L’IDEA CRISTIANA DELLA CHIESA AVVERATA NEL CATTOLICESIMO
di Giovanni Perrone S.J.
CAPO I.
Gesù Cristo ha fondata una Chiesa.
Niun
mai creduto avria, che fosse sorto in capo ad alcun eretico di porre in dubbio non
che negare che G. C. avesse fondata una Chiesa dopo le così aperte e formali
testimonianze che ce ne porgono le divine Scritture non solo del nuovo, ma eziandio
dell’antico Testamento. E pur non mancò tra quelli i quali professano di tenere
a loro guida la Bibbia e la sola Bibbia, chi negasse aperto che il divin Redentore
abbia fondata una Chiesa. Non son molti anni dacché Beniamino Constant riformato
di Francia, cioè calvinista, affermò di aver bensì il divin
Salvatore istituita la cristianità, o il cristianesimo , ma non già
fondata una Chiesa (1) . Molti, come
a suo luogo discorreremo, da settarii hanno equivalentemente sostenuto lo stesso
paradosso, ma niuno, che io mi sappia, giammai giunse a negar formalmente una cosi
fatta istituzione, se si eccettuino alcuni increduli.
Pria pertanto di esporre l’idea cristiana di questa Chiesa ragion vuole che si getti
il fondamento di tutta la trattazione col dimostrare l’aver di fatto il divin Redentore
fondata una Chiesa, altramente edificheremmo all’ aria senza base e senza sostegno
ed appoggio.
Ora io accennai che non solo nel nuovo Patto si hanno testimonianze e prove di questa
istituzione, ma che inoltre non ne mancano tampoco nel Testamento antico, almeno
in quanto si riscontrano in esso varii tipi della futura Chiesa che vi avrebbe fondata
l’aspettato Messia. E di vero secondo la interpretazione de’ Padri e la comune esposizione
degl’interpreti cristiani, tanto cattolici che protestanti, ben molte di queste figure
tipiche precedettero ad adombrare la futura Chiesa dei Salvatore. Noi ne percorreremo
solo le principali.
Tipo pertanto di questa Chiesa è stato il terreno paradiso in cui furono collocati
i nostri primi progenitori secondo la intelligenza di s. Agostino , il quale esponendo
quanto è scritto nel Genesi, II, 8, scrive: «Possono queste cose intendersi
nella Chiesa per modo che le prendiamo quali profetici indizi prenunzianti le cose
future, il paradiso significa la Chiesa stessa, i quattro fiumi del paradiso esprimono
i quattro Evangelisti; gli alberi fruttiferi i Santi, i frutti loro, le loro, opere;
l’albero della vita il Santo de’ Santi, cioè G. C.; l’albero della scienza
del bene e del male, il libero arbitrio» (2). Come pure, secondo lo stesso santo dottore,
tipo della Chiesa futura è stata l’Arca di Noè: «Senza dubbio,
scrive egli, (l’arca noetica) è una figura della città di Dio pellegrinante
in questo secolo, cioè della Chiesa, la quale si salva per mezzo del legno
da cui pendette il mediatore di Dio e degli uomini, l’Uomo Cristo Gesù»
(3). Consentono
in ravvisare questo tipo della Chiesa cristiana eziandio gli altri Padri come s.
Cipriano, s. Gregorio, s. Gerolamo ed altri (4). Tipo è
stato della Chiesa il Tabernacolo eretto da Mosè, come si ha da Isaia (5), da Ezechiele
(6), da Amos (7) e dagli scrittori
del nuovo Testamento (8), e ne convengono
gli scrittori ecclesiastici.
La stessa città di Gerosolima vien dai profeti presentata qual tipo non meno
della Chiesa trionfante in cielo, quanto della Chiesa militante in terra da fondarsi
dal promesso Redentore. Lasciando quanto si attiene alla Chiesa trionfante, che non
è di questo luogo, accenneremo solo quello che ci vien dai Profeti pronunziato
di questa Chiesa nostra sotto l’emblema di Gerusalemme. Ecco come Isaia, dopo di
aver premesso nel capo precedente l’annunzio del nuovo popolo, e della Chiesa dei
credenti, si esprime nel capo LX: «Sorgi, ricevi la luce, o Gerusalemme ; perocchè
la tua luce è venuta, e la gloria del Signore è spuntata sopra di te.
Imperocchè ecco che in tenebre sarà involta la terra, e in oscurità
lo nazioni: ma sopra di te nascerà il Signore, e la gloria dì lui si
vedrà in te.
E alla tua luce cammineranno le genti, e i regi allo splendore, che nasce per te.
Alza all’ intorno il tuo sguardo e mira: tutti costoro si son radunati per venire
a te: da lungi verranno i tuoi figliuoli e da ogni lato a te nasceranno delle figlie.
Tu vedrai allora la tua moltiplicazione, e stupirà e sarà dilatato
il cuor tuo, quando verso di te si rivolgerà la moltitudine di là del
tuo mare, quando possenti popoli verranno a te… Imperocchè me le isole aspettano,
e le navi del mare fin da principio, affinchè i figliuoli tuoi da rimoti paesi
io conduca; e il loro oro e il loro argento al nome del Signore Dio tuo, e al Santo
d’Israele. Ed i figliuoli degli stranieri edificheranno le tuo mura, e i re loro
a te serviranno: imperocchè sdegnato ti afflissi, e riconciliato usai teco
misericordia. E le tue porte saran sempre aperte, non si chiuderanno lungo il di,
nè lungo la notte, affinchè a te sia condotta la moltitudine delle
genti, e sien menati i tuoi re. Imperocchè la nazione ed il regno, che non
servirà a te, perirà, e quelle genti saran devastate e desolate…
Non avrai più sole, che ti dia la luce pel giorno, nè ti rischiarerà
splendore di luna: ma sempiterna luce tua sarà il Signore e tua gloria il
tuo Dio. Il sole tuo non tramonterà, nè scema sarà mai la luna:
perchè sempiterna luce tua sarà il. Signore, e saran finiti i di dei
tua pianto. Popolo tuo saran tutti i giusti, germi piantati da me, opera della mia
mano, ond’ io sono glorificato. Il minimo produrrà mille, e il pargoletto
una fioritissima nazione.Io il Signore a suo tempo farò tal cosa subitamente»
(9). Certo non poteva
sotto più magnifici emblemi, e con più vivi colori rappresentarsi la
nuova Gerusalemme, la Chiesa di Gesù Cristo, la sua santità, la protezione
del Signore, la sua ampiezza, la sua fioridezza, la sua perpetuità. Mi converrebbe
trascrivere intieri capi dello stesso profeta coi quali ci si piace di esornare questo
sublime tipo ; lo stesso fa Zaccaria in tutto il capo VIII della sua profezia; lo
stesso già avea fatto Davidde in parecchi de’ suoi Salmi, ma specialmente
nel salmo CXLVIII: «Loda, o Gerusalemme, il Signore» che per comune sentimento
degl’interpreti è tutto di questo argomento. L’apostolo Paolo in più
luoghi, ma più espressamente nella sua epistola ai Galati, c. IV, 26, riconosce
questo tipo di Gerusalemme nella Chiesa di Dio.
