«PICCOLO
CATECHISMO DELLA VITA D’ORAZIONE»
di P. Gabriele di S.M.Maddalena O.C.D.
INDICE
PREFAZIONE
L’orazione nella vita contemplativa |
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Il metodo dell’orazione mentale |
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Preparazione e lettura |
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La meditazione e il colloquio |
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Le difficoltà dell’orazione |
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La presenza di Dio |
CAPITOLO
V
LE DIFFICOLTÀ DELL’ORAZIONE
1. Quali
sono le principali difficoltà che si incontrano nell’orazione?
Siccome l’orazione consiste nell’innalzare la propria mente a Dio, ossia nell’occuparsi
di Lui col pensiero e con l’affetto, le difficoltà nell’orazione sorgono da
tutto ciò che impedisce o rende più difficile questa duplice applicazione
della nostra mente. Riguardo alla conoscenza si incontrano le “distrazioni”,
riguardo all’affetto le “aridità”.
2. Che cosa si intende per “distrazione”?
Intendiamo per distrazione l’inframmettenza, nell’orazione, di pensieri incompatibili
con l’esercizio che stiamo compiendo, i quali ci spingono ad occuparci di altra cosa.
Questa comparsa di pensieri estranei e anche contrari al raccoglimento dell’intelligenza
in Dio può avvenire in duplice modo: volontariamente e involontariamente.
Vi è grande differenza tra un modo e l’altro.
3. In che cosa consiste la distrazione volontaria?
La distrazione volontaria consiste nell’introduzione voluta, o nell’ammissione
consentita di pensieri che fanno deviare la nostra intelligenza dall’oggetto divino
in cui stava occupata. Distraendosi volontariamente, l’anima sospende o almeno interrompe
l’orazione. Facendolo senza un sufficiente motivo, si rende anche colpevole di irriverenza
verso il Signore. Piuttosto che una difficoltà, la distrazione volontaria
nell’orazione è quindi una infedeltà. Se invece il pensiero inopportuno
che si presenta alla mente non viene accettato, la distrazione si dice involontaria.
4. Quali sono le cause delle distrazioni involontarie?
Dobbiamo riconoscere una duplice causa: la prima “occasionale”, la
seconda “naturale”. La prima è costituita dalle impressioni dei
nostri sensi; la seconda dalle tendenze intime della nostra natura, che generano
in noi spontaneamente immagini e pensieri. Secondo la loro origine, possiamo quindi
distinguere le distrazioni in “esterne” e “interne”.
5. Si possono evitare le distrazioni nell’orazione?
Le distrazioni esterne si possono in gran parte evitare con l’attenta custodia
dei sensi e, specialmente, scegliendo per pregare un luogo ritirato, come consiglia
N. S. Gesù Cristo nel santo Vangelo. Possiamo specialmente evitare molte distrazioni
causate dagli occhi tenendoli chiusi, oppure fissandoli su di un oggetto religioso
o sullo stesso libro di meditazione. E’ molto più difficile invece evitare
le distrazioni interne.
6. Donde viene questa speciale difficoltà?
La particolare difficoltà di evitare le distrazioni interne deriva dalla
spontaneità delle tendenze naturali che sono come il fondo intimo del nostro
essere. Si manifestano con la facile comparsa di immagini e di pensieri riguardanti
le cose che amiamo, oppure temiamo. Quando la nostra attenzione è fissa sull’oggetto
della nostra considerazione, questo mondo interno di tendenze spontanee rimane più
o meno nell’oscurità, ma appena diminuisce la forza dell’attenzione esso tende
a farsi vivo. Allora appaiono nella nostra coscienza pensieri e ricordi che possono
anche contrastare molto con l’atto dell’orazione che stiamo compiendo.
7. Si può ovviare alle distrazioni interne?
Sì, è possibile, almeno in certo modo, porvi rimedio, sia direttamente
che indirettamente. La maniera di resistere direttamente a queste distrazioni è
di riportare deliberatamente la nostra attenzione sull’oggetto religioso che stavamo
considerando, o semplicemente su Dio, facendo un atto di fede e di amore. Il modo
indiretto è di intensificare la nostra vita spirituale, la quale, facendosi
più profonda, acquista una nuova energia soprannaturale che solleciterà
la tendenza attuale della nostra mente verso Dio, contrastando le tendenze naturali
distraenti. S’intende che tale risultato non si raggiungerà molto presto,
ma sarà il frutto di una lunga applicazione alla vita spirituale.
8. Le distrazioni interne sono forse, a volte, “inevitabili”?
Possono esserlo, appunto per la loro spontaneità. Specialmente quando
un’anima prova difficoltà nel fissare la sua attenzione, le distrazioni interne
possono essere molto irruenti, insistenti e noiose. Questa difficoltà di fissare
l’attenzione può derivare da una causa accidentale, oppure da una disposizione
abituale, come nel caso di certi temperamenti molto mobili. Se però l’anima
continua a provare dispiacere nel vedersi distratta e fa quanto può per rimanere
attenta a Dio, queste distrazioni penose, lungi dall’essere nocive all’anima, si
trasformano per essa in uno strumento di purificazione morale e sono un’occasione
di merito soprannaturale.
