Comportarci come il primo giorno che entrammo nella religione

Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
TRATTATO PRIMO. Della stima, e desiderio, e affezione, che dobbiamo avere a quel, che concerne il nostro profitto spirituale, e d’alcune cose, che a quest’effetto ci aiuteranno

CAPO XIV. Che ci aiuterà grandemente il portarci sempre come il primo giorno che entrammo nella religione.

1. Quale e quando venisti in religione?
2. Devi tornare ai primi fervori.
3. Così esortava S. Antonio.
4. Similitudine ed esempio, di S. Bernardo.
5. Devi anzi aumentare quei fervori.
6. Ciò riguarda anche i perfetti.

 

1. Uno di quegli antichi monaci domandò all’abate Agatone come si avesse avuto a portare nella religione, e gli fu da lui risposto: «Guarda qual eri il primo giorno che lasciasti il mondo e fosti ammesso nella religione, e tale mantienti sempre» (De vitis pat. l. 5, lib. 10, n. 8;). Ora se vuoi sapere come sarai buon religioso, e come ti hai da portare per far gran profitto in virtù e in perfezione, sappi che questo è buonissimo mezzo. Considera con quanto fervore e intrepidezza lasciasti il mondo e ciò che avevi in esso, i parenti, gli amici, i conoscenti, la roba, le ricchezze, le comodità, i trattenimenti, e persevera in quel disprezzo del mondo, in quella dimenticanza dei parenti e congiunti e in quell’aborrimento di delizie e di comodità proprie, e in questo modo sarai buon religioso. Considera ancora con quanta umiltà domandasti d’esser ammesso nella religione, e con quanta istanza; come in quel giorno che ti fu detto di sì, ti parve che ti si aprisse il cielo, e rimanesti preso da un gran sentimento di gratitudine e da una grande conoscenza dell’obbligo di servire Dio e la religione per così grande grazia e beneficio. Persevera ora nella medesima gratitudine e nel medesimo umile riconoscimento: stimati adesso per tanto obbligato e tanto debitore, quanto ti stimasti il primo giorno che fosti ricevuto, e in questa maniera profitterai assai nella religione. Inoltre, considera con quanta divozione e modestia, dopo esservi stato accolto, cominciasti a diportarti in quei principi, con che ubbidienza, con che umiltà, con che prontezza, con quanta indifferenza e rassegnazione in ogni cosa; e persevera sempre nello stesso tenore; ché in tal modo andrai avanzando e crescendo in virtù e perfezione.

2. Questo mezzo è molto raccomandato dai Santi, come or ora vedremo; ma bisogna che l’intendiamo bene. Non vogliamo dire che tu non abbia ad avere adesso maggior virtù che il primo giorno che entrasti nella religione; né che il provetto e veterano si abbia a contentare della virtù del novizio; essendo cosa chiara, che ha da avere maggior virtù il veterano, e deve aver fatto maggior progresso e frutto che il novizio, il quale cominciò ieri. Come nello studio, chi ha studiato dieci anni ha da aver fatto maggior profitto e ha da saperne più che il principiante. Ora la religione è una scuola di virtù e di perfezione; e così quegli che più lungo tempo è stato in questa scuola, conviene che abbia imparato e profittato di più. Ma siccome ad uno che cominciò a studiare con molto fervore e con gran diligenza, e di poi si stanca e raffredda, diciamo che ritorni al primo fervore e alla diligenza con cui cominciò da principio, e che a questo modo farà riuscita nello studio; così quel che ora diciamo è, che tu ritorni a quei primi fervori, coi quali cominciasti a camminare per la via della virtù il primo giorno che entrasti nella religione. Guarda con che animo e con che diligenza cominciasti allora a servir Dio, che non v’era cosa che ti sgomentasse, né che ti paresse così difficile; e ripiglia ora quel fervore, quell’animo, quella lena; che così farai gran profitto nella religione. Questo è quello che ci vogliono dire i Santi intorno a questo mezzo.