Lungo di troppo sarebbe voler percorrere per singolo ognuno di questi tipi, ed esporli
in ogni loro parte, come si è dottamente praticato dai santi padri, e dai
sacri interpreti; locchè sarebbe per fermo un bel lavoro, e degno di un cattolico
espositore. Imperocchè e il tutto ed ogni proprietà della Chiesa cristiana
vedrebbonsi da molti secoli innanzi posti in bella vista, e ad una così fatta
considerazione non potrebbe a meno ogni cuor fedele dallo riempiersi d’ineffabile
consolazione, nel veder come Dio abbia così per minuto descritto in varie
forme quanto dovea nella pienezza de’ tempi istituire e fondare l’Unigenito del Padre
fatto uomo, cioè la Chiesa capolavoro di divina sapienza.
Non essendo però questo del nostro scopo, mi basta di aver dati questi cenni
a solo fine di far conoscere, come eziandio nell’antico Testamento sotto più
e più forme ci sia stata predetta e prefigurata la fondazione della Chiesa
nella nuova alleanza.
Che se questi molteplici tipi e predizioni ci fanno certi della esistenza e fondazione
di una Chiesa per parte del promesso ed aspettato Messia, le formali testimonianze
che ce ne somministrano le sacre carte del Testamento nuovo di questo fatto son tali,
che coprir dovrebbero di rossore ed onta chiunque sol si avventasse a porlo in dubbio.
Per seguire un cert’ordine, e non recare i testi alla rinfusa comincerò da
quelli che ci somministrano i sacri Evangelii per poi passare agli scritti degli
Apostoli.
E per cominciare dal notissimo testo, che leggesi in s. Matteo al capo XVI, che di
più chiaro e formale delle parole colle quali il divin Redentore promise di
edificar su Pietro la Chiesa sua e di costituirlo capo supremo della medesima? Non
appena il santo Apostolo fece per divina rivelazione la celebre confessione della
divinità di G. C., che questi in premio di essa proferì queste parole:
Beato sei tu, Simone , Bar-Jona: perchè non la carne e il sangue te lo ha
rivelato, ma il Padre mio che è ne’ cieli E io dico a te, che tu sei Pietro,
e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno
non avran forza contro di lei. E a tedarò le chiavi del regno de’cieli; e
qualunque cosa avrai legata sopra la terra, sarà legata anche ne’cieli; e
qualunque cosa avrai sciolta sopra la terra, sarà sciolta anche ne’ cieli
(10). Lascio i commentari
su questo passo, che ha formato mai sempre, e formerà per tutti i tempi avvenire
come la condanna, così la disperazione di tutti gli eretici, di tutti gli
scismatici, che Pietro nella persona dei suoi successori non riconosce per suoi,
perchè verranno più opportuni nel decorso dell’opera; qui mi basta
il solo testo, dirò così materiale. Imperocchè, e chi potria
negare l’aver Cristo fondato una Chiesa senza porsi in aperta contraddizione con
esso lui, il quale dice espressamente, che egli edificherà la sua Chiesa?
Fa inoltre menzione della Chiesa lo stesso Cristo presso il medesimo evangelista
al capo XVIII, ove parlando dei ricalcitranti alla rimostranza di due o tre testimonii
disse: «Che se non farà caso di essi, fallo sapere alla Chiesa.
E se non ascolta nemmen la Chiesa, abbilo come per gentile e per pubblicano»
(11). Qualunque,
pel momento, si ammetta la intelligenza di questa voce Chiesa, cioè
o pel ceto intiero de’ fedeli, o pei prelati di questo ceto che hanno il potere di
legare e di sciogliere, come si ha dalle parole seguenti, non è men vero,
che qui trattasi della Chiesa di G. C. dalla quale chiunque, è separato viene
escluso dalla eredità celeste, ratificando Dio la sentenza legittimamente
proferita da questa Chiesa contro gli ostinati delinquenti.
Questa stessa Chiesa poi vien da Cristo denominata con parecchie altre formole, e
ce la presenta sotto diversi emblemi e figure colle quali ne adombra o l’autorità
o le varie proprietà, o le fasi, come in appresso rileveremo. Ora la chiama
regno de’ cieli (12) ora regno
suo (13), ora la chiama
ovile e gregge suo (14), ora Tassomiglia
al grano di senapa, ora al fermento o lievito (15), ora la dice città posta sul monte
(16), e così
vadasi discorrendo, come ognuno può agevolmente ravvisare nel percorrere gli
Evangelii.
È stata poi affidata l’intiera Chiesa dal Salvatore dopo il glorioso suo risorgimento
a Pietro con quelle parole che leggonsi in s. Giovanni al capo XXI ripetute per ben
tre volte: Se mi ami pasci i miei agnelli, pascile mie pecorelle. Venne poi solennemente
inaugurata nel giorno della Pentecoste, Alilorchè lo Spirito Santo visibilmente
sotto figura di lingue di fuoco scese sul cenacolo, ove gli apostoli e i discepoli
si erano riuniti secondo il comando che ne avevano da Cristo stesso ricevuto (17).
Da questo punto in poi noi troviamo farsi menzione della Chiesa ovunque stabilita
ed organata tanto negli Atti degli apostoli, quanto nelle epistole e negli altri
scritti degli apostoli medesimi, non che delle sue prerogative e proprietà.
