Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
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TRATTATO V. DELL'ORAZIONE
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CAPO XXII. Di alcuni altri mezzi per stare con attenzione e riverenza nell'orazione
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1. Tenerci alla presenza di Dio.
2. Vari modi di praticarla.
3. Metterci alla presenza del SS., guardare sante immagini e parlare con Dio.
4. Preparare bene i punti.
5. Richiamarli appena svegliati.
6. Non prepararsi all'orazione è tentare Dio.
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1. S. Basilio (S. BASIL. in Reg, brev. tract. 202 et 306; const. monast. c. 1, n. 4) domanda, come potrà uno tenere il suo cuore fermo, attento e non distratto nell'orazione; e risponde che il mezzo più efficace per questo è considerare che sta dinanzi a Dio e che Dio sta osservando come egli ora. Perché se colui che si trova alla presenza di un principe terreno, parlando con esso lui, sta con gran rispetto e riverenza, e con grande attenzione a quel che fa e dice, e alla maniera che in ciò tiene; e stimerebbe per molto mala creanza il voltargli le spalle, o inframmischiare in quel ragionamento altre cose fu or di proposito; che farà colui il quale consideri attentamente che sta alla presenza della maestà di Dio, che lo sta mirando e sta osservando in lui, non solo l'esteriore che si vede al di fuori, ma anche l'interno del suo cuore? Chi vi sarà, dice, che abbia ardire di levar gli occhi e il cuore da quello che sta facendo, e di voltar le spalle a Dio, e ivi stare pensando in altre cose non appartenenti?
2. Quel gran monaco nominato Giacobbe usava, come narra Teodoreto (THEOD. Relig. hist. n. 21; De vitis Patr. l. 9, c. 21), questa considerazione, per mostrare quanto grande irriverenza sia questa; e l'apporta ancora S. Agostino (S. AUG. Enarr. in Ps. 85, n. 7). Se io, dice, fossi servitore di un uomo, che, pure è della medesima mia natura, e in quel punto che l'ho da servire lasciassi di portargli da mangiare e da bere, per parlar con un altro servitore; con giusta ragione mi riprenderebbe e castigherebbe. E se comparendo io dinanzi ad un giudice per accusar qualcuno, che mi avesse ingiuriato, lo piantassi a mezzo il discorso e voltategli le spalle mi fermassi a parlare con alcuni di quei che fossero ivi presenti; non ti pare che il giudice mi terrebbe per mal creato e che come tale mi farebbe cacciar via dal suo tribunale? Or questo. fanno quelli i quali, andando all'orazione per parlar con Dio, si distraggono col pensar ad altre cose impertinenti. Il nostro Santo Padre ci propone anch'esso questo mezzo, in una delle addizioni, o avvertimenti che dà per l'orazione, ove dice che un po' prima di entrar nell'orazione, per lo spazio d'un Pater noster, alziamo lo spirito al cielo e consideriamo che Dio sta ivi presente e che ci sta guardando, e che perciò entriamo nell'orazione con grande riverenza e umiltà. E abbiamo da procurare di non perdere mai di vista questa presenza di Dio in tutto il tempo della meditazione, concordemente a quello che dice il Profeta: «È la meditazione del cuor mio alla tua presenza in ogni tempo» (Ps. 18, 14).
S. Giovanni Crisostomo (Io. CHRYS. Exp. in Ps. 4, n. 4) dice: Fa conto che quando vai all'orazione entri in quella corte celeste, nella quale il Re della gloria sta sedendo in cielo stellato, circondato da innumerevoli angeli e santi, che tutti ti stanno guardando, secondo quello che dice S. Paolo: «Siamo fatti spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini» (I Cor 4, 9). S. Bernardo su questo punto ci consiglia a fare quello che doveva far egli stesso: Quando entrerai in chiesa, dice, o ti ritirerai a fare orazione, mettiti la mano sopra la bocca e di' così: Restatevene qui alla porta, pensieri ed affetti distrattivi e cattivi; e tu, anima mia, entra nel gaudio del tuo Signore, per. vedere e per far la santa sua volontà (S. BERN. Docum. vit. relig.).
