«L’anima
di ogni apostolato»
di
Dom Jean-Baptiste Gustave Chautard
Capii
che solo l’amore spinge all’azione le membra della Chiesa e che, spento questo amore,
gli apostoli non avrebbero più annunciato il vangelo, i martiri non avrebbero
più versato il loro sangue
(S.Teresa del Bambino Gesù)
ALCUNE NOTE
INTRODUTTIVE
L’essenza
del libro di dom Chautard*
e un esempio concreto dei suoi
benefici frutti
Il grande leader
cattolico brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995)1, che aveva incoraggiato vivamente Luci sull’Est
a pubblicare, per i suoi amici e sostenitori, una edizione del Trattato della
vera devozione alla Ss.ma Vergine scritto dal Montfort, aveva anche incoraggiato
a diffondere il libro di dom Chautard L’anima di ogni apostolato. In diverse
occasioni, infatti, egli aveva evidenziato l’importante ruolo svolto da quest’opera
per la propria perseveranza nel suo apostolato laicale.
Il motivo di questa
sua passione per il libro di dom Chautard, egli lo aveva spiegato in alcuni passi
di una conferenza tenuta dinanzi a un pubblico composto, in gran parte, da giovani
cooperatori della Società Brasiliana per la Difesa della Tradizione, Famiglia
e Proprietà, di cui è stato Fondatore e Presidente. Riportiamo qui
di seguito quei passi, mantenendo il tono colloquiale del discorso.
*
* *
Dopo il Trattato
della vera devozione alla Ss.ma Vergine, scritto da san Luigi Grignion di Monfort,
un altro libro che diede un inestimabile beneficio alla mia vita spirituale e alla
mia vocazione contro-rivoluzionaria2 fu L’anima di ogni
apostolato, scritto dal celebre abate trappista dom Chautard.
Nato in un paesello
di una regione montagnosa della Francia, questo insigne uomo di Dio sentì
risuonare precocemente nel suo intimo il richiamo della Trappa. Avendo abbracciato
la vita religiosa, divenne non soltanto un monaco esemplare, ma anche un ardito e
vittorioso combattente per la causa cattolica, perseguitata dall’anticlericalismo
francese all’inizio del nostro secolo.
Dom Chautard visse
durante il pontificato di San Pio X, quando il progresso tecnico e industriale del
mondo contemporaneo cominciava a dare grandi prove di sé. Ai suoi fautori,
tale progresso appariva come antitetico alla Chiesa tradizionale, la quale sembrava
lenta, impolverata dal passato, radicata nei suoi dogmi e nei suoi immutabili princìpi
morali: una Chiesa, quindi, che pian piano veniva trascurata da tutte le persone
che s’inebriavano di modernità3.
Questa ebbrezza
recava, di conseguenza, un grave rilassamento spirituale, provocando non poche apostasie.
Per affrontare questa decadenza religiosa, molti sacerdoti zelanti incominciarono
a fondare quelle che si chiamarono opere pie, cioè cattoliche.
Erano luoghi in cui i giovani potevano riunirsi senza mettere a rischio la
loro vita spirituale; in cui, a fianco di sani svaghi, ricevevano lezioni di catechismo
ed erano formati nella conoscenza della dottrina cattolica.
Queste opere evitarono
che innumerevoli giovani cadessero sotto le grinfie del male. Fu senza dubbio un
frutto abbastanza prezioso… ma insufficiente. Occorreva conquistare nuove anime
alla Chiesa, il che non avveniva. Rappresentava, dunque, uno sforzo colossale
che però produceva un risultato esiguo.
O cerco
di santificarmi, o non sarò che un pagliaccio
Profondo osservatore
delle cose, dom Chautard mise allora il suo vigoroso dito nella piaga e scrisse il
libro L’anima di ogni apostolato. Il titolo rivela già una grande verità:
esiste dunque un apostolato senz’anima, poiché se esiste un’anima di ogni
apostolato vuol dire che quest’ultimo può essere fatto con essa o senza di
essa. Dom Chautard dimostrerà, appunto, che l’apostolato delle opere
pie non otteneva migliori frutti proprio perché non aveva anima.
Qual’è,
dunque, quest’anima di ogni apostolato? La risposta a questa domanda m’interessava
moltissimo. Infatti, desiderando realizzare la Contro-Rivoluzione, un’opera eminentemente
apostolica, volevo invitare ed attirare a questo ideale i giovani del mio tempo.
