La
dottrina interpretativa di Friedrich Schleiermacher:
secondo colpo di piccone
per separare la S. Scrittura da Gesù Cristo
san Girolamo
prega per noi e ottienici un’autentica rifioritura di studi biblici
Secondo
Friedrich Schleiermacher l’ermeneuta deve «capire il discorso anzitutto altrettanto
bene e poi meglio di quanto non lo capisse l’autore stesso» [*]
Se, a livello naturale, una simile premessa è sostanzialmente sbagliata
(secondo il principio ermeneutico sensus non est inferendus sed efferendus,
il significato non va attribuito, ma ricavato), qualora detta premessa venga adottata
per interpretare la S.Scrittura, avremmo (e difatti abbiamo avuto) ancor più
tragiche conseguenze.
La lettura della Scrittura non può essere che nella fede; l’atto di
fede è essenzialmete un’obbedienza (cf Rom 1,5), un ascolto
da sotto (a ciò ci conduce l’etimologia di obbedienza sia in greco
che in latino: upo-akouô e sub-audio); l’oggetto di questo ascolto
è poi una rivelazione soprannaturale. Nel pensiero di Schleiermacher invece
è “l’io penso sopra tutto” che determina il signiificato del testo
biblico. Se l’uomo, anziché ascoltare la rivelazione soprannaturale,
la cerca di costruire, questi si mette al posto del rivelatore, ovvero al posto di
Dio.
Il buon cristiano subisce l’esito di questi errori, quando si imbatte nelle più
disparate affermazioni che cercano di ricostruire lo Sitz im Leben (l’ambiente
vitale), in cui una certa pericope sarebbe stata composta; spesso questa ricostruzione
arbitraria torna comodo al suo autore per suffragare proprie ipotesi teologiche (per
lo più contrarie alla fede). [N.d.R]
1. Le regole ermeneutiche hanno valore universale.
Friedrich Schleiermacher è il primo filosofo che hacercato esplicitamente
di fondare una dottrina dell’artedell’interpretazione le cui regole devono avere
un valore universale; infatti, a suo avviso, le regole ermeneutiche devono essere
valide per ogni tipo di testo, indipendentemente dal suo contenuto.
Egli si interroga sui senso dell’atto interpretativo e risponde a questa domanda
elaborando una Künstlehre con lo scopo di stabilire dei criteri metodologici
che consentano la corretta interpretazione del senso di qualsiasi tipo di discorso.
L’«ermeneutica universale» di Schleiermacher riguarda soltanto i testi
e non si estende al mondo storico in generale come avverrà nell’ermeneutica
di Dilthey [1], secondo la
quale oggetto di interpretazione sono tutte le espressioni della storia, e tra esse
anche le produzioni letterarie.
In questo capitolo verranno analizzati soltanto quegli elementi della dottrina interpretativa
schleiermacheriana che hanno condizionato lo sviluppo dell’ermeneutica futura, senza
considerare l’ultima fase del pensiero del filosofo, la quale non si concilia con
la sua teoria ermeneutica precedente.
2. L’Illuminismo è la humus culturale dalla quale sorge l’ermeneutica
di Schleiermacher
L’ermeneutica schleiermacheriana si è maturataall’interno dell’esegesi biblica;
il filosofo tedesco insegnava questa disciplina ed era consapevole della mancanza
di unitarietà e di sistematicità insita nelle teorie esegetiche del
suo tempo. Schleiermacher è indotto daquesta situazione culturale a formulare
una teoria ermeneutica unitaria e sistematica, valida per interpretare la Bibbia
e, come è stato evidenziato precedentemente, qualsiasi tipo di testo.
Infatti, sostenendo l’universalità della sua dottrina ermeneutica, egli afferma
che le regole interpretative sonole stesse sia per i testi sacri che per quelli profani
e ribadisce, quindi, la tesi espressa dall’ermeneutica illuministica, la quale era
finalizzata a spiegare scientificamente ogni testo dal punto di vista filologico
e storiografico.
L’Illuminismo, accomunando l’interpretazione dei testi sacri e di quelli profani,
costituisce la humus culturale dalla quale scaturisce l’ermeneutica di Schleiermacher.
