo padre e io addolorati andavamo in cerca di te.
Gesù risponde ricordando la sua paternità divina; ed essi non compresero
quello ch’egli loro diceva, dice il Vangelo. In quell’istante, Giuseppe e Maria non
compresero, ma, come la Sposa dei Cantici, che oltrepassò le sentinelle, trovò
colui che è l’amore dell’anima sua, Maria ci vien mostrata nell’atto di conservare
tutte queste cose in cuor suo. Che cosa significa? Forsechè comprende finalmente?
No, non è possibile. Ma fa di meglio: ella vede. Vede con quegli occhi del
cuore, che non escludono l’oscurità, ma che dànno un’intelligenza più
immediata e più certa che chiarezze d’evidenza.
Non comprende, ma sotto l’ispirazione dello Spirito, sente la felicità d’essere,
la Sposa di quel Padre Eterno, che è padre di suo Figlio, e la madre di quel
Figlio che già si occupa degli affari di suo Padre: lo sente intimamente,
silenziosamente, lo conserva in cuor suo.
Beati i cuori puri, perché vedranno Dio. Il cuore di Maria è purissimo.
Ella non ha altro amore che il Padre, il Figliuolo e lo Spirito. Vive dell’intelligenza
dei più profondi misteri della Divinità. Ecco perché è
felice.
SETTIMA
PAROLA
IL DONO DELLA SAPIENZA
«Magnificat
anima mea Dominum».
S. Luc., I, 46-55.
È il Cantico
di Maria, la fiamma dell’amore giubilante, secondo S. Bernardo. È la voce
dell’entusiasmo che nasce nel più profondo d’un cuore in cui Dio ha stabilito
il suo dominio in modo assoluto e regale. Un tal cuore vede Iddio da per tutto, in
tutte le contingenze della sua vita, in tutte le sorgenti della storia del mondo.
Dio diventa per lui la grande realtà fondamentale che si nasconde sotto tutti
i vestimenti delle cose. In lui e per lui viviamo, ci muoviamo e siamo. Egli giudica
di tutto per mezzo di questa causa suprema, infinita e profonda. Cerca di entrare
in comunicazione con la sapienza che regge il mondo, di identificare le proprie vedute
con le sue. E poiché quest’ispirazione gli viene dalla sua carità di
cui lo Spirito Santo tiene il governo, nulla potrebbe impedire a questa identificazione
di essere una realtà. Ecco il dono della sapienza, il dono di quei pacifici
entusiasti, i quali sentono che il Dio il quale governa il mondo è con essi
e vorrebbero diffondere questo sentimento nell’intero universo. È desso che
riposa su Maria nel momento ch’ella, piena dello Spirito di Dio, dopo che questo
medesimo Spirito di Dio ebbe invaso Elisabetta, e il figlio di lei, figura dell’umanità,
ebbe sussultato, espande in questo cantico, in cui l’amore di Dio apparisce ad ogni
versetto, come l’ultima parola del suo purissimo Cuore:
L’anima mia magnifica
il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome:
di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato a mani vuote i ricchi.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva promesso ai nostri padri,
ad Abramo e alla sua discendenza,
per sempre.
NOTE
(1)
Serm. IX de Visitatione, Uffizio del Purissimo Cuore della S. Vergine Maria.
Lez. del II Nott.
(2) In tutti i testi che seguono abbiamo riprodotto la versione
del P. Sales, O. P.
(3) Summa Theol., q. 139, a. l, c.
(4) Cantico dei Cantici, III, 1-4.
testo tratto da:
A. Gardeil O.P., I doni dello Spirito Santo nei santi domenicani, Torino-Roma:
Marietti, 1934, pp. 121-139.