Notavo però la relativa inutilità degli sforzi che, a questo fine,
si facevano intorno a me. Donde il mio immenso interesse nel prender conoscenza della
dottrina esposta dall’abate trappista.
Secondo dom Chautard,
la sostanza dell’apostolato sta nel fatto che l’apostolo sviluppi nella sua anima,
in grado superlativo, la grazia di Dio e la trasmetta agli altri. Quando qualcuno
possiede in sé, in modo intenso ed abbondante, la vita della grazia, l’azione
di Dio si fa sentire – persino involontariamente – attraverso questa persona, su
coloro ch’essa vuole conquistare. Nelle loro anime, tale azione produce quindi frutti
spirituali analoghi a quelli che ha prodotto nell’anima dell’apostolo. Così,
l’apostolato sarà fecondo quando il suo strumento umano godrà di una
elevata partecipazione alla grazia divina; sarà invece sterile quando questa
partecipazione sarà insufficiente.
Dom Chautard insiste
però nel dire che, per il pieno successo, non basta che l’apostolo viva nel
semplice stato di grazia; occorre ch’egli lo abbia con sovrabbondanza, affinché
i doni celesti trabocchino dalla sua anima a quelle dei suoi discepoli.
Questa dottrina,
dom Chautard la dimostra con una ricchezza di argomenti inoppugnabili, illustrandoli
con diversi esempi che egli colse dalle sue polemiche apostoliche.
Dinanzi a questo
luminoso insegnamento, io mi posi il problema: Quel che dice è perfetto
e tutti questi argomenti valgono pure per il mio apostolato. Quindi, o io cerco di
santificarmi, o non sarò che un pagliaccio. Trascorrere una vita spensierata,
piacevole, senza sofferenze, illudendomi di realizzare nel mondo le trasformazioni
che desidero, è pura fantasticheria! Non otterrò nulla, perché
non avrò il grado di fervore necessario. Dunque, per concretizzare le mie
aspirazioni, bisogna che io miri… alla santità!
Senza il
libro di Dom Chautard,
io avrei perduto la mia anima
Esponendo la sua
dottrina, dom Chautard indica come grandi indizi della santità specialmente
la purezza e un’altra virtù, verso la quale avevo una certa incomprensione:
l’umiltà. Benché io sapessi che si trattava di una caratteristica cristiana,
e sebbene avessi letto nei Vangeli che Nostro Signore fosse stato infinitamente umile
nella sua vita terrena, le persone che mi erano indicate come modelli di umiltà
mi sembravano caricature di questa virtù. Provavo quindi difficoltà
nel capirla.
Questo problema
si risolse con la lettura dell’opera di dom Chautard, la quale mi fece capire che
l’umiltà è, fondamentalmente, la virtù per cui non cerchiamo
di attribuire a noi stessi quel che appartiene a Dio. Quindi, se nel fare apostolato
convertiamo qualcuno, dobbiamo ammettere che non siamo stati noi ad averlo fatto,
bensì Nostro Signore Gesù Cristo, servendosi di noi. Un uomo può
quindi essere un ottimo predicatore, un esimio oratore, un eccellente catechista,
eccetera; ma egli non convertirebbe nessuno, se Dio non gli concedesse la sua grazia
al riguardo.
Da un’altra
prospettiva, dom Chautard mette in rilievo che ogni uomo dev’essere umile nei confronti
della persona che ha il diritto di comandargli; ha quindi l’obbligo di compiacersi
nell’ubbidire al suo superiore, con rispetto, amore e sottomissione. Tutte queste
disposizioni d’animo conducono alla santità, la quale costituisce il cuore
del completo successo di ogni apostolato.
Nella lotta
quotidiana in cerca di questa perfezione, il libro di dom Chautard fu per me un preziosissimo
aiuto. Senza di esso, io avrei semplicemente perduto la mia anima, per esempio quando
fui eletto deputato federale. Infatti, a 24 anni, essere il parlamentare più
giovane e più votato del Brasile, sul quale in quel momento erano puntati
tutti gli occhi di tutti gli ambienti cattolici del Paese, poteva indurmi facilmente
all’autocelebrazione, a pensieri di vanità: Che gigante sono! Essere
già riuscito, così giovane, ad impormi a tante migliaia di elettori!
Che intelletto straordinario il mio! , eccetera.