 


 

3. Il benedetto S. Antonio, pregato dai suoi discepoli di dar loro alcuni ricordi spirituali per loro profitto, cominciò di qui il suo ragionamento, siccome lo riferisce S. Atanasio nella vita di lui. «Sia questo per tutti il primo comune ammonimento, che nessuno si deve stancare e rallentare nel vigore dell’intrapresa via, ma, come se allora incominciasse, deve sempre aumentare ciò che ha incominciato» (S. ATHAN. Vita S. Ant. Abb. n. 16). Ed oltre che molto spesso replicava loro il medesimo; essendo già vicino a morte, come per testamento ed ultima volontà, acciocché restasse loro meglio impresso nel cuore, lo tornò ad ingiungere loro con certe parole molto tenere, come di padre: «Figliuoli miei dilettissimi, io muoio, e questo è l’ultimo ricordo che, per pegno del mio amore, vi lascio. Se volete far profitto nella virtù e nella perfezione, abbiate sempre questa cosa dinanzi agli occhi; fate conto che ogni giorno cominciate di nuovo, e diportatevi sempre come il primo giorno che cominciaste; ché in questa maniera sarete buoni religiosi» (Loc. cit.). Sant’Agostino propone anch’egli questo mezzo: «Dimenticati di quanto hai fatto sin ora, e fa conto che ogni giorno cominci da capo» (Epist. Pelagii ad Demetr.).

 


 

4. Dichiarava S. Antonio questa cosa con un esempio, che abbiamo giornalmente per le mani. Come i servitori tra gli uomini, non ostante che abbiano servito lungo tempo i loro padroni e faticato assai, non lasciano di far quello che di nuovo occorre; ma sempre stanno pronti e disposti a far quel che viene loro comandato, come se ogni giorno fosse il primo della loro servitù, e come se fin a quell’ora non avessero servito né faticato punto; così, dice, abbiamo noi altri da servir Dio nostro Creatore e Signore, come se ogni giorno fosse il primo, e come se per l’addietro non avessimo servito nulla (S. ATH. loc. Cit. col. 870). Buon esempio abbiamo di ciò in S. Bernardo. Il Surio (SUR. S. Bern. vita, l. 1, c. 4 ; M. P L. v. 185, col. 240) racconta di lui nella sua vita, che egli teneva gli altri per santi e perfetti, e che come gente già approfittata e molto avanzata nella virtù stimava che potessero avere alcune esenzioni e licenze rispetto ai pesi ordinari della vita comune. Questa è molto buona cosa per non condannar gli altri, quando vediamo in essi alcuna di queste cose. Ma S. Bernardo, dice il Surio, teneva sempre se stesso per principiante e per novizio, a cui non convenissero simili licenze ed esenzioni (Loc. cit); e così non si sottraeva punto dal rigore della religione, né dalle fatiche comuni, né dagli esercizi umili e bassi. Egli era il primo in tutte le ubbidienze, e prima di tutti dava di mano alla scopa e allo straccio. In nessuna cosa voleva esentarsi; anzi quando gli altri facevano qualche esercizio manuale, che egli non sapesse fare, per non perdere l’occasione di meritare, procurava di compensarlo con qualche altro esercizio, più umile e più vile di quello: prendeva una zappa e si metteva a zappare, o un’accetta e spaccava le legna e se le portava in spalla sino alla cucina. E gustava grandemente d’occuparsi in simili esercizi, parendogli che tutto ciò gli fosse necessario per suo profitto. Non come alcuni, che quando fanno simili cose dicono di farle per dar buon esempio; ma nel resto non par loro di averne bisogno, né che quelle facciano per loro a proposito. È bene che facciate tali cose per dar buon esempio ed edificazione; ma meglio sarebbe che conosceste d’averne ancora bisogno; poiché a un S. Bernardo pareva d’esserne bisognoso.