In fatti negli Atti apostolici, nulla di più frequente che questo nome di
Chiesa ora attribuito ai ceti particolari de’ fedeli spettanti a qualche città,
o provincia, ora alla collezione intiera di questi ceti particolari come quelli che
formavano sotto il regime di singolari pastori o vescovi, un sol tutto colla Chiesa
universale, e tale la costituivano sotto l’autorità del principe degli apostoli
s. Pietro. Così si parla della Chiesa di Gerusalemme in più luoghi
(18), di quella che
era in Antiochia (19), della Chiesa
di Cesarea (20), della Chiesa
di Efeso (21). Che poi queste
Chiese parziali, o diocesi, che vogliam dire, concorressero a costituire una sola
Chiesa universale, oltrechè si fa manifesto dal modo col quale di esse si
fa menzione, dicendosi della Chiesa che è in Gerusalemme, della Chiesa che
è in Antiochia e altrove, significandosi con ciò, che soltanto si parla
di quella porzione di Chiesa che occupava un determinato luogo, ossia in quanto designavansi
i cristiani che abitavano in questa o in quella speciale località, si fa in
oltre palese dal modo che dilesse altrove come di una sola sotto il regime supremo
di un solo se ne tien discorso. Imperocchè troviamo in questi Atti medesimi,
che Pietro come capo supremo visitava tutte le cristianità o Chiese particolari,
cresciuto già per la evangelica predicazione in tutta la Palestina. Imperocchè
così leggesi in questi Atti: «Così la Chiesa per tutta la Giudea
e Galilea e Samaria avendo pace, si edificava, e camminava nel timor del Signore,
ed era ricolma della consolazione dello Spirito Santo. Or avvenne, che Pietro visitandolo
tutte, giunse ai santi che abitavano in Lidda» (22). Ed ecco come le Chiese
parziali concorrevano a formare una sola Chiesa. Quindi ivi stesso leggiamo, che
avendo l’apostolo s. Paolo fatti venire a sè in Mileto da Efeso e luoghi circonvicini
i vescovi ai quali erano state affidate le nascenti Chiese disse loro: «Badate
a voi stessi e a tutto il gregge, di cui lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi
per pascere la Chiesa di Dio, acquistata da lui col proprio sangue» (23). Colle quali
parole apertamente la riunione, delle singole Chiese vien detta Chiesa di Dio, Chiesa
che il figliuolo di Dio si acquistò col prezzo del proprio sangue.
Lo stesso vedesi costantemente nelle epistole di s. Paolo, il quale sebbene indirizzassele
or alla Chiesa di Roma, ora a quella di Corinto, e così dicasi di ogni altro
ceto di fedeli, pure ne parla come di una sola Chiesa di Gesù Cristo. E per
lasciare ogni altro luogo, mi basterà l’accennare quanto scrive ai Galati
ed agli Efesii. Nella prima di queste epistole egli confessa di aver perseguitata
la Chiesa di Dio (24): sebbene non
avesse perseguitato che la Chiesa di Gerusalemme e dei dintorni ; nell’altra poi
insiste su questa unità della Chiesa mentre scrive che «Cristo amò
la Chiesa, e diede per lei se stesso, affine di santificarla mondandola colla
lavanda di acqua mediante la parola di vita» (25); come pure allorchè parlando del
connubio di Adamo e di Eva, lo dà qual tipo della unione di G. G. colla sua
Chiesa (26). Ma di questo
altrove trattanto niun uomo di senno rivocherà in dubbio, come nella Scrittura
si parli di una Chiesa dal divin Salvatore istituita, che a poco a poco si diffonde,
si spande, si dilata per tutto l’universo retta da proprii pastori, e destinata a
recar la salute al mondo tutto.
Nè d’altro modo parlano della Chiesa gli uomini apostolici, quelli cioè
che successero immediatamente agli apostoli stessi e coi quali eziandio convissero.
Serva d’esempio s. Clemente Romano, il quale cosi intitola la sua prima lettera a
quei di Corinto: «La Chiesa di Dio, che pellegrina in Roma alla Chiesa di Dio,
che pellegrina in Corinto» (27); colle quali
parole significa una essere e la stessa Chiesa di Dio, o sia che questa si trovasse
in Roma, o sia che si trovasse in Corinto; ed al num. V chiama gli apostoli Pietro
e Paolo fedeli e giustissime colonne della Chiesa, che han sofferta persecuzione
fino alla morte (28). Di qual altra
Chiesa eran colonne quei santi apostoli, se non di quella di Gesù Cristo?
Nel modo stesso scrisse s. Ignazio M. alla Chiesa meritamente beata che è
in Efeso nell’Asia, alla Chiesa che è in Magnesia presso Meandra;
alla Chiesa santa tra i Trallesi di Asia, alla Chiesa diletta ed illuminata
per la volontà di colui, che vuol tutto le cose che sono secondo la carità
di G. C. Dio nostro, la quale presiede nel luogo della romana regione, degna di Dio,
decentissima, meritamente beata, lodatissima, degnamente ordinata, castissima e presidente
in carità, avente la legge di Cristo, portante il nome dei Padre (29); così
dicasi delle altre lettere indirizzate alle altre Chiese particolari. Queste Chiese
però non erano che rami dei grand’albero che è la Chiesa cattolica,
come lo stesso santo lo dice nella epistola agli Smirnesi scrivendo: «ivi
esservi la Chiesa cattolica dove trovisi G. C.» (30).
Lunga cosa sarebbe il voler riferire quanto intorno alla Chiesa medesima no scrisse
Erma, il quale non solo fin dal libro primo del suo pastore, vis. II, afferma che
Dio trasse dal nulla le cose tutte e le moltiplicò per la santa Chiesa sua,
ma di più alla visione VI la descrive come una vergine adornata che esce dal
suo talamo tutta candida con i calzari a piedi suoi, tenente sul capo una mitra,
coperta di nitidi capelli, e nel lib. III in tutta la similitudine IX con bella allegoria
descrive la costruzione di questa Chiesa medesima sotto l’emblema di una eccelsa
torre formata di candide pietre tra sè talmente commesse fino ad apparire
come una sola pietra, la cui porta unica è G. C. nella quale niun può
entrare, qualora non porti il nome di lui, e non sia animato dal suo spirito (31). Vi fa menzione
dei vescovi i quali sono i presidenti della Chiesa, che assieme congiunti non formano
che un solo corpo; e prosegue sino alla fine del libro a descriverne i pregi e le
proprietà. Come pure parla della Chiesa s. Barnaba, o chi è l’autore
di quella lettera che va sotto il nome di lui, certamente antichissima, e dei tempi
apostolici, come tutti i critici ne convengono. Or egli asserisce che la lana in
mezzo alle spine è figura di G. G. proposta alla Chiesa (32).
Egesippo scrittore del secondo secolo e prossimo agli apostoli, e che di più
avea famigliarmente conversato con quelli che avean veduti gli apostoli stessi, scrisse
pel primo una storia della Chiesa, cominciandola dalla morte dei divin Salvatore,
e la continuò fino ai tempi suoi. Di questa storia, che perì, ce ne
ha conservati parecchi frammenti Eusebio. Egli fin dall’anno 157 dell’era volgare
venne a Roma e vi morì l’an. 181. Mostrava egli la continuazione della tradizione,
e faceva vedere, che il deposito delle verità insegnate dal Signor nostro
G. C. si era conservato preziosamente fino alla età sua. La testimonianza
di lui è di tanto maggior peso in quanto che egli aveva visitate tutte le
principali Chiese dell’Oriente dell’ Occidente (33).