S. Giovanni Climaco (S. IO. CLIM. Scala parad. grad. 19 et 4) dice: Colui che, mentre fa orazione, considera davvero che si trova alla presenza di Dio, sta fermo e costante come una colonna che non si muove. E riferisce che vedendo egli una volta che un religioso stava più attento degli altri nel cantare dei salmi, e che specialmente nel principio degl'inni, alla figura e sembiante che mutava, pareva che parlasse con un altro, lo pregò di poi che gli dicesse che significava quella cosa. E il monaco rispose: Io nel principio dell'uffizio divino soglio raccogliere con gran diligenza il mio cuore e i miei pensieri, e chiamandoli dinanzi a me dico loro: «Venite, adoriamolo e prostriamoci e spargiamo lacrime dinanzi al Signore, di cui siamo fattura: perché Egli è il Signore Dio Nostro, e noi popolo dei suoi pascoli e pecorelle del suo governo» (Ps. 94, 6-7). Tutte queste sono molto buone e utili considerazioni per stare con attenzione nell'orazione.
3. Altri danno per rimedio lo stare dinnanzi al Santissimo Sacramento, se siamo in luogo ove lo possiamo fare: e quando no, il guardar verso dove sta più vicino e ivi volgere il cuore; ed anche il guardare alle immagini dei Santi: altri pure si aiutano guardando il cielo. È anche molto buon rimedio per scuotersi, quando uno ha delle distrazioni e patisce aridità nell'orazione, il dire alcune orazioni giaculatorie e parlar vocalmente con Dio, rappresentandogli la propria debolezza e chiedendogli rimedio per essa: «Signore, rispondi per me, ché io patisco violenza» (Isa. 38, 14). Quel cieco del Vangelo, con tutto che pareva che Cristo dissimulasse di accorgersi di lui e se ne passasse di lungo, e con tutto che la gente lo sgridasse perché tacesse, non lasciava perciò di gridare: anzi alzava più che mai la voce, dicendo: «Gesù, figliuolo di Davide, abbi misericordia di me» (Luc. 18, 38). Così abbiamo da fare noi altri: che quantunque il Signore dissimuli e paia che se ne passi di lungo senza visitarci, e la turba e moltitudine dei pensieri e delle tentazioni ci voglia far tacere, non abbiamo da tacere per questo, ma alzare maggiormente la voce: Signore, abbiate misericordia di me: Signore, fortificatemi e confortatemi il cuore in quest'ora (Iudith; 13, 9), acciocché io possa pensare a voi e stare fermo e costante nell'orazione.
Diceva una Santa: Se non potrai parlare a Dio col cuore, non lasciar di parlargli colla bocca molto spesso; perché quello che si dice così frequentemente, facilmente inspira calore e fervore al cuore (Vita B. Angelae de Fulg. c. 17; Boll. Ian. t. 1, 222, n. 207, Parigi 1866). E confessa questa Santa di se stessa che alcune volte, per non usare queste orazioni vocali, perdé l'orazione mentale; avendole, dice tralasciate, perché era aggravata e impedita dalla pigrizia e dal sonno. E avviene questo ancora a noi altri, che alcune volte uno lascia di aiutarsi colla lingua nell'orazione per pigrizia e tedio, per stare mezzo addormentato: ché se parlasse, orando, vocalmente, si sveglierebbe e s'avviverebbe per l'orazione mentale.
4. Gersone (GERSON, De medit. p. 3) dice ancora che è buon rimedio contro le distrazioni il portare ben preparata la materia da meditarsi e avere determinati diversi punti per l'orazione; perché con questo, quando uno si distrae, subito che se ne accorge, avendo in pronto il suo punto certo e determinato, ricorre ad esso; e se in questo non trova pascolo, se ne passa subito ad un altro di quelli che porta preveduti, e torna più presto a ripigliar il filo della sua orazione. E noi altri il riconosciamo per esperienza, quando dopo l'orazione ci esaminiamo, che molte volte la cagione dello stare distratti e dell'andare vagando in cose diverse suole essere il non portare ben preveduti e il non sapere i punti sopra dei quali abbiamo da fare l'orazione, e il non aver nella mente cose certe e determinate, nelle quali i potersi fissare e trattenere.
Oltre di ciò, questo avviso e il seguente sono necessari per andare ben preparati all'orazione; e così molto caldamente ce lo raccomanda il nostro Santo Padre. «Gioverà, dice egli, grandemente il rimetterci bene in mente i punti che si hanno da meditare e portare seco il numero determinato di essi». E leggiamo di lui che così l'osservava non solo nei suoi principi, ma anche di poi essendo già vecchio; che leggeva e preparava la sera il suo esercizio, da fare sulla metà della notte, e con questo in mente si metteva a riposare. Non pensi dunque alcuno che questa sia cosa da novizi solamente. E ancorché uno sappia bene quell'esercizio che ha da meditare, per averlo già, meditato altre volte; ad ogni modo è molto ben fatto il prevederlo di nuovo, specialmente perché la materia di quello essendo ordinariamente parole della Divina Scrittura, dettate dallo Spirito Santo, il leggerle con un po' di quiete e di posatezza eccita una nuova attenzione e devozione per meditarle e cavarne maggior frutto.
