Esercizio di perfezione e di cristiane virtù
composto dal padre Alfonso Rodriguez S.J.
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TRATTATO V. DELL'ORAZIONE
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CAPO II. Della necessità che abbiamo dell'orazione.
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1. Si deduce dai nostri bisogni.
2. E mezzo ordinario della grazia.
3. Mezzo per ben regolare la vita.
4. Specchio in cui contemplare se stesso.
5. E come il calore vitale.
6. Rimedio di tutto
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1. Quanto necessaria ci sia l'orazione ne abbiamo una troppo grande esperienza: piacesse al Signore che non ne avessimo tanta! Perché siccome l'uomo ha tanta necessità del favore di Dio, per essere soggetto a tante cadute, assediato da tanti e sì gravi nemici e tanto bisognoso di molte cose spettanti sì all'anima come al corpo; non ha altro rimedio che il ricorrere sempre a Dio, chiedendogli con tutto il cuore che lo favorisca e lo aiuti in tutti i suoi pericoli e necessità, conforme a quello che disse il re Giosafat, vedendosi circondato dai nemici: «Non sapendo noi che dobbiamo fare, questo solo ci rimane, di rivolgere a te i nostri occhi» (II Paral. 20, 12). Essendo noi tanto deboli, e trovandoci tanto poveri e bisognosi né sapendo quel che dobbiamo fare; non abbiamo altro rimedio che alzar gli occhi a Dio e chiedergli coll'orazione quelle cose delle quali siamo bisognosi. E così Celestino Papa, in una sua Epistola decretale, per insegnare l'importanza di questa orazione, dice: lo non so cosa migliore da potervi dire, che quello che disse Zosimo mio predecessore: «Che tempo v'è nel quale non abbiamo necessità dell'aiuto di Dio? Nessuno. Dunque in ogni tempo, in tutte le cose e in tutti i negozi abbiamo da ricorrere a lui con l'orazione per chiedergli favore. perché è gran superbia che un uomo debole e miserabile presuma qualche cosa di sé» (COELESTIN. I PAP. Ep.21, c. 9).
2. S. Tommaso, trattando dell'orazione, adduce una ragione molto buona e molto sostanziale, per mostrare la necessità di essa, ed è dottrina dei Santi Damasceno, Agostino, Basilio, Crisostomo e Gregorio (S. TOM. 2-2, q. 83, a. 2; S. Io. DAM. De fide orth. l. 3, c. 24; S. AUG. De serm. Dom. in monte, l. 2, c. 3; S. BASIL. Hom. in mort. Iul. n. 3; S. IO. CHRYS. Hom. 30 in Gen. n. 5; S. GREG. Dial. l. 1, c. 8). Dicono questi santi che quello che Dio colla sua divina provvidenza e disposizione ha determinato sin dall'eternità di pare alle anime, lo dà nel tempo per questo mezzo dell'orazione; e che per questo mezzo tiene egli decretato che venga ad effettuarsi la salute, la conversione e il rimedio di molte anime, il profitto e la perfezione di altre. Di maniera che, siccome Dio determinò e dispose che mediante il matrimonio si moltiplicasse l'umana generazione; e che arandosi, seminandosi e coltivando si la terra vi fosse abbondanza di pane, di vino e degli altri frutti; e che essendovi artefici e materiali, vi fossero case ed edifici; così ha ordinato di far molti effetti nel mondo e di comunicar molte grazie e doni alle anime per questo mezzo dell'orazione. Onde disse Cristo nostro Redentore nel Vangelo (Matth. 7, 7-8): «Chiedete, e vi sarà dato; cercate, e troverete; battete, e vi sarà aperto: perché chi chiede, riceve; e chi cerca, trova; e a chi batte, è aperto». Di maniera che questo è il mezzo e il canale per il quale vuole il Signore soccorrere alle nostre necessità, arricchire la nostra povertà e riempirci di beni e di grazie.
Nel che ben si vede la necessità grande che abbiamo di ricorrere all'orazione. E così molto bene la paragonano i Santi a una catena d'oro, che pende dal cielo e arriva fino alla terra, per la quale discendono a noi altri i beni e per la quale noi abbiamo da salire a Dio. Oppure diciamo che è la scala di Giacobbe, la quale arrivava dalla terra al cielo, e per essa ascendevano e discendevano gli angeli. Il glorioso S. Agostino dice, che l'orazione è chiave del cielo, che si confà a tutte le porte di esso e a tutti i forzieri dei tesori di Dio, senza che gliene resti riservato alcuno. «L'orazione del giusto è la chiave del cielo: sale la preghiera e discende la misericordia di Dio» (S. AUG. Serm. 47, n. 1). E in un 'altro luogo dice, che quel che è il pane al corpo, quello stesso è l'orazione all'anima (S. AUG. De salutar. docum.). Lo stesso dice S. Nilo abate (S. NIL. De orat. c. 101).