Il risultato
sarebbe stato inebriarmi di me stesso; e quando mi fossi trovato di fronte all’alternativa
– o apostatare o rinunciare alla rielezione – avrei scelto l’apostasia. Allora, fu
grazie agli insegnamenti di dom Chautard che potei mantenermi fedele in quella delicata
fase della mia vocazione.
Mai consentire
a un moto di ebbrezza di sé,
per quanto piccolo sia
A questo proposito,
mi ricordo di un episodio molto significativo che mi capitò in un giorno solenne
all’Assemblea Costituente, insediata in quei tempi a Rio de Janeiro, nel Palazzo
Tiradentes. Le automobili che portavano i deputati dovevano passare davanti
a una fila di soldati schierata lungo la via che conduceva all’entrata dell’edificio.
Quando l’automobile in cui mi trovavo – da solo, in frac e cilindro – apparve all’inizio
della via, un ufficiale diede ordine di presentare le armi. Lentamente, la mia vettura
passò in mezzo a quei soldati con le armi alzate. In quel momento, provai
una tendenza a inebriarmi di quell’omaggio, perché sono sempre stato un grande
ammiratore degli onori militari, ritenendoli i più adatti a celebrare la grandezza
di un uomo. Mi sentì inclinato a compiacermi di essere fatto oggetto di quegli
onori… Nello stesso momento, però, la grazia risvegliò nella mia
anima questo pensiero: E dom Chautard?…
Allora riflettei:
Devo reprimere immediatamente questo moto d’animo, non guardare il plotone
che mi sta presentando le armi e chiedere aiuto alla Madonna. Immediatamente
deviai lo sguardo verso il lato opposto, facendo il proposito di ignorare qualsiasi
onorificenza, purché non andasse a danno alla causa cattolica.
Ritengo che molti
giovani, trovandosi in situazioni analoghe, se non avranno letto L’Anima di ogni
Apostolato, si troveranno in grave rischio di perdersi, cedendo alla vanità.
In questa materia è necessario essere meticolosi e non consentire mai a un
moto di ebbrezza di sé, per quanto piccolo sia. Così, quando ci elogiano,
ci applaudono o riconoscono in noi qualche qualità, dobbiamo sforzarci di
non badare a queste lodi. Cerchiamo di essere umili con naturalezza, senza falsa
modestia e senza arroganza. Però con un timore maggiore di diventare orgogliosi
che artificiosamente umili: questi infatti godono di attenuanti e potrebbero quindi
arrivare in Cielo; ma i vanitosi troverebbero chiuse le soglie della beatitudine
eterna… Ecco alcune preziose lezioni che ho tratto dalla lettura dell’ammirevole
opera di dom Chautard.
Dom
Jean-Baptiste Gustave Chautard
La sua vita in breve
Gustave Chautard
nacque a BrianÁon (Francia) il 12 marzo 1858. Figlio di un padre anticlericale,
che gli faceva leggere le opere degli autori illuministi, subì però
anche l’influsso della madre, cattolica praticante.
Durante l’adolescenza
si abbandonò ad una vita dissipata e passò quindi un periodo di freddezza
verso la religione, che però confessava apertamente quando doveva difenderla
dalle irrisioni lanciate dai laicisti dell’epoca. A Marsiglia, dove studiava, collaborò
con l’Opera della Gioventù promossa dal padre Allemand, impegnandosi nella
carità verso i poveri, nell’istruzione degli ignoranti e nell’assistenza ai
malati.
Nel giorno di
Ognissanti del 1875, pregando sulla tomba del padre Allemand, avvertì la chiamata
alla vita religiosa. L’ostilità dei parenti, che giunsero al punto di pagare
una donna per farlo cadere nell’impurità, e particolarmente del padre, che
lo ripudiò, non piegarono la decisione del giovane. Il 6 maggio 1877, Gustave
prese l’abito benedettino entrando, col nome di Jean-Baptiste, nell’abbazia cistercense
di Aiguebelle; nel 1879 pronunciò i voti e nel 1884 diventò sacerdote;
solo a cose fatte egli riuscì a riconciliarsi con i parenti.