Questa Chiesa poi vien chiamata cattolica e sparsa per tutto il mondo negli
Atti del martirio di s. Policarpo, monumento coevo al S. martire, scritto dalla Chiesa
di Smirne (34). Dall’ antichissimo
autore delle lettere clementine vien detta la Chiesa la sposa di G. C. (35); e nelle costituzioni
delle apostoliche, la Chiesa cattolica, vi si dice, è una piantagione di
Dio, e la vigna da lui eletta (36). S. Giustino
nel dialogo con Trifone la chiama figlia di Dio, sposa e consorte di G. C.
(37). S. Ireneo la
dica sinagoga di Dio che il figlio per sè medesimo raccolse ed adunò
(38); un ricco e
dovizioso depositorio nel quale gli apostoli vi recarono ogni verità,
affinchè chiunque lo voglia possa attingere l’acqua della vita (39) ; la madre
nostra per le cui mammelle ci nutriamo alla vita (40); la lucerna a sette
lucignoli portante il lume di Cristo, che dovunque predica la verità (41). Clemente Aless.
la chiama non solo cattolica, come la più antica, ma inoltre la congregazione
de’ santi (42). Tertulliano
la denomina la cura di Cristo (43). S. Cipriano:
«Una è, scrive, la Chiesa da Cristo istituita sparsa in molte membra
per tutto il mondo» (44). Lattanzio la
dice il vero tempio di Dio, che non già nelle pareti, ma bensì nel
cuore e nella fede degli uomini che credono in esso, e chiamansi fedeli, è
costruito (45) ; ed altrove:
«La fonte della verità, il domicilio della fede, il tempio
di Dio nel quale se alcuno non entrerà. ovvero da esso ne uscisse fuori
è alieno dalla speranza della vita e della eterna salute» (46). S. Ambrogio
la chiama madre de’ viventi, edificata da Dio sulla somma pietra angolare Cristo
Gesù in cui lulla la struttura compaginata cresce in tempio di Dio
(47). S. Agostino
infine, per lasciar molti altri, la denomina parimenti la casa e il tempio di
Dio, la città di Dio, la città posta sul monte che è sparsa
per tutto il mondo e perciò dicesi cattolica (48).
A tutta questa non mai interrotta catena di documenti degli apostoli fino al santo
d’Ippona tratta da Padri e dagli scrittori dell’antichità, si aggiunga la
professione di fede detta simbolo, che parimente trae la sua origine dagli
apostoli. Il simbolo, come ognun sa, è quel compendio o ristretto dei principali
articoli della fede dagli apostoli predicata, il quale serviva di norma in tutte,
le Chiese per la istruzione de’ catecumeni. La tradizione più comune è
che il simbolo sia stato composto dagli apostoli stessi prima di disperdersi in tutto
il mondo a disseminarvi la dottrina evangelica per avere una formula uniforme (49). Ma dato ancora,
come il pretendono alcuni critici, che il simbolo non sia che una compendiosa raccolta
della dottrina dagli apostoli predicata, e data per tessera comune a tutte le Chiese
pei diversi usi ai: quali era indirizzato (50), niun negherà,
che fin dal primo secolo del cristianesimo, come derivante dagli apostoli già
fosse in uso con qualche accidentale varietà in tutto l’Oriente e in tutto
l’Occidente (51).
Imperocchè di esso fa menzione s. Ireneo, che riferisce questo simbolo come
trasmesso dagli apostoli alla Chiesa, la quale per tutto il mondo con somma cura
e gelosamente conservò, e del quale recita i principali articoli al suo scopo
(52). Come pure Tertuiliano
in più luoghi (53), e dei pari
il ripete dall’apostotica tradizione, e suoi chiamarlo regula fidei. Il medesimo
attesta Lucifero di Cagliari (54), non che s.
Ambrogio (55), Ruffino Aquilejese
(56), il Concilio
efesino (57), per omettere
presso che innumerevoli altri autori, che di unanime consenso ciò affermano
(58).
Ora in tutti i simboli riferiti per intiero dall’Usserio (59) e poscia dal Bingham
(60) e più
copiosamente dal Walchio (61), oltre a parecchi
altri, costantemente trovasi l’articolo della fede nella Chiesa, nella santa
Chiesa, nella Chiesa cattolica. Ho detto nei simboli riferiti per intiero,
poichè una gran parte di quegli antichi i quali riportano il simbolo detto
apostolico, non cel diedero tutto, ma insistettero di preferenza in quegli articoli
nei quali si professava la fede contro alcuni peculiari errori degli eretici di quei
tempi, come osservò il Bingham (62), lasciando il
rimanente come quello intorno a cui non si era mossa veruna controversia.
Nel resto nel simbolo antichissimo della Chiesa romana come si era da questa conservato
senza aggiunta di alcuna sorta, come ce lo attesta tra gli altri s. Ambrogio (63) vi si trova
l’articolo: Sancta ecclesia (64), e da questo
simbolo per eccellenza denominato apostolico, son derivati i simboli delle altre
Chiese matrici , come il simbolo alessandrino ed il Gerosolimitano, come ce lo lasciò
per intero. s. Cirillo nelle due Catechesi (65). Quello di Antiochia
come vien riferito da Cassiano per opporlo a Nestorio onde convincerlo di avere abbandonata
colle sue novità l’antica fede, non è intiero, ma si ferma agli articoli
che facevano al suo proposito. Lo stesso è a dire dei simbolo della Chiesa
di Cesarea come vien recitato da Eusebio presso Cassiano (66), e cosi in tutti gli
altri i quali sono stati a noi trasmessi per intiero.