5. Ci aiuterà ancora grandemente questo, che subito svegliati, senza ammettere altri pensieri, pensiamo all'esercizio che abbiamo da fare, preparandoci per l'orazione con qualche considerazione accomodata a quello che abbiamo da meditare. Cassiano, S. Bonaventura e S. Giovanni Climaco (CASSIAN. Coll. 21, c. 26; S. IO. CLIM. Scala parad. grad. 26; S. BONAV. De exter. etc.) tengono per molto importante questo avviso, e dicono che da questo suole dipendere l'andamento dell'orazione, e per conseguenza il buon ordine e la buona disciplina di tutto il giorno. E S. Giovanni Climaco avverte che, siccome il demonio vede che questa cosa è di tanta importanza, sta con molta diligenza e sollecitudine aspettando che ci svegliamo, per occupare subito l'alloggiamento e cogliere per sé le primizie di tutto il giorno. E dice che fra gli spiriti maligni ve n'è uno, che chiamano precursore, il quale ha per ufficio di star aspettando per assalirci di notte quando ci svegliamo dal sonno, anche prima che finiamo, di svegliarci, quando la persona non sta ancora affatto in sé, per metterci avanti cose brutte e sporche, o alcune altre impertinenti, e pigliare il possesso di tutto il giorno, parendogli che tutto sarà di colui che prima occuperà il cuore. Perciò importa grandemente che noi altri ancora stiamo molto all'erta e su l'avviso per non dare adito a questa maliziosa astuzia del nemico; ma che subito svegliando ci e appena aperti gli occhi sia messa in possesso del nostro cuore la memoria del Signore avanti che altro estraneo pensiero occupi la stanza.
Di che ci avverte anche il nostro Santo Padre, e aggiunge che lo stesso a proporzione si ha da osservare quando l'orazione si fa in altra ora, ritirando ci e raccogliendoci un pochetto prima a pensare ove vo io e dinanzi a chi ho da comparire, e rivolgendo brevemente per la memoria l'esercizio che abbiamo da meditare, come chi accorda il liuto per suonare. E diceva che generalmente dall'osservanza di questi e di altri simili avvertimenti, che egli chiama addizioni, dipendeva in gran parte il far bene l'orazione e il cavare frutto da essa. E noi l'esperimentiamo molto ordinariamente, che quando andiamo ben preparati e osserviamo bene questi avvertimenti camminiamo bene nell'orazione; e quando no, camminiamo assai male.
6. Dice lo Spirito Santo per mezzo del Savio: «Prima dell'orazione prepara l'anima tua: non essere come uno che tenti Iddio» (Eccli. 18, 23). Notano S. Tommaso e S. Bonaventura (S. THOM. 2-2, q. 97, a. 3 ad 2; S. BONAV. Reg. nov. c. 2) sopra queste parole, che l'andare all'orazione senza preparazione è come tentar Dio; perché tentare Dio, dicono i teologi e i Santi che è voler conseguire qualche cosa senza adoperare i mezzi ordinati e necessari per conseguirla; come se uno dicesse: non voglio mangiare, ché anche senza questo ben ,può Iddio mantenermi in vita; egli mi manterrà vivo: questo sarebbe tentar Dio e domandare miracolo senza necessità. Come disse Cristo Nostro Signore al demonio quando lo portò sul pinnacolo del tempio e gli consigliava che di là si gettasse a basso, perché Dio avrebbe comandato ai suoi angeli che l'avessero preso e portato in palma di mano. Al che egli rispose: La Scrittura dice: «Non tenterai il Signore Dio tuo» (Matth. 4, 7). Io posso scendere giù per la scala; cotesto altro modo è tentare Dio e domandare che faccia miracolo senza necessità. È dunque tanto principale e tanto necessario mezzo per l'orazione il prepararci per essa, che il Savio dice che il voler far orazione senza questa preparazione è come tentar Dio e voler che faccia con te miracoli. Ben vuole il Signore che facciamo buona orazione e con molta attenzione e riverenza, ma per i mezzi ordinari, cioè disponendoci e preparando ci per essa nel modo che abbiamo detto.