9. Che cosa si intende per aridità?
L’aridità è la soppressione del conforto che l’anima prova sovente
nella vita spirituale, specialmente nei primi tempi dopo la sua conversione a una
vita migliore. Infatti, l’anima che prende coscienza di possedere una vita spirituale
più intensa, ne prova una certa gioia, essendo legge psicologica che l’uomo
goda quando sa di possedere un gran bene. La vita spirituale intensa però
non consiste in questo conforto, perché la vera devozione consiste unicamente
nella prontezza della volontà nel servizio di Dio.
10. L’aridità è un male?
L’entità morale dell’aridità dipende dalla causa che la produce.
Se nell’anima sparisce il conforto, ma sussiste nella volontà la decisione
di darsi tutta al Signore, lungi dall’essere un male, l’aridità potrà
essere occasione di bene. Se invece l’aridità deriva dall’indebolimento della
volontà, essa segna un regresso nella vita spirituale.
11. Vi sono quindi aridità colpevoli?
Sì certamente, e sono quelle che hanno origine dalla nostra infedeltà.
Questa può essere maggiore o minore. L’anima chiamata da Dio a una vita generosa
e mortificata, che, dopo aver corrisposto per qualche tempo, diventa gretta e si
dà alla ricerca delle piccole soddisfazioni umane, non è più
fedele all’invito del Signore, ma perde il suo fervore primitivo e rimane con la
volontà indebolita. Molto più infedele però è l’anima
che cade nella tiepidezza commettendo a occhi aperti dei peccati veniali. Naturalmente
tale anima non può esprimere con forza il suo amore al Signore appunto perché
esso non è rimasto forte e cade quindi nell’aridità. L’unica via per
rimediarvi è di correggersi, ritornando alla generosità primitiva.
12. Vi sono aridità che hanno cause indipendenti dalla propria volontà?
Senza dubbio ve ne sono; difatti, le circostanze stesse in cui si svolge la vita
umana sono occasioni di aridità. Esse possono causare in noi un senso di disagio
che ci priva di ogni conforto negli esercizi spirituali; stanchezza fisica e sonnolenza,
indisposizioni fisiche, preoccupazioni penose e assorbenti, piccoli urti e incomprensioni
sono in noi tante occasioni di pesantezza, di snervamento, di oppressione, che mettono
lo spirito in uno stato penoso, il quale toglie ogni gaudio pacifico e tranquillo.
In questa
forma di aridità l’anima deve pazientare, sapendo che sopportandola per amor
di Dio offre a Lui un gratissimo sacrificio che prova la realtà del suo amore.
13. L’aridità può provenire anche da Dio?
Certamente sì, e anche nel caso precedente dobbiamo dire che l’aridità
proviene da Dio, poiché tutte le circostanze della vita sono regolate dalla
Divina Provvidenza. Ma talvolta la soppressione del conforto che l’anima sente nell’orazione
è più direttamente opera di Dio, e precisamente quando Egli mette l’anima
nell’impossibilità di meditare con l’aiuto dell’immaginazione e di esercitarsi
come prima in atti sentiti di amore. Questo è un fenomeno molto comune nelle
anime. interiori, dopo qualche tempo di fervorosa applicazione alla vita di orazione.
San Giovanni della Croce insegna che con questa specie di aridità il Signore
invita le anime a una forma più semplice di orazione che egli chiama “contemplazione
iniziale”.
14. Come deve comportarsi l’anima ín questa aridità?
L’anima non deve insistere nel voler continuare la meditazione come spesso si
crede obbligata a fare; deve invece tralasciarla semplicemente e applicarsi a rimanere
tranquilla alla presenza di Dio, attendendo a Lui con un semplice sguardo di fede
e desiderando ad ogni costo di fargli piacere. A poco a poco questo sguardo di fede
si farà più facile e più amoroso e da uno stato di penosa aridità,
l’anima passerà gradualmente a un pacifico riposo in Dio.
15. Come può l’anima sapere che la sua aridità proviene da Dio?
Segno che l’aridità proviene da Dio è che in essa l’anima persevera
ad applicarsi alle virtù e agli esercizi di devozione, pur non provandovi
altro che disgusto. Naturalmente, essendo in questo tempo l’esercizio delle virtù
molto più difficile, l’anima vi riesce meno; ma gli sforzi ripetuti dimostrano
che la sua volontà è rimasta decisa. Simile aridità non procede
quindi da una colpevole debolezza di volontà, ma è opera del Signore.
16. Quale scopo ha Dio nel mandare, l’aridità all’anima?
Con questa prova Iddio intende liberare l’anima dalle fanciullaggini della sensibilità,
per trasportarla sul piano più puro e più solido della volontà.
Infatti, non trovando più alcun pasto per la sua vita spirituale tra le belle
rappresentazioni e le dolci emozioni di prima (quando tutto le andava bene), l’anima
si vede costretta ad aggrapparsi con la volontà agli esercizi di fede e di
amore. Essendo questa anche la volontà di Dio, ]’opera della grazia viene
incontro allo sforzo dell’anima la quale farà indubbiamente grandi progressi
nella sua vita spirituale che diverrà molto più “sostanziosa”
di prima. L’aridità mandata dal Signore, oltre che una prova, è quindi
una grandissima grazia, alla quale l’anima, lungi dallo scoraggiarsi, deve cercare
di corrispondere con generosità.