3. Una delle principali ragioni con cui i Santi dichiarano da una parte il valore e la stima dell'orazione e dall'altra la necessità grande che abbiamo di essa è perché l'orazione è un mezzo molto principale e molto efficace per ben comporre e ben ordinare la vita nostra e per vincere e spianare tutte le difficoltà che ci possono occorrere nella via della virtù. E così dicono che da essa dipende il governo della nostra vita; e che quando l'orazione va ben ordinata, va ben ordinata ancora la vita; e che quando essa si disordina, si disordina anche tutto il resto. «Colui sa ben vivere, il quale sa ben orare», dice S. Agostino (S. AUG. Serm. 55, n. 1); e S. Giovanni Climaco (S. IO. CLIM. Scala parad. grad. 26) dice che un servo di Dio gli disse una cosa molto memorabile, e fu questa: Dalla mattina a buon'ora io conosco quale ha da essere tutta la giornata; significando che se faceva bene, l'orazione la mattina, tutto il resto gli succedeva bene: e tutto gli succedeva a rovescio quando la mattina non faceva bene l'orazione. E così cammina tutto il resto della vita. Così ancora l'esperimentiamo noi altri molto comunemente; che quando facciamo bene la nostra a orazione, stiamo ben composti e regolati, tanto allegri, tanto fortificati, tanto pieni di buoni proponimenti e desideri, che è da lodarne Dio: e per contrario, se siamo. trascurati e negligenti nell'orazione, subito si va perdendo ogni cosa. S. Bonaventura dice che «ogni religione è arida e imperfetta e molto inclinata a rovina se non cerca lo spirito della soavità divina e non rivolge il suo sforzo principale allo studio dell'orazione e dell'interna mondezza» (S. BONAV. De extern. et int. hom. comp.). Quando non v'è orazione, subito le cose succedono come a chi si lascia cascare il mantello di dosso: subito entra la tiepidezza, subito comincia l'anima ad indebolirsi, a languire e a perdere a poco a poco il vigore e la lena che prima aveva. Subito spariscono, non so come, tutti quei santi proponimenti e primi pensieri, e si cominciano ad eccitare e a risvegliare tutte le nostre passioni. Subito l'uomo si trova amico di vana allegrezza, di ciarlare, di ridere, di prendersi divertimento e d'altre simili vanità: e quel che è peggio, subito risvegliasi l'appetito della vanagloria, dell'ira, dell'invidia, dell'ambizione e altri simili, che prima parevano morti.
4. L'abate S. Nilo dice che l'orazione ha da essere lo specchio del religioso (S. NIL. Bibl. Patr. t. 7). In questa abbiamo da specchiarci e rispecchiarci ogni giorno molto a bell'agio, per poter vedere e conoscere i nostri mancamenti e difetti, e andar levando via quel che troveremo in noi di brutto e di lordo: In questo specchio abbiamo da rimirare e da considerar le virtù che risplendono in Cristo, per andar ornando e abbellendo con esse l'anima nostra. Il glorioso S. Francesco diceva (Cronache etc. p.l. v. 1, c. 78) che una delle cose che più si ha da desiderare nel religioso è la grazia dell'orazione; perché senza di essa non si può sperare frutto né profitto nel servizio di Dio, e con essa si può sperare ogni cosa.
5. S. Tomaso d'Aquino, fra le altre sentenze gravi che riferisce di lui la sua Vita (Hist. Ord. S. Dom. p. 1, l. 3, c. 37) diceva che il religioso senza orazione era un soldato in battaglia senz'arme e senza vesti. Quel santo arcivescovo di Valenza, che fu S. Tomaso di Villanova (Ibid. Vita S. Th. de Villan. c. 11), diceva che l'orazione è come il calar naturale dello stomaco, senza il quale è impossibile che si conservi la vita naturale e che cibo alcuno sia di giovamento; e con esso ogni cosa si digerisce bene, l'uomo resta alimentato e tutti i membri provveduti di virtù e di forza per fare le loro. operazioni. Così, dice senza orazione non si può conservare la vita spirituale, e con essa si conserva: perché con essa s'avviva e prende forza lo spirito per tutte le opere e ubbidienze che ha da fare, e per tutte le occasioni e travagli che si possono presentare. Coll'orazione si rendono digeribili tutte queste cose, e si fanno tollerabili, e ogni cosa si converte in utilità dell'anima.
6. Finalmente, se ci serviamo dell'orazione come dobbiamo, troveremo in essa rimedio per tutti i nostri difetti e per conservarci in virtù e in religiosità. Perché se per avventura ti trascurerai nell'ubbidienza, nell'osservanza delle regole; se comincerai a deviare in qualche cosa; se comincerà a rinverdirsi in te la passione e qualche cattiva inclinazione; dando di piglio all'orazione, subito col favore del Signore si taglierà il passo e si rimedierà a tutto questo. E se allenterai, o ti rilasserai nella stessa orazione, e ti trascurerai, o sarai negligente in essa, con essa medesima hai da procurare il tuo rimedio e di ritornare in te. Per ogni cosa abbiamo rimedio nell'orazione, e per la stessa orazione ancora. Onde molto bene viene paragonata l'orazione alla mano, la quale nel corpo è strumento per tutto il corpo e per se medesima: perché la mano lavora, acciocché tutto il corpo si sostenti e si vesta, e per tutto quel di più che è necessario al corpo e all'anima, e ancora per se medesima: perché se la mano è inferma, la mano la medica; se lorda, la mano lava la mano; se fredda; la mano riscalda la mano: finalmente ogni cosa fanno le mani: ora è così è dell'orazione.