Entrato per fare
una vita contemplativa, il giovane Jean-Baptiste venne però subito notato
per il suo zelo e le sue capacità organizzative; l’abate lo nominò
suo segretario, affidandogli le relazioni esterne dell’abbazia. Siccome i decreti
anticlericali del marzo 1880, varati dal governo massonico francese, avevano vietato
ogni sostegno alle comunità religiose, cercando di gettare per strada centinaia
di monaci, il giovane segretario dovette viaggiare per salvare dalla rovina alcune
comunità trappiste. Si dedicò anche all’assistenza spirituale di operai,
viaggiatori e girovaghi. Strinse rapporti con esponenti del cattolicesimo intransigente
dell’epoca, come mons. Gay, dom Gréa, dom Guéranger, Veuillot.
Nel 1897, Chautard
venne posto a guida dell’abbazia di Chambarand. Il nuovo abate generale dei cistecensi,
dom Wyart, gli affidò il riscatto e la restaurazione di Citeaux, casa-madre
dell’Ordine, che difatti tornò ad ospitare la vita monastica nel 1888, VII
centenario della sua fondazione da parte di san Bernardo. Come premio per questa
sua opera, dom Wyart gli affidò nel 1899 l’abbazia principale dell’Ordine:
Sept-Fons, nella diocesi di Moulins, con le relative dipendenze e filiali estere.
Per tre mesi Chautard rifiutò questa responsabilità, temendo che la
sua vita interiore finisse soffocata da impegni gravosi; cedette solo quando ricevette
dal cardinal Mazzella un esplicito ordine di Papa Leone XIII, che lo conosceva e
stimava.
Pur occupandosi
soprattutto della vita religiosa delle sue abbazie, Chautard dovette nuovamente gettarsi
nella lotta: con una nuova legge, nel 1901 il governo francese aveva infatti proibito
la stessa vita religiosa, facendo chiudere i monasteri, a meno che non ottenessero
una esplicita autorizzazione dovuta a precisi motivi di utilità pubblica.
Dom Chautard riuscì a farsi ricevere dalla commissione senatoriale competente
e da uno dei promotori della legge, il presidente Clémenceau, noto per il
suo anticlericalesimo aggressivo, soprannominato la tigre. In un drammatico
colloquio, l’abate difese il diritto di esistenza della inutile vita
contemplativa trappista; alla fine, il celebre politico venne conquistato dal coraggio
del suo nemico. Chautard riuscì così a salvare i cistercensi dalla
soppressione, ma la situazione rimase precaria per ben per 14 anni, durante i quali
continuarono intimidazioni, ricatti, perquisizioni, insidie di ogni sorta, tanto
che nel 1909 egli preparò un esilio all’estero per i suoi monaci che rischiavano
nuovamente l’espulsione; per aver protestato presso il governo, l’abate venne anche
arrestato per breve tempo. Ma alla fine, la tenacia di dom Wyart e di dom Chautard
ebbero la meglio. Riflettendo sulle sue battaglie e vittorie, dom Chautard osservava:
Il successo dei nostri nemici non nasce dalla loro forza, ma dalla mancanza
di convinzione dei cattolici.
Con lo scoppio
della prima guerra mondiale, la persecuzione finì; cominciò però
per dom Chautard un’attività di assistenza ai suoi giovani monaci, che venivano
inviati al fronte come tutti gli altri, ai sacerdoti militari, ai soldati in genere
e poi agli sfollati e dispersi dalla guerra. A questo scopo, aiutato dal suo amico
cardinale Sevin, fondò anche una rivista: Pr’tre aux Armées,
che dopo la guerra diventò Pr’tre et ApÙtre. Non trascurò
la vita sociale, studiando con il celebre sociologo cattolico Léon Harmel
le possibili migliorie economiche da concedere agli operai, a cominciare da quelli
dipendenti dal suo Ordine; incoraggiò e consigliò spiritualmente alcune
associazioni cattoliche dell’epoca, come la Gioventù Operaia (J.O.C.).
Grande estimatore
di santa Teresa di Lisieux e della sua piccola via, quando ella venne
proclamata santa, Chautard la diede per patrona ai suoi novizi. Amatissimo dai monaci,
ricercato come direttore spirituale e come consigliere da gente di ogni ceto e anche
da illustri personalità del mondo sia ecclesiastico che civile, egli non risparmiò
sforzi per promuovere l’ideale cistercense, fino al punto di far girare all’interno
della sua abbazia un filmato che facesse conoscere al mondo esterno lo stile di vita
benedettino.