Aggiungo forza a questa serie continuata di formole di fede l’uso che di esse facevasi
in tutto le Chiese del mondo. Imperocchè, come poc’anzi si è insinuato,
questo brevissimo compendio della fede cristiana serviva di norma universale per
la istruzione de’ catecumeni, ai quali per conseguente si insegnava espressamente
l’articolo della Chiesa da G. C. istituita. Ogni catecumeno era tenuto ad impararlo
a mente, ed una delle prove per ammettere al battesimo un adulto era la recita delsimbolo
(67), la qual prova
dicesi scrutinio. Era altresì in uso la recita del simbolo nella sacra
liturgia, come si ha nella liturgia antichissima detta di s. Giacomo, non che nella
romana, ed altre delle principali Chiese (68); recitavasi
inoltre dai vescovi nell’ atto della loro conscerazione, ma specialmente dal Pontefice
romano (69). Serviva di
tessera affin di provare con esso che erano i vescovi in comunione colla Chiesa romana
(70); di più
era la recita del simbolo una condizione indispensabile a tutti gli eretici i quali
volevano dalle diverse sette ritornare alla comunione della Chiesa cattolica (71), e in questa
occasione è che si proponeva il simbolo colla professione esplicita degli
articoli contraddittorii agli errori delle particolari sette per es.: dei Gnostici,
degli Ariani, Macedoniani e altrettali.
Da questo consenso di tutte le Chiese dell’orbe cristiano in riconoscere il simbolo
come apostolico, dall’ uso universalissimo e non mai interrotto in tutte le età
nel professare questa, come la chiamarono gli antichi, regola di verità (72), ovvero regola
di fede (73), in tante solenni
occasioni, ne conseguita ad evidenza che dai tempi apostolici si è sempre
creduto, tenuto e professato aver G. C. fondata una Chiesa, cioè quell’unica
vera Chiesa la quale senza interruzione veruna giunse fino a noi.
Dal che ben si vede con quanta verità Beniamino Constant abbia affermato non
avere il divino Redentore fondata una Chiesa, ossia alcuna forma di Chiesa,
ma bensì la cristianità. E pure della pretesa cristianità
in opposizione alla Chiesa niuna menzione se ne fa in verun libro del nuovo Testamento,
non se ne dà tampoco un cenno. Solo si riferisce negli Atti degli apostoli
che poi numero sempre crescente dei fedeli, cioè dei figli della Chiesa, questi
vennero denominati Cristiani (74), mentre prima
si chiamarono Nazzareni dagli esterni, e Santi dagli scrittori ispirati. Nulla
dico de’ Padri, i quali non mai ravvisarono distinzione alcuna tra Chiesa o cristianità,
ma se erano cattolici li chiamavano cristiani, i seguaci di G. C., e i figli della
Chiesa, o se non eran tali, non con altro titolo fuor di quello di eretici, o scismatici
solevano distinguerli. Imperocchè ai maggiori nostri era ignota la distinzione
di cristiani e di cattolici, non essendo altro il cristianesimo, che la Chiesa considerata
nel suo concreto. Ma questo è sempre il fatale scoglio in cui rompono quei
che scrivono la storia, come dicesi a priori, cioè indipendentemente
dai documenti sui quali la vera storia si fonda.
Un altro scrittore della medesima setta, cioè calvinistica, il Guizot, giusta
i suoi principii di tal forma si esprime intorno alla Chiesa: (75) «Nei primi tempi
, precisamente nei primi tempi, la Società cristiana si presenta come una
pura associazione di credenze e di sentimenti comuni; i primi cristiani si riunirono
per godere assieme delle medesime emozioni, delle medesime convinzioni religiose.
Non vi si trova verun sistema di dottrina fisso, verun assieme di regole,
di disciplina, verun corpo di magistrati… Alla fine del quarto secolo ovvero al
cominciamento del quinto, il Cristianesimo (all’ incontro) non era più semplicemente
una credenza individuale, già era una instituzione ; erasi costituita; aveva
un governo, un corpo di clero , una gerarchia determinata…. Inuna parola a quest’epoca,
il Cristianesimo non era solamente una religione, era una Chiesa» (76).
Ed il Matter parimenti scrive: «Gesù Cristo fondò un’ opera immensa,
ma non potè o non volle compierla. Egli non potè esporre tutto il suo
sistema, nè riunire in associazione o Chiesa i suoi partigiani sparsi
in più provincie, in tutti i ranghi della società… Ben sì
vedono le diverso comunìtà organizzarsi a poco a poco, ma niuna teoria
presiedè a questo organamento. Si è talvolta espresso il desiderio
che G. C. avesse tracciato egli stesso la costituzione della Chiesa, come ha tracciato
il suo domma e la sua morale. Ma G. C. che non ha dato se non gli elementi di
un sistema di dogma, e di un sistema di morale senza voler dare questo sistema, ha
molto meno voluto inoltre legare ai suoi discepoli una teoria di governo»
(77).
Da questi tratti si pare come, egli pure non veda alcuna istituzione della Chiesa
fatta dal Salvatore dal quale unicamente deve ripetersi la istituzione imperfetta
od elementare di dogmi e di morale, ossia di una qualsiasi credenza, ed una libera
e spontanea associazione dei credenti medesimi non soggetti a regole ed a governo
di alcuna sorte, in una parola, un cristianesimo libero ed individuale. Ora, io chiedo,
non è questo un fingersi una storia a priori, non solo senza verun documento,
che la fiancheggi, ma espressamente contro tutti i documenti, che ci attestano appunto
l’opposto?,
Dunque l’idea di Chiesa non sarebbe per costoro insorta ee non verso la fine del
quarto secolo o sul principio dei quinto? Eppure troviamo ad aperte note, che il
divin Salvatore proprio volle edificare una Chiesa, e la volle edificare sul suo
apostolo Pietro. L’idea di Chiesa non cominciò a formarsi e ad apparire sul
declino del quarto secolo o sui primordi del quinto, e ciò non di meno troviamo,
che gli apostoli ci parlano continuamente di Chiesa, e di Chiesa di G. C. qual egli
si acquistò a prezzo del suo medesimo sangue (78), e gli Scrittori apostolici cioè
del primo secolo, e i loro immediati successori, cioè del secolo secondo,
non d’altro precipuamente ci trattengono che di questa Chiesa medesima. li simbolo
degli apostoli che doveva servir di tessera e norma nel privato e pubblico insegnamento,
in tutti gli atti solenni, nella sacra liturgia, nel discernimento dei cristiani
dagli eretici dopo gli articoli che riguardano le tre divine persone e l’incarnazione
del Verbo mettono in primo luogo quale articolo a credersi la Chiesa, e questa
Chiesa santa e cattolica, perché si estende dai primi cardini
fino agli ultimi confini della terra (79), come per maggior
chiarezza leggesi nel simbolo della Chiesa alessandrina, qual si suppone esser quello
che da Ario si offrì all’imperator Costantino per professarvi la sua fede
(80). Potrebbesi
con maggior audacia proferire un tal paradosso? E pure lo si dà con una sicurezza,
che non mai l’eguale.