5. Aggiunge qui S. Antonio un altro punto molto buono, col quale si dichiara meglio il precedente. Non si contenta il Santo che, trattandosi dei primi fervori, coi quali abbiamo cominciato, non torniamo indietro; ma vuole che camminiamo sempre avanti, profittando di mano in mano e avanzandoci tuttavia più. Come quegli che comincia a servir Dio procura d’andar ogni giorno accrescendo ed ampliando il suo servigio, vedendo che sin a quell’ora ha fatto ben poco, e forse anche offeso il Signore, per compensare in tal modo quel che è passato e rendersi meritevole di perdono e di premio, cosi noi altri abbiamo da far sempre come chi per l’addietro non ha radunata né riposta cosa alcuna, ma più tosto ha dissipato e scialacquato.

 

6. Questo mezzo dice S. Gregorio (s. GREG. Moral, lib. 22, e. 4, n. 7; M. PL. v. 76, col. 216) che conviene a tutti, benché siano molto perfetti. Il profeta David era un uomo secondo il cuore di Dio; pure, nella sua vecchiaia, come se avesse cominciato allora, diceva: «Ora incomincio» (Ps. 76, 10), perché camminava con tanto fervore e diligenza nel servigio del Signore nell’ultimo della sua vita, come se allora avesse cominciato di nuovo a servirlo. Anzi questo è molto proprio degli uomini perfetti, secondo quel detto del Savio: «Quando l’uomo avrà finito, allora sarà da capo» (Eccli. 18, 6). I veri servi di Dio, quanto più camminano innanzi e quanto più si avvicinano al fine e alla perfezione, con tanto maggior diligenza e fervore procedono; «come quelli che scavano un tesoro», dice Giobbe (Iob, 3, 21). E S. Gregorio dice (S. GREG. Mor. l. 5, c. 5; M. PL. v. 75, col. 683)12: Come quelli che scavano cercando un tesoro, quanto più hanno scavato e sono arrivati più in fondo, con tanto maggior calore si fanno a scavare, persuadendosi che si avvicina sempre più il tesoro nascosto che cercano, e che manca loro poco per trovarlo; così quelli che trattano davvero il negozio del loro profitto e della loro perfezione, quanto più avanzano di cammino e quanto più si avvicinano al fine, tanto più si affrettano. Olà, oramai è vicino il tesoro, fate buon animo, affrettatevi, ché ornai poco vi manca per arrivare ad esso.

«E questo tanto più, quanto più vedrete avvicinarsi il giorno», dice l’Apostolo S. Paolo (Hebr. 10. 23); come se volesse dire, spiega S. Gregorio (Loc. cit.) tanto più ha da crescere la fatica, quanto il premio e la rimunerazione è più vicina. Quando la pietra si muove all’ingiù, quanto più si avvicina al suo centro, con tanto maggior velocità e speditezza accelera il suo moto per arrivarvi: così quanto uno va più profittando in virtù e in perfezione, e più va avvicinandosi e accostandosi a Dio, che è il suo centro e il suo ultimo fine, tanto più s’affretta per finir d’arrivarvi. Questi, dice S. Basilio (S. BASIL. In reg. brev interr. 259), sono i ferventi di spirito, quelli che S. Paolo dice «per sollecitudine non tardi, fervorosi di spirito e servi del Signore» (Rom, 12, 11).

Vi sono, alcuni che nei principi, quando entrano in religione, cominciano con fervore; ma subito, usciti dal noviziato, si stancano e fanno da veterani: questi non sono ferventi di spirito, ma tiepidi e pigri. I ferventi di spirito, dice S. Basilio, sono quelli che ritengono sempre, come il primo giorno, un ardente desiderio ed una fame insaziabile del proprio avanzamento, né mai si stancano di servir Dio, ma desiderano servirlo sempre più, conformemente al detto del Profeta: «Egli avrà cari oltremodo i suoi comandamenti» (Ps. 111, 1).