Pur vivendo la
regola cistercense nella sua più stretta osservanza, don Chautard svolgeva
un’attività apostolica degna di un apostolo zelantissimo. Benché anziano
e malato, negli anni Venti egli riprese la sua attività di curatore delle
varie abbazie trappiste, viaggiando spesso all’estero e visitando perfino la Cina,
a 71 anni di età. Egli morì improvvisamente domenica 29 settembre 1935,
nella sua abbazia di Sept-Fons, fulminato da una crisi cardiaca, mentre stava per
imporre l’abito a un novizio. Aveva 77 anni.
Fu proprio negli
anni delle persecuzioni, tra il 1903 e il 1907, che dom Chautard elaborò quegli
appunti che costituirono il nucleo del suo libro-capolavoro. La prima stesura era
intitolata L’anima dei catechismi e la vita interiore (1907) e l’aveva scritta
per la Congregazione della Sacra Famiglia e del Sacro Cuore, fondata da madre Maria
Mellin. Il successo del libro spinse l’autore a rimaneggiarlo e a cambiarne il titolo:
La vita interiore, base dell’apostolato (1909). Solo nel 1912 apparve la versione
definitiva, col titolo: L’anima di ogni apostolato. Definito dal cardinale
Sévin libro aureo, l’opera ebbe grande successo: al momento della
morte dell’autore, ne erano state già stampate in Francia 14 edizioni e vendute
circa 180.000 copie, mentre se ne organizzava la traduzione in numerose lingue
straniere. Questo successo aggiunse all’autore, oltre alla fama di illuminato direttore
spirituale, anche quella di grande maestro della vita interiore.
* Saint Bernard
et la fondation des Cisterciennes, 1919, pp. 40
* L’esprit de simplicité, caracteristique de Citeaux, 1928, pp. 40
* L’âme cistercienne, 1931, pp. 63
* La règle de saint Benoît illustrée par saint Bernard,
su Collectanea Ordinis Cistercensium, 1934
* Bernard Martelet
O.S.B., Itinerario spirituale di dom Chautard,
Edizioni Paoline, Bari 1969
* E. Maire, Image de dom Chautard abbé de Sept-Fons, Paris 1939
* Aa. Vv., Un moine: dom Chautard, Abbaye de Sept-Fons, 1938
* Domenico Mondrone S.J., Un uomo e un libro,
su Civiltà Cattolica, 1940, I, pp. 286-297
L’anima di ogni apostolato
Prefazione dell’autore
Ex quo omnia,
per quem omnia, in quo omnia.
O Dio infinitamente
grande e buono, ammirabili e stupefacenti sono le verità che la fede ci rivela
sulla vostra vita intima.
Voi, o Padre Santo,
vi contemplate eternamente nella vostra immagine perfetta, il Verbo; il vostro Verbo
trasalisce rapito dalla vostra bellezza, e dalla vostra estasi comune scaturisce
un incendio di amore, lo Spirito Santo.
Soltanto Voi,
o Trinità adorabile, siete la vita interiore perfetta, sovrabbondante, infinita.
Bontà senza
limiti, volete diffondere al di fuori la vostra vita intima. Voi parlate e le vostre
opere si slanciano dal nulla per manifestare le vostre perfezioni e cantare la vostra
gloria.
Un abisso vi separa
dalla polvere animata dal vostro soffio, ma il vostro Spirito d’amore vuole colmarlo;
così Egli potrà soddisfare al suo immenso bisogno di amare e di donarsi.
Nel vostro stesso
seno dunque Egli decreta la nostra divinizzazione. Questo fango plasmato dalle vostre
mani potrà, o prodigio!, essere deificato e partecipare alla vostra eterna
felicità.
Il vostro Verbo
si offre per compiere quest’opera; Egli si fa uomo perché noi diventiamo dei4.
Tuttavia, o Verbo,
Voi non avete abbandonato il seno del vostro Padre. Là sussiste la vostra
vita essenziale ed è da questa Sorgente che procederanno le meraviglie del
vostro apostolato.
O Gesù,
Emmanuele, Voi affidate agli Apostoli il vostro Vangelo, la vostra croce, la vostra
Eucarestia e consegnate a loro la missione di andare a generare al Padre Vostro figli
di adozione.
Poi risalite al
Padre vostro.
È a Voi,
o Spirito Divino, che incombe ormai la cura di santificare e governare il Corpo mistico
dell’Uomo-Dio5.