Di più colla stessa imperturbabilità si afferma che la primitiva associazione
fu libera e spontanea e non soggetta a regola veruna, e ciò non ostante la
contraria deposizione dei documenti biblici, e dei monumenti cristiani del primo
e del secondo secolo. Cristo disse aperto che a Pietro si commetteva la greggia sua
a governare e pascere, ossia la sua Chiesa (81). Disse inoltre
che chiunque avesse ricusato dì ubbidire alla Chiesa dovea esser considerato
siccome un gentile ed un pubblicano (82). Lo stesso apostolo
Pietro dà la norma ai vescovi come, dovessero comportarsi nel governo delle
particolari greggie alla cura loro affidate (83), s. Paolo fa la medesima esortazione,
al vescovi della provincia efesina avvertendoli a starsi in guardia contro coloro
che avessero disseminato novità intorno alla fede, e che a guisa di lupi avrebbero
dissipata la greggia (84). Di più
ambedue gli apostoli nelle lettere loro fulminano contro gli eretici perchè
dalla fede si dipartivano dagli apostoli insegnata e in quella vece disseminavano
le loro, dottrine corrompitrici; lo stesso fanno gli apostoli S. Giovanni e s. Giuda,
e li dichiarano fuori della loro comunione e della Chiesa. Come adunque la fede era
individuale o libera, e la cristianità una libera e spontanea associazione
senza legge, senza organamento? Egli è questo un paradosso condannato da tutti
i documenti biblici ed istorici , è una affermazione tutto a ritroso della
vera storia. È una invenzione gratuita e maliziosa per prepararsi, la via
ad encomiare la propria setta, la quale è veramente, come a suo luogo proveremo,
un’associazione alla quale, per niuna guisa si compete il nome di Chiesa (85).
Non si è mai mostrato desiderio di avere ciò che si possiede, cioè
che G. C. avesse tracciato egli stesso la costituzione della Chiesa, come ha tracciato
il suo dogma e la sua morale. No, non si è mai espresso un desiderio siffatto,
poichè tutta la cristianità, la quale altro non è come si disse,
che la Chiesa, si è trovata fondata, istituita, edificata dallo stesso divin
Salvatore, che la ordinò piena e perfetta con tutte le essenziali sue proprietà
e prerogative e doti quali egli stesso, sì egli propriamente, volle ad essa
compartire nella persona de’ suoi apostoli, e principalmente di Pietro sul quale
egli la edificò, affinchè tutta intiera la reggesse nel dogma, nella
morale, nella disciplina. Da Pietro cominciò, poichè esso fu l’istrumento
del quale il Redentore si servì per ammettere nel suo grembo i Giudei e i
Gentili convertiti a Cristo per mezzo della predicazione. Da questo momento la società
cristiana, ossia la Chiesa sotto il governo generale di questo apostolo, e sotto
lo speciale degli altri apostoli e de’ vescovi da essi istituiti si trovò
costituita con l’autorità e leggi necessario, e continuò quindi senza
interrompimento con sempre maggiore accrescimento fino a noi. La Chiesa di oggi giorno
è precisamente la stessa, che cominciò in Pietro, negli apostoli, e
con Pietro e con gli apostoli e con i fedeli a mano a mano da essi aggregati mediante
il santo Battesimo.
Di più; non solo G. C. ha dato gli elementi di un sistema di dogma e di morale,
ma ha propriamente dato, non già un sistema in senso dell’autore di cui parliamo,
ma bensì tutto e l’intiero corpo di sua celeste dottrina si per rispetto al
dogma, che per rispetto alla morale, ed ha di più ingiunto a’ suoi apostoli
che andassero per tutto il mondo ad insegnare e predicare quanto egli avea loro insegnato
, con l’ingiunzione , che chiunque non avesse voluto lor prestar fede sarebbe irremissibilmente
condannato. Queste cose leggonsi apertamente nel codice evangelico i e formarono
la norma di quanto si è poi veramente fatto in tutti i tempi. Volle questa
sua Chiesa la depositaria fedele, e custode gelosa di ogni parte dell’ insegnamento
suo divino, e questo insegnamento s’incarnò in questa Chiesa, nè può
perire qualor non perisca la Chiesa medesima; ciò che esser non potrà
mai, perchè da lui fondata perchè durasse sin che durerebbe il mondo.
Essendo pertanto falso quanto si dice dal Guizot e dal Matter non aver voluto G.
C. dare un Sistema, come essi si esprimono, dommatico e morale, così, e dirò
ancor, molto più è falso che egli non abbia voluto dare una teoria
di governo, che anzi egli ha dato un governo compatto, ben costituito e perfetto
nella gerarchia de’ vescovi, dei preti e de’ diaconi sotto il governo di un capo
visibile da cui tutti dovessero dipendere. Diede alla sua Chiesa il poter di istituir
leggi di disciplina obbliganti in coscienza, come salvaguardia della fede e de’ costumi.
Così infatti veggiamo aver praticato gli apostoli del Nazzareno, allorchè
prescrissero in concilio che i gentili convertiti dovessero astenersi dall’ uso delle
carni immolato agli idoli, e dal sangue e dal soffocato. Leggi che da s. Paolo si
chiamarono dogmi (86) per la loro
stabilità e forza d’obbligare. Lo stesso apostolo più cose di disciplina
stabilì presso i Corinti (87). Ma di queste
cose appena qui accennate, sì terrà discorso dappoi nel seguito di
quest’opera. Qui bastino questi cenni per dimostrare la falsità delle teoriche
dei settarii allorchè si accingono a statuire quanto loro attalenta, e che
vorrebbero che così fosse onde giustificare i loro errori, e col non tener
conto dei fatti sui quali poggia la cattolica verità.
Ma quel che più condanna il procedere degli avversari è quella specie
di sicurezza e gravità che si arrogano quali sapienti che dall’alto dominano,
sul sottoposto piano, lo squadrano e quindi sciorinano le loro sentenze come assiomi
ed oracoli incontrastabili, senz’avvedersi che in così fare si mostrano da
men che fanciulli. Frattanto la turba indotta ed inesperta della gioventù
quali oracoli riceve le costoro dottrine, e s’imbeve il loro animo di mille pregiudizi
dai quali difficil cosa riesce il ritrarneli, e son poi quelli che riescono al sommo
nocivi non meno alla religione che al ben sociale. Chi infatti potria dubitare sentendo
un autor grave qual è il Guizot sentenziare con tuono assoluto,che la società
cristiana nei primi tempi si present come una pura associazione di credenze – che
solo nel finir del quarto o sul cominciar del quinto secolo cominciò ad essere
una Chiesa – in udire, come afferma il Matter, – che G. C. nè potè
nè volle esporre tutto il suo sistema, – che non ha voluto legare ai suoi
discepoli una teoria di governo – e simili; chi dico, ciò sentendo a pronunciare
con tuono magistrale, avria potuto dubitare della verità di tali oracoli ?
