SUOR LAURA CATERINA CHIARINI (1684-1762)
Una vita mistica nel monastero di San Pietro Martire a Bologna
La storia di una mistica domenicana del XVIII secolo e quella dello scomparso monastero bolognese di San Pietro Martire in cui visse sono accomunate dallo stesso malvagio destino di oblio e abbandono.
Nonostante ciò, non si sono perse le testimonianze della santità di suor Laura Caterina Chiarini, così come resistono importanti parti dell’originaria struttura architettonica.
Due vicende storiche complementari che lasciano spazio a importanti riflessioni sul trionfo finale del Bene.
INTRODUZIONE
«Un cristiano deve stare nel mondo come un pellegrino».
(suor Laura Caterina Chiarini)
«Sarà per ora miglior consiglio usare tutta la moderazione nel commendarla, potendosi ciò riservare ad altro tempo, acciò più sollecitamente ottenga li suffragj di codesta degnissima Comunità».
Con queste parole si esprime la superiora del monastero di San Pietro Martire, suor Maria Rosa Sampieri, nella sua ‘lettera circolare’ del dicembre 1762 indirizzata ai monasteri domenicani all’indomani della morte di suor Laura Caterina Chiarini, intendendo così nella sua toccante commemorazione lasciare prudentemente ai posteri il riconoscimento delle virtù e della santità di cui godeva la sua cara consorella quando era in vita.
Se sia arrivato oggi l’«altro tempo» auspicato da suor Sampieri nessuno, se non Dio, lo sa, ma è certo che a quella «degnissima Comunità» di religiosi che avrebbe dovuto mantenere vivi la memoria e «li suffragj» per suor Laura la storia non consentì di onorare questo nobile compito.
Appena trentasei anni dopo la morte della suora (9 dicembre 1762) il convento veniva soppresso dagli invasori francesi e da lì a poco fu quasi completamente distrutto, salvo un esiguo tratto della sua chiesa cinquecentesca.
In questo modo ogni testimonianza della vita di suor Laura veniva cancellata, il corpo disperso, i documenti che la riguardavano trasferiti altrove. Ma per quanto la furia degli eventi si sia voluta accanire per obliare ogni testimonianza, la storia di suor Laura è sopraggiunta sino ai nostri giorni: una completa memoria biografica, rimasta inedita seppur conosciuta, e diverse notizie lasciate dai suoi contemporanei a disposizione di chiunque ma mai raccolte, hanno superato la cortina d’indifferenza in cui erano state gettate forzatamente. Analogo destino hanno subito i suoi scritti che, a dispetto della loro quasi totale perdita, si sono parzialmente conservati fino al giorno d’oggi, pur se oscurati da una coltre di totale oblio.
Nondimeno anche dalle strutture mutile della chiesa di San Pietro Martire affiora la memoria di un passato di grande spiritualità che non a caso ha condiviso con la storia di suor Laura lo stesso identico destino di silenzio e indifferenza, a dispetto della tenace sopravvivenza di importanti forme architettoniche: esse non hanno suscitato alcun interesse da parte degli storici, i quali si sono piuttosto concentrati sulle importanti opere d’arte che vi si custodivano e che oggi si conservano nelle collezioni museali di Bologna, ma che pure rappresentano solo parzialmente il grande patrimonio d’arte che vi era raccolto.
Lo scopo di questo saggio è proprio quello di corrispondere al desiderio e all’auspicio di suor Maria Rosa Sampieri di «commendare» degnamente la sua consorella e colmare così doverosamente una lacuna storica che si trascina da più di duecentocinquanta anni dal termine dell’esistenza terrena di suor Laura Caterina Chiarini. Questo proposito si articola all’interno di uno sviluppo argomentativo corrispondente ai tre capitoli di cui si compongono le presenti note, benché la vastità e l’importanza della materia non possano che rimandare ad altri ulteriori contributi il compito di condurre appieno tale intento e di rispondere ai diversi interrogativi che restano ancora aperti.
La prima sezione comprende una necessaria completa ricostruzione della vita e delle opere di suor Laura Caterina Chiarini desunta principalmente da un manoscritto biografico originale, ma che è stata di seguito integrata e confrontata con tutte le testimonianze collaterali deducibili dalle diverse fonti documentarie. Grazie ad esse si comprendono non solo la straordinaria vita spirituale della suora domenicana, l’esercizio eroico delle virtù cristiane, i doni mistici e i miracoli che le si attribuivano e che facevano parlare i contemporanei del suo «concetto di santità», ma anche le sue non comuni qualità umane e, non da ultimo, il suo eccezionale talento artistico. Assume quindi un particolare valore, oltre il profilo squisitamente storico e umano, la vicenda dell’amicizia e della comunione spirituale che suor Laura strinse con Maria Clementina Sobieska, moglie del re d’Inghilterra Giacomo III Stuart, di cui si tenta presentemente una prima ricostruzione anche alla luce di ciò che si può intendere col termine di ‘comunione dei santi’.
Una seconda sezione è dedicata all’esposizione degli scritti spirituali di suor Laura tra quelli che si sono salvati dalla distruzione degli originali voluta, nella sua estrema umiltà, dalla stessa suora, essendosi conservati in copia in una piccola raccolta antologica al di fuori dal monastero di San Pietro Martire; da essi emerge una tale altezza sapienziale e dottrinale che ben giustifica l’opinione di chi ha ritenuto di annoverare la monaca bolognese tra gli agiologi dell’Ordine per la sua condotta di «vita santissima» e la «celestiale sapienza, ch’è il primo fra i doni dello Spirito Santo».
La terza parte del saggio è dedicata alla storia del monastero e dell’annessa chiesa di San Pietro Martire allo scopo di restituire, anche solo idealmente, lo scenario ambientale in cui si dispiegò l’esistenza terrena di suor Laura; l’interesse ovviamente si concentra in particolare sulla chiesa per via di ciò che si può ancora oggi osservare del rifacimento cinquecentesco voluto da un importante prelato bolognese, Dionigi Ratta, che affidò il progetto e l’esecuzione all’architetto Floriano Ambrosini. Malgrado l’ingiustificata demolizione di gran parte della sua costruzione, avvenuta nel primo Ottocento a seguito della soppressione del monastero, quanto si conserva rappresenta un documento di grande valore sul piano storico-architettonico degli sviluppi del cosiddetto Manierismo nel panorama artistico bolognese dell’ultimo Cinquecento.
E tuttavia, per le presenti considerazioni, le vicende storiche della chiesa e del convento si comprendono interamente all’interno di quelle di suor Laura a cui si accomunano per la tenace opposizione ad un destino di oblio e abbandono che supera i limiti dell’azione umana e che, quindi, invita in conclusione ad una riflessione di carattere spirituale che si lascia aperta alla sensibilità del lettore.
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