Ma per far discendere
la vita divina dal Capo alle membra, vi degnate di scegliere dei cooperatori alla
vostra opera. Infiammati dal fuoco della Pentecoste, essi andranno ovunque a seminare
nelle intelligenze il Verbo che illumina e nei cuori la grazia che infiamma, comunicando
così agli uomini quella Vita divina di cui Voi siete la pienezza.
O Fuoco divino,
accendete in tutti quelli che partecipano al vostro apostolato gli ardori che trasformarono
quei beati ritirati nel Cenacolo. Allora essi non saranno più soltanto predicatori
del dogma e della morale, ma anche trasfusori viventi del Sangue divino
nelle anime.
O Spirito di luce,
scolpite a caratteri indelebili nelle loro intelligenze questa verità: il
loro apostolato non sarà efficace se non nella misura con cui vivranno essi
stessi di questa vita soprannaturale, intima, di cui Voi siete il supremo Principio
e Gesù Cristo la Sorgente.
O Carità
infinita, eccitate nella loro volontà una sete ardente della vita interiore;
penetrate i loro cuori con i vostri soavi e potenti effluvi, e fate loro sentire
che anche quaggiù non si dà vera felicità se non in questa vita,
imitazione e partecipazione della vostra e di quella del Cuore di Gesù nel
seno del Padre di tutte le misericordie e di tutte le tenerezze.
O Maria Immacolata,
Regina degli Apostoli, degnatevi di benedire queste modeste pagine. A tutti quelli
che le leggeranno, ottenete di ben comprendere che, se piace a Dio di servirsi della
loro attività come strumento ordinario della sua Provvidenza per diffondere
i suoi beni celesti nelle anime, per ottenere qualche risultato tale attività
dovrà partecipare in qualche modo alla natura dell’atto divino, quale Voi
lo contemplavate nel seno di Dio quando, nel vostro seno verginale, si incarnò
Colui al quale dobbiamo di potervi chiamare nostra Madre.
NOTE
1.
Il lettore desideroso di conoscere, in un’edificante visione panoramica, la vita
dell’ispiratore dell’apostolato di Luci sull’Est può richiedere l’autorevole
opera Il Crociato del XX secolo, scritta dal prof. Roberto de Mattei, con
prefazione di S.E.R. il Cardinale Alfons Stickler (Ed. Piemme, Casale Monferrato
1996), reperibile presso Luci sull’Est.
2.
Contro-rivoluzionario va inteso qui nel senso attribuitogli dal prof.
Plinio Corêa de Oliveira nel suo saggio Rivoluzione e Contro-Rivoluzione,
per illustrare il contenuto e i predicati della reazione che ogni cattolico deve
avere di fronte alla crisi mondiale e plurisecolare provocata e orientata da quella
Rivoluzione anticristiana che mira alla distruzione della Chiesa e della Cristianità.
(cfr. Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, ed. Luci sull’Est, Roma 1998)
3.
In quel contesto storico, la modernità non veniva intesa come
una semplice attualità, bensì come il rifiuto della civiltà
cristiana e dei suoi princípi ispirati dalla Chiesa. Più tardi, anche
Papa Pio XII ci ha lasciato insegnamenti inestimabili al riguardo; Plinio Corrêa
de Oliveira li fece propri e li illustrò con filiali e acuti commentari in
quello che fu il suo ultimo libro: Nobiltà ed Èlites tradizionali
analoghe (Marzorati Editore, Milano, 1993).
4.
Factus est Deus homo, ut homo fieret Deus (S. Agostino, Sermo IX de
Nativitate; cfr. Id., Il Natale, Città Nuova, Roma 1997).
5.
Appartiene alla comune legge, con la quale il provvidentissimo Iddio ha decretato
che gli uomini di norma si salvino sempre mediante altri uomini, (…) che impariamo
da Dio per bocca di uomini (S.S. Leone XIII, Testem benevolentiae, lettera
al Card. Gibbons del 22 gennaio 1899; cfr. Acta Leonis XIII, vol. XI (1900), pp.
5-20).
prossima |
*Titolo
originale dell’opera: L’âme de tout Apostolat. Prima traduzione sul
testo critico completo del 1947, a cura di Guido Vignelli.© 2000 Luci sull’Est, Via Castellini, 13/7 – 00197 Roma.
Edizione fuori commercio. Distribuzione gratuita.