E pure è certo dai documenti e dai fatti, esser questi altrettante falsità
smentite ad ogni piè sospinto dalla Bibbia e dalla storia. Ebbene, questo
e non altro è il fare tenuto sistematicamente dai nemici e impugnatori del
cristianesimo e della cattolica Chiesa. Infelici quei che s’imbattono in cotesti
scrittori, e più infelici quei che si lascian cogliere a questi lacci.
Stabiliscasi adunque l’aver G. C. fondata una Chiesa, e che questa verità
di fatto è di una evidenza storica, superiore a qualunque eccezione, perchè
piena, costante, assoluta. Verità pertanto certa e da non potere essere scossa
per qualsivoglia conato in contrario.
NOTE
1
Secondo Benjamin Constant nell’op. De la réligion Considérée
dans sa source, les formes et ses développements. G. Cristo non ha istituita
veruna forma determinata, Chiesa speciale, niun esterno sacerdozio, ma soli
ministri indipen denti l’uno dall’altro per annunziar la sua dottrina, che spetta
piuttosto al cuore, anzichè alla mente. Imperocchè la religione essenzialmente
secondo lui non consiste che nell’affetto e nel sentimento che è immutabile,
tuttochè possa ricevere forme accidentali.
Col Constant conviene il Bretscheider, il quale nell’ op. cui intitolò Enrico
ed Antonio, ossia dei proseliti della Chiesa Romana e della Chiesa Evangelica,
distingue la Chiesa dal Cristianesimo, ed afferma, che Cristo fondò bensì
il Cristianesimo, ma non già la forma cattolica, o greca od evangelica del
cristianesimo.
Il Guizot dopo di aver esso pure nel suo Cours d’histoire moderne, civilisation
en France, tom. I, 5.me leçon , p. 97 seg., stabilito essersi da principio
presentata la Società Cristiana come una pura associazione di credenze e di
sentimenti comuni liberi, conchiude: En un mot, di cette époque (cioè
nel sec. V.) le christianisme n’était pas seulement une réligion, c’était
une Église.
Lo stesso afferma il Matter nella sua Hist. de l’Èglise, tom. 1, pag.
61 e 175.
2 Possunt haec etiam in ecclesia intellegi, ut ea melius accipiamus
tamquam prophetica indicia praecedentia futurorum; paradisum scilicet ipsam ecclesiam,
sicut de illa legitur in Cantico canticorum ; quattuor autem paradisi flumina
quattuor Evangelia, ligna fructifera sanctos, fructus autem eorum opera eorum, lignum
vitae Sanctum sanctorum utique Christum, lignum scientiae boni et mali proprium voluntatis
arbitrium. De Civ., lib. XIII, c. 21.
3 Procul dubio (Arca Noe) figura est peregrinantis in hoc
saeculo civitatis Dei, hoc est Ecclesiae, quae fit salva per lignum, in quo pependit
Mediator Dei et hominum, homo Christus Iesus Ibid., lib XV, c. 26 (5) Is XXXIII,
21. Item, LIV, 4, seg.
4 S. Cypr. Epist. LXXIII, p. 133, et alibi; S. Greg. Hom.
XVI in Ezech. S. Hier. Ep. ad Damas , libr. adv. Iovin.
5 Is. XXXIII, 21. Item, LIV, 1, seg
6 Ezech. XXVII, 28.
7 Amos IX. Coll. Act. Apos. XV.
8 Luc. XVI, 9. Hebr. VIII, IX, 11. Apoc.- XXI, 5. etc.
9 Is. LX, 1, segg.
10 Matth., XVI, 17, segg.
11 Matth., XVIII, 17.
12 Matth. XIII, 21. Marc. IV, 30. Luc. XIII, 18, 20, etc.
13 Matth. XVI, 28. Luc. XXII, 50. Jo. XVIII, 56, etc.
14 Jo. X, 16. Luc. XII, 52. Jo. XXI, 17.
15 Matth. XIII, 31, 33..
16 Matth. VI, 14, etc.
17 Luc. XXIV, 49 – Coll. Act. 11. 1, segg.
18 Act. V, 11, VIII, 1, IX, 50. XI, 22, 26, etc.
19 XIII, e altrove ivi.
20 XVIII, 22.
21 XX, 17, e ciò anche per lasciare le sette Chiese delle
quali si fa menzione nei due primi capi dell’Apocalisse.
22 Act. IX, 51, seg.
23 Ivi, XX, 28.
24 I, 13
25 Ephes. V, 25, 26.
26 Ib. 52.
27 Ecclesia Dei quae incolit Romm , Ecelesia Dei quae incolit
Corinthum. – Cap. I. ed. Cotel. Patr. Apost. dove è a vedersi la nota sulla
voce del pellegrinare ivi apposta, tom. I.
28 Ibid. cap. V. – Propter aemulationem et invidiam, quae Ecelesiae
erant fideles et justissimae columnae, ad mortem usque acerbam persecutionem
passi sunt.
29 Vedansi presso il cit. Cotelerio Patrum Apostolicor., tom.
II.
30 Ubi fuerit Christus Jesus, ibi catholica est Ecclesia, cap.
VIII, ibid.
31 Lib. III. Simil. IX, cap. 13, 27.
32 Cap. VI, pag. 24. Coteler., tom. 7.
33 (1) Intorno ad Egesippo è a vedersi Eusebio H.
Ec. lib. IV, e. 8 e e. 22. S. Girol., De Script. Eccles., cap. 22. Halloix,
Illustrium Eccles. Orient. Scriptor., Duaci, 1652, tom. 11, in ejus vita.
Ceiller., Hist. générale des auteurs sacrés, tom. Il,
ch. XI.
34 Cap. VIII e capo XIX, presso il Ruinart, Acta Martyr.
Sincera.
35 Epist. I ad Jacob., c. VII.
36 Nel proemio cit. I, p. 199, ed. Cotel.
37 Pag. 160, edit. Maran.
38 Lib. III, cap. VI, n. I.
39 Ibid. cap. IV.
40 Cap. XL.
41 Lib. V, c. XX, n. I.
42 Strom., lib. VII, pag. 715, ed. Sylburgii, dove di
più dichiara, alla pag. 765, che: Ecclesiae eminentia, sicut principium constructionis
est ea unitate omnia alia superans, el nihil habens sibi simile vel aequale.