Antecedentemente all’Illuminismo i canoni interpretativi delle due categorie di testi
non erano identici, ead esempio: i testi della tradizione omerica venivano interpretati
alla luce della precomprensione costituitadalla filosofia greca, mentre la Bibbia
era letta, prima,all’interno della religione ebraica, successivamente, nell’epoca
patristica e medioevale, alla luce della pre-comprensione teologica offerta dai Padri
e Dottori della Chiesa, come S. Agostino, S. Alberto Magno, S. Tommaso ecc.
Nell’ermeneutica di Schleiermacher sono presentiistanze non solo genericamente illuministiche,
ma anche specificamente kantiane. Infatti egli ricerca le condizionidi possibilità
dell’interpretazione, intesa come un’attivitàdella ragione. Inoltre, come
vedremo in seguito, l’ermeneutica schleiermacheriana presenta anche connotazioni
romantiche.
3. L’interpretazione può essere o «grammaticale» o «tecnologica»
Schleiermacher distingue la forma di interpretazione«grammaticale» da
quella «tecnologica o tecnica o psicologica» [2]. L’interpretazione grammaticale ha per
oggetto la langue, nel senso saussuriano del termine, quindi indaga gli aspetti
semantici e morfo-sintattici deltesto, mentre l’interpretazione tecnica ha per oggetto
il pensiero dell’autore del testo [3]. La prima è
definita da Schleiermacher «negativa», in quanto pone tra parentesi i
vissuti per spiegare esclusivamente la dimensione oggettivante del testo relativamente
sia alla sua strutturamorfo-sintattica sia a quella semantica.
Il filosofo tedesco distingue, nell’ambito semantico, tra Sinn (senso) e Bedeutung
(significato). Il termineSinn denota l’unità semantica di una parola,
la quale èpuramente virtuale, mentre il termine Bedeutung indica l’individuazione
semantica che il Sinn acquisisce all’interno di determinati contesti linguistici.
Scrive in proposito Schleiermacher: «Se una parola è conosciuta nella
sua accezione generale, sono soltanto le altre parti della proposizione, e precisamente
anzitutto quelle cui essa è congiunta nella maniera organicamente più
rigorosa, adirci quale aspetto di questa accezione venga assunto neltesto in questione
e quale, invece, si debba escludere» [4].
Secondo Schleiermacher, l’ermeneutica non può limitarsi ad un’analisi linguistica
puramente oggettivante, ma deve risalire, tramite l’interpretazione tecnologica,
all’ambito dal quale scaturiscono le produzioni letterarie.Tale ambito viene identificato
con i vissuti dell’autoredel testo.
L’interpretazione tecnologica è da lui definita «positiva» in
quanto, superando i limiti di quella grammaticale, si eleva fino alla scaturigine
del testo, intesa come l’insieme dei vissuti (pensieri, sentimenti, intenzioni ecc.)
di colui che l’ha scritto.
L’interpretazione tecnologica tende quindi, attraverso l’indagine grammaticale, a
risalire al pensiero vissuto dall’autore quando scriveva il testo. Per Schleiermacher,
l’interprete comprende il testo soltanto quando pervienealla consapevolezza del pensiero
dell’autore.
L’ermeneutica schleiermacheriana, nell’intento di rintracciare la soggettività
dello scrittore, mostra evidentemente la sua connotazione romantica, considerando
il linguaggio non come l’oggetto dell’analisi grammaticale, ma come la dimensione
attraverso cui è possibile risalire al pensiero vissuto dell’autore.
Il fine ultimo della dottrina ermeneutica di Schleiermacher è l’interpretazione
non tanto del testo quanto del suo autore. L’interpretazione autorale dovrebbe consentire
al lettore di comprendere un testo meglio diquanto lo abbia compreso lo scrittore
stesso. Il filosofotedesco afferma, infatti, che l’interprete può «capire
il discorso anzitutto altrettanto bene e poi meglio di quanto non lo capisse l’autore
stesso» [5].
4. L’unita del testo e lo stile letterario sono dimensionisia grammaticali che
tecnologiche
Secondo Schleiermacher, sono presenti nel testo degli aspetti, come l’unità
tematica e strutturale e lo stileletterario, la cui conoscibilità non compete
esclusivamente né all’interpretazione tecnologica né a quella grammaticale,
infatti queste due dimensioni testuali sono sia grammaticali sia tecnologiche.