43 De Corona, cap. XII.
44 Epist. LII, pag. 75, ed. Maur.
45 Divin. Instit., lib. IV, e. 15, n. 26. Ecclesia, quae
est verum templum Dei, quod non in parietibus est, sed in corde ac fide hominum,
qui credunt in eum, ac vocantur fideles.
46 Ib. cap. XXX , n. 11. Ecco l’intero testo: Sola igitur catholica
Ecclesia est qua verurn cultum retinet. Hic est fons veritatis, hoc est domicilium
fidei, hoc templum Dei: quod si quis non intraverit vel a quo si quis exiverit, a
spe vitae ac salutis aeternae alienus est.
47 Lib. II, in Luc. VI, 86. Mater ergo viventium Ecclesia est,
quam aedificavit Deus in ipso summo angulari lapide Christo Jesu in quo omnis structura
compaginata crescit in templum Dei, tom. 1, vol. 13, 10, ed. Maur.
48 Epist. LII, al. CLXX. Ipsa est cathotica: indo kadolikê
graece appellatur, quod per totum orbem terrarurn diffunditur. Hanc ignorare nulli
lìcet. – E così altrove spessissimo.
49 Ved. Nat. Aless. nella Dissertaz. De Symbolo, Madrisio, Diss.
De Symbolo fidei. Lazzeri, De antiquis formulis fidei, le quali trovansi
raccolte nel vol. VI di Migne: Cursus completus Theol.
50 Vedi Usserio, De Rom. Eceles. Symbolo nell’ append.
Ad Annal. Massuet nella nota O al cap. III, del lib. III di S. Ireneo.
51 Il Petavio, lib. III, de Trinit., cap. 1, n. 5, pensa
che al Simbolo apostolico già alludesse S. Paolo allorchè nella 1,
ad Corinth. VIII, 5, scrisse: «Nobis tamen unus est Pater… et unus Dominus
Jesus Christus, come a formula già in uso per l’instruzione dei catecumeni.
52 Lib. 1, cap. X. Le parole di S. Ireneo sono: Ecelesia…
ab Apostolis accepit eam fidem quae… etc.
53 De Prcescrip., c. XIII, Lib. De Veland. Virg,
cap. I e contra Prax, cap. II.
54 Lib. Il, ad Constantium imper.
55 Epist. ad Siricium Papam.
56 In Praeef. Exposit. Symb.
57 In Relat. ad Theod. imp.
58 Come Origene, Cipriano, Le Costituz. Apostol., lib. VII,
ed altri presso il Bingham, IX, cap. IV.
59 Diaetr. de Rom. Eccl. Symb. Apost. Vet. ad calcem,
Annal. V, et n. I, pag. 5, seg.
60 Origines et Antiq., Lib. X, cap. IV.
61 Biblioth. Symbolica vetus, Lemgovia, 1770.
63 Loc. cit. § IX et § X, XIV e altrove.
62 Ep. ad Siric. cit., non che Rufino nel Comment. in Symbol.
64 Ecco per intero questo Simbolo come cel dà l’Usserio
tratto da due antichissimi manoscritti della biblioteca Cottoniana, greco
e latino: «Credo in Deum patrem omnipotentem: et in Christum Jesum filium ejus
unicum, Dominum nostrum; qui natus est de Spiritu Saneto et Maria Virgine, qui sub
Pontio Pilato crucifixus est, et sepultus, tertia die resurrexit a mortuis, ascendit
in coelos, sedet ad dextram Patris, unde venturus est iudicare vivos et mortuos.
Et in Spiríitu Sancto, Sancta Ecclesia, remissione peccatorum, carnis
resurrectione.
65 Dalle quali è stato raccolto e riferito colle parola
del Santo dal Toultéc, nell’appendice alla Catechesi V, e leggesi nella pag.
84.
66 De Incarnat., lib. VI.
67 Ved. Lazzeri, De antiquis formulis fidei earumque usu.
n. 5.
68 Ibid. Bingham. L.c. Muratori, Liturgia Romana Vetus,
tom. I, p. 559, Venet., 1748.
69 Ved. Lazzeri, loc. cit.
70 Ibid. n. 5.
71 Ibid. n. 8.
72 Ibid. n. 8.
73 Ibid.
74 Act. XI, 26.
75 Ecco le parole originali di questo scrittore: «Dans
les premiers temps, tout-à-fait, dans les premiers temps, la société
chrétienne, se présente, comme une pure association de croyances et
de sentiments communes; les premiers chrétiens se réunissent pour jouir
ensemble des mêmes émotions, des mêmes convictions religieuses.
On n’y trouve aucun système de doctrine arrêtés, aucun
ensemble de règles, de discipline, aucun corps de magistrats….A la fin du
IV et au commencement du V siècle, le christianisme au contraire n’est plus
simplement une croyance individuelle, c’était une institution : il était
constitué, il avait son gouvernement, un corps de clergé, une hiérarchie
déterminée… en un mot, à cette époque, le Christianisme
n’était pas une religion, c’était une église».
76 Cours d’histoire moderne, Civilisation en Europe,
2.me leçons, pag. 52, 49, 50. Convien dire che questa sia una idea
fissa nel Guizot, giacchè nell’ultima sua opera: L’Église et la
société chrétienne en 1861, Paris 1861, pagine 8 e 9, insiste
su questo punto, scrivendo: «Quand Dieu a crée l’homme pensant et libre,
il ne lui a pas livré la décision da ce qui serait ou ne serait pas
la vérité, mais il a fait de la variété des convictions
la condition des hommes sur la terre, comme de la liberté leur droit».
Dunque quando G. C. ha parlato potrà l’uomo attenersi alle sue convinzioni
opposte alla parola di Dio? La religione cristiana sarà un caos di convinzioni
soggettive?
77 Jésus Christ fonda une oeuvre immense, mais il ne
put, ou ne voulut point l’achever, il ne put ni exposer tout son système,
ni réunir on association ou Église, ses partisans épars
en plusieurs provinces, dans tous les rangs da la société… On voit
bion les diverses communautés s’organiser peu à peu, mais aucune théorie
ne préside à cette organisation. On a exprimé quelque fois le
désir qua Jésus-Christ eût tracé lui-même la constitution
de l’Église comme il a tracé son dogme et sa morale. Mais Jésus-Christ,
qui n’a donné qua les éléments d’un système de dogme
et d’un système de morale, sans vouloir donner ce système a bien
moins, encore voulu léguer à ces disciples une théorie de gouvernement».
Matter, Histoire de l’Église, tom. I, pag. 62, e pag. 126.