Ogni testo è informato da un tema unitario che nonè individuabile né
unicamente tramite un’interpretazione tecnologica né soltanto attraverso un’interpretazione
grammaticale; analogamente lo stile letterario dell’autore non può essere
interpretato in modo unilaterale perché esso è una dimensione sia oggettivante
che non-oggettivante, sia linguistica che personale. Infatti lo stile si evidenzia,
oggettivisticamente, a livello puramente linguistico, ma, nel contempo, è
l’espressione personale, quindi singolare, dell’autore del testo. Nello stile letterario
si annuncia quindi, all’interno del linguaggio, l’elemento pre-linguistico costituito
dall’individualità dell’autore.
5. Rilievi critici
Il filosofo tedesco ha elaborato, come è stato mostrato, delle norme ermeneutiche
che consentirebbero dipassare dal significato del testo al mondo vissuto dell’autore,
infatti l’analisi oggettivante-scientifica del significato testuale («interpretazione
grammaticale») è propedeutica, secondo Schleiermacher, alla comprensione
della mens auctoris («interpretazione tecnologica o tecnica o psicologica»).
L’ermeneutica di Schleiermacher è di matrice romantica. Essa infatti, tramite
l’interpretazione tecnologica, pretende di risalire al pensiero vissuto dell’autore,
ma questa operazione è impossibile perché nel testo sono assenti i
vissuti dello scrittore e quindi la mens auctoris, nella sua storicità
ed individualità, non è rintracciabile.
La lingua ha una referenza con l’esperienza vissuta di coloro che parlano e scrivono,
ma tale referenza non consente l’identificazione dei vissuti perché tra parola
evita c’è uno scarto, una differenza insuperabile; infatti l’esperienza vissuta,
pur non essendo separata dal linguaggio, è da questo sempre distinta, e non
si può quindi chiedere alla lingua, come ritiene il filosofo tedesco, di «riprodurre
il più interno pensiero dello spirito» [6].
L’ermeneutica di Schleiermacher, nel suo intento di comprendere il mondo vissuto
dell’autore, è di carattere psicologizzante e si situa all’interno della filosofia
moderna della soggettività. La fine di tale filosofia comporterà la
consunzione del progetto riguardante una teoria interpretativa relativa ai vissuti.
Questo progetto è presente anche nell’ermeneutica del mondo storico di Dilthey
[7] e verrà
respinto, perché inattuabile, dall’ermeneutica ontologica di Heidegger [8].
NOTE
[1] Vedi cap. III.
[2] Cfr. F. SCHLEIERMACHER, Etica ed ermeneutica, a c. di
G. Moretto, Bibliopolis, Napoli 1985, pp. 327-372.
[3] Schleiermacher sottolinea che tra gli ermeneuti alcuni prediligono,
unilateralmente, o un’interpretazione grammaticale o un’interpretazionepsicologica.
Scrive infatti il filosofo: «Qualcuno è certamente un virtuoso dell’interpretazione
grammaticale, che non pensa all’intimo processo che si svolge nell’intimo e nell’animo
dello scrittore, come viceversa ci sono anche veri specialisti in materia, i quali
pensano poco, esolo in rari casi (quando ad esempio devono prendere in mano un vocabolario),
al rapporto particolare di ogni singolo scritto con la proprialingua» (ibid.,
p. 346).
[4] Ibid., p.353.
[5] F. SCHLEIERMACHER, Hermeneutik, Kimmerle, Heidelberg 1959,
p. 87. In Etica ed ermeneutica, cit., scrive: «Massima perfezione dell’interpretazione
sarebbe quella di comprendere un autore meglio di quantoegli stesso possa rendere
conto di se stesso» (ibid., p. 345).
[6] F. SCHLEIERMACHER, Monologhi, Introduzione di C. Dentice
di Accadia, R. Carabba, Lanciano 1919, p. 105.
[7] Vedi cap. III.
[8] Vedi cap. IV.
Testo tratto
da: Maurizio Moscone, Filosofia ermeneutica oggi, Roma: Studium, 1995, pp.
27-34.